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Crediti derivanti da licenza di marchio e competenza funzionale delle Sezione Specializzate
La competenza funzionale della Sezione Specializzata in materia di impresa si determina avuto riguardo al ‘petitum’ sostanziale e alla ‘causa...

La competenza funzionale della Sezione Specializzata in materia di impresa si determina avuto riguardo al ‘petitum’ sostanziale e alla ‘causa petendi’, dovendo la controversia essere inerente propriamente ai diritti di proprietà industriale e dunque tale per cui la decisione sia idonea a incidere sui medesimi.

La domanda di mero pagamento di corrispettivi contrattuali, pur in tema di licenza d’uso di marchio, in assenza di contestazione alcuna sulla validità del contratto, sul diritto d’uso del marchio, sulla determinazione delle royalties e, comunque, su aspetti propriamente inerenti alla materia di diritti di proprietà industriale, esula dalla competenza funzionale della Sezione specializzata in materia di impresa.

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Non compromettibilità in arbitri delle controversie sulla violazione dei principi di redazione di bilancio
Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di società per...

Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l'impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, in quanto le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma essendo dettate, oltre che a tutela dell'interesse di ciascun socio ad essere informato dell'andamento della gestione al termine di ogni esercizio, anche dell'affidamento di tutti i soggetti con cui la società entra in contatto, trascendono l'interesse del singolo ed attengono a diritti indisponibili, sicché devono essere decise dal giudice.

Nel caso di impugnazione del bilancio ad opera del socio per nullità derivante dalla violazione del precetto di cui all'art. 2423, co. 2, c.c. è sempre necessario che lo stesso indichi quale sia il suo interesse ad agire ovvero quale diritto si assume leso, posto che detta condizione dell'azione non può essere integrata dal generico interesse alla legalità della delibera.

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Efficacia della revoca per giusta causa della procura
Anche in tema di procura, analogamente alle previsioni in materia di mandato, il potere rappresentativo non può essere liberamente revocato...

Anche in tema di procura, analogamente alle previsioni in materia di mandato, il potere rappresentativo non può essere liberamente revocato se esso è conferito anche nell'interesse del rappresentante ovvero quando esso è definito quale espressamente irrevocabile.

L’irrevocabilità, ove espressamente prevista, non comporta che la procura non possa perdere i suoi effetti ed il procuratore perdere il potere rappresentativo, ove la revoca di esso sia stata posta in essere dal rappresentato, producendosi nel caso un solo eventuale obbligo risarcitorio o indennitario. Di converso, ove la procura sia conferita anche nell’interesse del rappresentante, il difetto di giusta causa determina che la revoca sia improduttiva di effetti.

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Illegittima esclusione del socio di cooperativa
La comunicazione della delibera di esclusione svolge la mera funzione di informare il socio delle ragioni ritenute in concreto dall’organo...

La comunicazione della delibera di esclusione svolge la mera funzione di informare il socio delle ragioni ritenute in concreto dall’organo deliberante giustificative dell’esclusione, di tal che la incompletezza della comunicazione non determina ex se l’invalidità della deliberazione, incidendo piuttosto sulla decorrenza del termine per proporre l’opposizione alla delibera di esclusione. È in relazione alla vera e propria delibera di esclusione che il giudice è tenuto ad apprezzare la effettiva sussistenza della causa di esclusione, dovendosi verificare se la causa indicata nella delibera e posta alla base della decisione di esclusione rientri fra quelle previste dalla legge o dallo statuto, nonché dovendosi accertare la congruità della motivazione adottata a sostegno della medesima.

Ai fini della validità della delibera di esclusione, la causa di esclusione posta alla base della deliberazione deve risultare dalla delibera medesima non potendo ex post in giudizio, nell’eventualità che il socio proponga impugnazione, essere indagate altre e diverse ragioni di esclusione.

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Uscita dalla compagine sociale del socio finanziatore e postergazione del finanziamento
La condizione del finanziamento effettuato dall’ex socio non cambia ed il relativo credito rimane postergato anche dopo l’uscita dalla società del...

La condizione del finanziamento effettuato dall'ex socio non cambia ed il relativo credito rimane postergato anche dopo l'uscita dalla società del socio finanziatore: infatti, l'art. 2467 c.c. è posto a salvaguardia delle aspettative del ceto creditorio e su questo non possono incidere le vicende successive e soggettive del socio mutuante, pena l'inaffidabilità del regime medesimo che si presterebbe a facili elusioni in danno dei creditori terzi.

