Ricerca Sentenze
È inammissibile il ricorso ex art. 696 c.p.c. per il pericolo di alterazione delle scritture contabili
La consulenza tecnica d’ufficio avente ad oggetto la descrizione dello stato, delle condizioni e della qualità dei luoghi di cui...

La consulenza tecnica d’ufficio avente ad oggetto la descrizione dello stato, delle condizioni e della qualità dei luoghi di cui all’art. 696 c.p.c. può essere esperita preventivamente rispetto al giudizio di merito, sul presupposto che l’attesa del tempo dell’istruzione della causa nel giudizio di merito possa compromettere o rendere significativamente più difficoltoso l’espletamento della prova. Avuto riguardo al suddetto presupposto di ammissibilità, è inammissibile il ricorso ex art. 696 c.p.c. nel caso in cui venga dedotto un pericolo di alterazione delle scritture contabili, essendo previsto il rimedio tipico del sequestro probatorio, in quanto il tipo di tutela richiesta consiste nella raccolta e conservazione di documentazione. È inoltre insussistente il requisito del periculum in mora nel caso in cui vengano sollevate contestazioni in merito ai criteri di valutazione delle giacenze di magazzino, atteso che la valutazione peritale può aver luogo in qualsiasi momento.

Leggi tutto
Responsabilità precontrattuale e trasferimento di quote societarie
In tema di responsabilità precontrattuale, non sussiste alcuna responsabilità delle parti quando le trattative per la conclusione di un accordo...

In tema di responsabilità precontrattuale, non sussiste alcuna responsabilità delle parti quando le trattative per la conclusione di un accordo di collaborazione commerciale non si sono concretizzate in un contratto definitivo, in assenza di prove tangibili circa la mala fede o il dolo di una delle parti nel recedere dalle trattative stesse. La mera esistenza di bozze contrattuali non sottoscritte e di incontri tra le parti per discutere i termini dell'accordo non è sufficiente a dimostrare il raggiungimento di un'intesa vincolante o la sussistenza di un obbligo a contrarre. Inoltre, non può essere accolta la domanda di trasferimento di quote societarie basata su un presunto accordo non formalizzato, in mancanza di elementi probatori che dimostrino un nesso di corrispettività tra la mancata conclusione dell'accordo di collaborazione e l'esclusione di una parte dalla compagine sociale di una nuova società.

Leggi tutto
Revoca dell’amministratore di S.r.l. nominato a tempo indeterminato
Nelle società a responsabilità limitata, la revoca dell’amministratore o dalla carica endoconsiliare, quando si tratti di soggetto nominato a tempo...

Nelle società a responsabilità limitata, la revoca dell'amministratore o dalla carica endoconsiliare, quando si tratti di soggetto nominato a tempo indeterminato, non richiede la sussistenza di una giusta causa, ma solo il rispetto di un congruo preavviso. La disciplina applicabile è quella dell'art. 1725 commi 1 e 2 c.c., e non quella prevista per le società di persone dall'art. 2259 c.c. o dall'art. 1723 comma 2 c.c. La violazione dell'obbligo di preavviso comporta il dovere risarcitorio della società, limitato al danno economico corrispondente alla mancata percezione degli emolumenti nel periodo di preavviso, da quantificarsi in via equitativa in sei mesi. Non rilevano, ai fini della disciplina applicabile, eventuali apprezzamenti sulla maggiore o minore intensità del legame sociale, né il fatto che l'amministratore fosse stato nominato nell'atto costitutivo.

Leggi tutto
La revoca cautelare dell’amministratore di s.r.l. in caso di gravi irregolarità nella gestione
Lo strumento di cui all’art. 2476, co. 3, c.c. può essere azionato in presenza di gravi irregolarità gestorie e, secondo...

Lo strumento di cui all’art. 2476, co. 3, c.c. può essere azionato in presenza di gravi irregolarità gestorie e, secondo il dettato letterale del comma, in funzione di cautela sui generis rispetto alla azione risarcitoria di responsabilità, esercitabile anche dal socio per la società. Lo strumento può essere azionato anche in via anticipatoria rispetto alla mera revoca meritale dell’amministratore. Nell’uno e nell’altro caso il presupposto è necessariamente quello della sussistenza in fumus di gravi irregolarità gestorie commesse dall’amministratore in revoca, e quindi del fumus boni iuris della commissione da parte di lui di atti contrari ai suoi doveri. È estranea alla materia la diversa area della mera giusta causa, che invece pertiene al rapporto fiduciario fra compagine e amministratore, e costituisce, in linea di principio, materia riservata alla autonomia decisionale dei soci.

Leggi tutto
Domanda di ispezione del socio di s.r.l.: carattere abusivo della richiesta di accesso indiscriminato a tutte le mail aziendali
La richiesta di accesso indiscriminato a tutte le mail aziendali risulta connotata da abusività: il diritto di consultazione della documentazione...