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Il diritto agli utili nelle società di persone
La disciplina propria delle società di persone, rinvenibile all’art. 2262 c.c., dettato in tema di società semplice ma applicabile anche...

La disciplina propria delle società di persone, rinvenibile all'art. 2262 c.c., dettato in tema di società semplice ma applicabile anche alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, nel regolare il diritto dei soci a partecipare agli utili dell'impresa collettiva, prevede che tale diritto sorga per il semplice fatto che sia approvato un rendiconto che rappresenti che la società nell'esercizio abbia maturato utili, non essendo affatto necessario, salvo patto contrario, che i soci decidano di procedere alla loro distribuzione, come invece richiesto per le società di capitali.

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La cautela sospensiva delle delibere assembleari nel giudizio arbitrale
La cautela sospensiva delle delibere assembleari è condizionata al fatto che l’istante abbia proposto la sua domanda contestualmente al giudizio...

La cautela sospensiva delle delibere assembleari è condizionata al fatto che l’istante abbia proposto la sua domanda contestualmente al giudizio ordinario di cognizione, anche ove esso sia devoluto ad arbitri. Il principio è desumibile dall’art. 2378 c.c., in tema di giudizio introdotto dinanzi all’autorità giudiziaria, oltre che dall’art. 35, co. 5, del D.Lgs. n. 5/2003 ove la controversia sia devoluta, secondo volontà statutaria, al giudizio arbitrale. In quest'ultimo caso, detto potere cautelare residua in capo all’autorità giudiziaria se, nonostante l’avvio del procedimento arbitrale, l’organo non sia ancora costituito.

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Delega agli amministratori della facoltà di aumentare il capitale sociale
L’interpretazione letterale dell’art. 2481 c.c. porta ad escludere che l’assemblea dei soci, ancorché a maggioranza, possa legittimamente delegare agli amministratori...

L'interpretazione letterale dell'art. 2481 c.c. porta ad escludere che l'assemblea dei soci, ancorché a maggioranza, possa legittimamente delegare agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale, in assenza di una specifica disposizione dell'atto costitutivo, essendo possibile attribuire tale facoltà solo mediante l'adozione di una modifica dell'atto costitutivo, da adottarsi secondo le modalità di cui all’art. 2480 c.c.

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Applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle banche popolari
L’art. 2358 c.c. consente alla società di concedere assistenza finanziaria solo alle condizioni specificate nella norma stessa. Da detta disciplina...

L’art. 2358 c.c. consente alla società di concedere assistenza finanziaria solo alle condizioni specificate nella norma stessa. Da detta disciplina emerge che l’interesse preminente tutelato dal legislatore è quello della società e dei creditori all’integrità del capitale sociale, interesse rilevante anche per le società cooperative per azioni. Infatti, la disciplina dell’art. 2358 c.c. non può dirsi incompatibile con la finalità mutualistica propria delle cooperative, tanto che l’art. 2529 c.c. prevede una regolamentazione specifica in tema di acquisto di proprie azioni, pur non derogando espressamente alla disciplina delle altre operazioni vietate, quali quelle di assistenza finanziaria. Così non può dirsi incompatibile con la natura delle società cooperative la necessità di delibera assembleare autorizzativa, posto che se è esclusivo compito degli amministratori l’ammissione di nuovi soci, non è possibile escludere di per ciò stesso la necessità di delibera assembleare per autorizzare gli amministratori a collocare azioni mediante l’operazione di assistenza finanziaria.

L’imperatività del divieto di assistenza finanziaria si scorge nel fatto che il legislatore ha voluto escludere il rischio della non effettività, totale o parziale, del conferimento dei nuovi soci al tempo dell’aumento di capitale, con ricaduta sul patrimonio netto, stante il rischio di inadempimento del socio entrante, inadempimento che sarà riferito all’obbligazione del rimborso del finanziamento, non a quella del conferimento, già adempiuta con i mezzi finanziari messi a disposizione della società. Detto ciò e considerato il divieto di assistenza finanziaria imposto da norma imperativa, deve escludersi che le norme imperative la cui violazione comporta la nullità del contratto siano solo quelle che si riferiscano alla struttura o al contenuto del regolamento negoziale delineato dalle parti. L’area delle norme inderogabili, la cui violazione può determinare la nullità del contratto in conformità al disposto dell’art. 1418, co. 1 c.c., è più ampia di quanto parrebbe a prima vista suggerire il riferimento al solo contenuto del contratto medesimo, dovendosi ricomprendere anche le norme che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni, oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipulazione stessa del contratto, per cui ove il contratto venga stipulato, nonostante il divieto imposto dalla legge, è la stessa sua esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa e non par dubbio che ne discenda la nullità dell’atto per ragioni ancora più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell’atto.