La richiesta di accesso indiscriminato a tutte le mail aziendali risulta connotata da abusività: il diritto di consultazione della documentazione sociale non si estende a qualsivoglia documentazione presente in società ma solo a quella concernente la gestione della società. Tra essa vi può certamente rientrare anche la corrispondenza via mail qualora essa abbia la valenza di “documenti relativi all’amministrazione”, ma il diritto di consultazione non può ritenersi sussistente indistintamente con riferimento a tutte le mail sociali che di regola, hanno assai vario contenuto, anche “deformalizzato” e non necessariamente attinente a veri e propri atti gestori nel senso fatto proprio dalla normativa in esame. Pertanto, la pretesa di consultare in via del tutto indiscriminata ed indistinta tutta la corrispondenza via mail, senza alcuna perimetrazione neppure “di massima” e senza alcun ragionevole criterio di selezione rende non accoglibile la relativa istanza.

La competenza territoriale in tema di domanda di ispezione ex art. 2476, co. 2, c.c. va vagliata sulla scorta della proposizione della domanda, con la conseguenza che tale domanda deve essere necessariamente radicata ove i documenti sono collocati, quindi salvo prova contraria, presso la sede legale. In caso di società controllate, qualora il socio proponga due distinte domande ispettive (una per la documentazione della controllante ed una per la documentazione della controllata), non può essere invocato il cumulo di cui all’art 33 c.p.c., posto che il diritto ispettivo non riguarda i medesimi documenti, essendo relativi a due società differenti, benché una sia controllata dall’altra.

Leggi tutto
Il diritto degli eredi alla liquidazione della quota e i criteri di determinazione del valore
Gli eredi sono legittimati a richiedere la liquidazione della quota sociale a carico della società secondo le regole del tipo...

Gli eredi sono legittimati a richiedere la liquidazione della quota sociale a carico della società secondo le regole del tipo sociale. La liquidazione della quota consiste nella corresponsione alle eredi del valore della quota del de cuius alla data del decesso da corrispondersi in moneta. Tale valore deve essere debitamente provato dalla parte che ne chiede la liquidazione.

La stima della quota, dipendente anche dal valore di mercato dei beni immobili che la società detenga nel proprio patrimonio, deve tenere conto del carico fiscale che si determinerà, certamente nell’an ma in modo del tutto incerto nel quantum, al momento del realizzo dei beni immobili. Tale fiscalità costituisce elemento negativo nella stima del valore di mercato. Diversamente, la società potrebbe prendere decisioni di rivalutazione del bene, se del caso profittando di normative di favore, per non incorrere in tassazione della plusvalenza; ma anche quest’ultima fiscalità deve considerarsi componente negativa del valore del bene ai fini della determinazione del valore di quota. Tassazione della plusvalenza o tassazione della rivalutazione hanno però valori che non possono essere determinati se non al momento in cui se ne realizzano i presupposti, cioè cessione o rivalutazione, e sempre che tali presupposti si verifichino. Tale valore non è dunque determinabile e pertanto il valore della quota deve essere stabilito al lordo.

Leggi tutto
Il divieto di assistenza finanziaria e l’applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle cooperative
L’art. 2358 c.c. sancisce il divieto, per la società per azioni, direttamente o indirettamente, di accordare prestiti o di prestare...

L’art. 2358 c.c. sancisce il divieto, per la società per azioni, direttamente o indirettamente, di accordare prestiti o di prestare garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni: si tratta di un divieto di carattere generale, che può essere derogato solo rispettando le condizioni dettate dalla medesima norma. La violazione di tale obbligo è sanzionata dalla nullità. La ratio della norma è quella di vietare la c.d. assistenza finanziaria, sia nella forma del prestito che in quella della prestazione di garanzie, a favore di chiunque voglia acquistare o sottoscrivere le azioni della società medesima, nella volontà di vietare operazioni che possano determinare un’erosione anche potenziale del capitale sociale, nell’interesse dei creditori della società, a tutela dell’interesse dei soci contro rimborsi preferenziali di conferimenti ad alcuni di essi, e dell’interesse della società a contrastare l’uso da parte degli amministratori delle quote comprate, anche e soprattutto in sede assembleare.

L’importanza degli interessi tutelati, alla cui protezione la norma sul divieto di assistenza finanziaria è strumentale, porta a concludere che l’art. 2358 c.c. sia una norma di carattere imperativo. Invero, l’area delle norme inderogabili, la cui violazione può determinare la nullità del contratto in conformità al disposto dell’art. 1418, co. 1, c.c., è più amia di quanto parrebbe a prima vista suggerire il riferimento al solo contenuto del contratto medesimo, dovendosi ricomprendere anche le norme che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni, oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipulazione stessa del contratto, per cui ove il contratto venga stipulato, nonostante il divieto imposto dalla legge, è la stessa sua esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa e non par dubbio che ne discenda la nullità dell’atto per ragioni ancora più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell’atto. Da ciò consegue che l’art. 2358 cc, nella misura in cui vieta la stipulazione di determinate operazioni di assistenza finanziaria a tutela del preminente interesse alla tutela dell’integrità ed effettività del patrimonio netto nonché di quello dei creditori, può considerarsi come norma imperativa, e che tale carattere sia rimasto anche dopo le modifiche che, nel 2008, hanno introdotto alcune deroghe al divieto, dovendo ritenersi che, quando il collocamento di azioni avvenga, contro il divieto, nel mancato rispetto delle modalità e limiti previsti dalla legge, la sanzione sia quella della nullità, in quanto solo il rispetto di tali requisiti e limiti permette di superare il divieto.

L'art. 2358 c.c. è applicabile anche alle società cooperative, poiché gli interessi tutelati dalla disposizione risultano pregnanti anche nella disciplina delle società cooperative; segnatamente, lo scopo mutualistico non esclude che possano ritenersi vietate operazioni tali da mettere a rischio l'equilibrio del capitale sociale, la cui tutela è peraltro salvaguardata da norme specifiche, in materia di cooperative, che impongono la formazione di riserve, quali l'artt. 2454 quater e l'art. 32, co. 1, TUB per le banche popolari.

Affinché ricorra il collegamento negoziale, sono necessari sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra gli atti volti alla regolamentazione degli interessi di una o più parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti, pur manifestato in forma non espressa, di volere, non solo l'effetto tipico dei singoli atti in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale.

Analogamente all'art. 83 TUB, anche l'art. 51 l.fall. richiamato in materia di liquidazione coatta amministrativa dall'art. 201 della medesima legge, sancisce il divieto di iniziare o proseguire, sui beni compresi nel fallimento, alcuna azione esecutiva o cautelare, laddove invece il disposto dell'art. 52 l.fall. disciplina il peculiare procedimento di accertamento di diritti patrimoniali nei confronti della massa, e stabilisce che ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo V,  ovvero le norme che disciplinano l'accertamento del passivo. La ratio di tali norme è quella di devolvere al giudice della procedura l'accertamento delle poste di credito vantate nei confronti della procedura, nel rispetto della par condicio creditorum. Conseguentemente, tutte le domande che contengono una pretesa contro la massa, suscettibile quindi di tradursi in una diminuzione dell'attivo, mediante condanna della procedura al versamento di una somma di denaro o alla restituzione di beni, non possono essere proposte avanti al giudice ordinario e devono essere dichiarate improcedibili, anche qualora esse siano finalizzate ad ottenere l'accertamento di un diritto al fine di far valere il titolo, successivamente, in sede fallimentare, ovvero nell'ambito della procedura coatta.

Sulla base dell'art. 83 TUB, in deroga all'art. 56 l.fall., si ammette la compensazione solo nel caso in cui una delle parti abbia fatto valere i propri effetti prima dell'aperura della liquidazione coatta amministrativa. La ratio delle summenzionate norme è quella di consentire al creditore di vedere estinta la relativa obbligazione invocando un controcredito nei confronti della procedura, così da evitare di essere condannato a pagare interamente un debito per poi vedere la riscossione del controcredito sottoposta alle regole della falicidia fallimentare. Tuttavia, trattandosi di norme che derogano in maniera significativa alle norme generali, la disciplina della compensazione deve reputarsi del tutto eccezionale e di stretta interpretazione ed applicazione. Pertanto, la deroga alla disciplina generale è giustificata solo e nella misura in cui il debitore in bonis sia attinto dalla domanda di condanna della procedura, al fine di evitare di essere costretto a pagare integralmente un proprio debito nei confronti del fallimento, rischiando invece di trovare soddisfazione del proprio controcredito in moneta fallimentare. Ad ogni modo, la compensazione non può essere utilizzata come rimedio preventivo, che non sia diretto a paralizzare la pretesa di pagamento del soggetto fallito o in stato di liquidazione coatta, poiché ammettere tale soluzione significherebbe consentire al creditore del fallimento di eludere la disciplina generale della par condicio creditorum.

Leggi tutto
Il titolare della quota pignorata è legittimato a impugnare la delibera invalida
Il diritto all’impugnazione della delibera assembleare spetta in maniera concorrente al custode della quota e al socio la cui quota...

Il diritto all’impugnazione della delibera assembleare spetta in maniera concorrente al custode della quota e al socio la cui quota sia stata sottoposta a pignoramento.

La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto. Contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotto dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori.

La conversione del credito di un socio in versamento in conto futuro aumento di capitale non necessita di una deliberazione assembleare, non essendo materia devoluta alla approvazione dei soci, bensì vertendosi in tema di fattispecie pattizia e necessitando dunque unicamente dell’accordo tra creditore e società, in persona del suo legale rappresentante, e non l’approvazione da parte della assemblea dei soci, che può solo prenderne atto. È dunque rimesso al socio titolare del credito la relativa decisione a cui deve seguire l’accettazione della società. L’adesione di quest’ultima a detta conversione può esser desunta da vari indicatori, tra cui ex latere societatis anche, in assenza di elementi di segno contrario, la collocazione della relativa posta nelle scritture contabili e la sua rappresentazione in bilancio o nelle situazioni patrimoniali.

Anche in corso di liquidazione i soci possono procedere al ripianamento delle perdite mediante riduzione del capitale e sua ricostituzione con apporto di finanza propria dei soci.

Leggi tutto
logo