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L.c.a. delle banche venete: regime di invalidità ex art. 2358 c.c. ed interesse ad agire
La violazione dell’art. 2358 c.c. – applicabile anche alle banche popolari – da sola non delinea una illiceità ex art....

La violazione dell’art. 2358 c.c. – applicabile anche alle banche popolari – da sola non delinea una illiceità ex art. 1343 c.c., non contenendo l’art. 2358 c.c. un divieto assoluto ascrivibile alla materia delle norme imperative, ma “solo” una norma inderogabile, la cui violazione genera nullità del contratto e semplicemente la annullabilità, ai sensi dell’art. 1972, co. 2 c.c., della transazione che sia fatta su di esso, a beneficio del solo contraente ignaro della causa di nullità.

Sussiste interesse attoreo e procedibilità della domanda – non essendo l’interesse soddisfacibile in sede fallimentare – quando la parte attrice agisce per ottenere l’accertamento della nullità del finanziamento funzionalmente collegato alle operazioni di commercializzazione di azioni, finalizzata ad ottenere accertamento di non debenza da parte sua dell’adempimento contrattuale, ossia del pagamento delle rate di rimborso.

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La riformulazione delle rivendicazioni nel corso del giudizio di nullità del brevetto e attività inventiva
La scadenza del brevetto in corso di causa non rende inammissibile la riformulazione delle sue rivendicazioni, avendo questa efficacia retroattiva,...

La scadenza del brevetto in corso di causa non rende inammissibile la riformulazione delle sue rivendicazioni, avendo questa efficacia retroattiva, posto che il titolo brevettuale attribuisce fin dalla sua domanda originaria al titolare i diritti di esclusiva nei limiti della sua riformulazione, cosicché ove si accerti l’interferenza del prodotto di un terzo con il brevetto riformulato, detto illecito deve reputarsi sussistente fin dal momento in cui la condotta illecita è stata posta in essere, anche se precedente alla riformulazione, e fino al momento in cui il trovato non è giunto a scadenza.

Ai fini della valutazione della sussistenza del requisito di brevettabilità dell’altezza inventiva è necessario verificare se, per una persona esperta del ramo, l’invenzione sarebbe risultata in modo evidente dallo stato della tecnica, dovendosi ricomprendere in tale ultima nozione le conoscenza inerenti il settore di appartenenza dell’invenzione, a cui si aggiungono le cognizioni tecniche generali ovvero quelle relative a settori vicini che il tecnico del ramo avrebbe preso in considerazione per affrontare il problema tecnico oggettivo dell’invenzione brevettata.

Al fine di determinare se un determinato brevetto possieda il carattere di altezza inventiva, il criterio del problem and solution approach richiede prioritariamente di individuare la closest prior art, ossia l’anteriorità che rappresenta il punto di partenza più promettente per giungere al trovato, dovendo essa essere diretta al medesimo scopo o effetto dell’invenzione o almeno appartenere al medesimo campo della tecnica o ad un campo molto vicino, e richiedendo i minori cambiamenti strutturali o funzionali per giungere all’invenzione.

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Tolleranza dell’inadempimento e clausola risolutiva espressa prevista nel contratto di distribuzione
La mera tolleranza dell’inadempimento da parte del creditore, sia che si estrinsechi sotto forma di una condotta negativa sia che...

La mera tolleranza dell’inadempimento da parte del creditore, sia che si estrinsechi sotto forma di una condotta negativa sia che si manifesti come condotta positiva, non integra una rinuncia tacita ad avvalersi della clausola risolutiva espressa presente nel contratto, ove il medesimo creditore contestualmente o successivamente all’atto di tolleranza manifesti poi la volontà di avvalersi della predetta clausola in caso di protrazione dell’inadempimento. [Nella specie, la Corte ha qualificato come atto di tolleranza e non di rinuncia a far valere la clausola risolutiva espressa – poi successivamente attivata – la condotta del creditore che, pur a fronte del mancato raggiungimento da parte del distributore delle soglie minime di acquisto pattuite per la precedente annualità contrattuale, abbia continuato a dare esecuzione al contratto per due ulteriori mensilità, accettando ed eseguendo nuovi ordini, risolvendo il contratto solo una volta rilevata l’impossibilità per il distributore di raggiungere gli obiettivi minimi di acquisto contrattualmente pattuiti anche per l’anno corrente].

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