In materia di abuso di posizione dominante, l’inquadramento della causa tra le azioni c.d. stand alone comporta che l’attore, chiamato a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non possa giovarsi dell’accertamento contenuto in un provvedimento dell’autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato, ma debba esattamente individuare e dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi che concorrono a configurare l’illecito prospettato.
Anche sotto il profilo della dipendenza economica, non può ritenersi che possa essere demandato al giudizio di un tecnico, attraverso l’espletamento di una c.t.u. , l’accertamento dell’esistenza della posizione dominante. Benché nelle azioni con le quali si fanno valere illeciti antitrust gli oneri probatori risultino alleggeriti in capo all’attore, questi deve comunque dimostrare i fatti costitutivi della domanda.
L’infondatezza della pretesa non fa venir meno la legittimazione passiva della parte e comunque l’interesse alla pronuncia. Difatti, la legittimazione passiva va valutata in base alla prospettazione della domanda, dal momento che tale presupposto processuale consiste nella coincidenza tra il soggetto contro il quale la domanda è proposta e colui che nella domanda è affermato soggetto passivo del diritto o comunque "violatore" di quel diritto. E ciò a prescindere dalla fondatezza nel merito della domanda.
A livello di brevetto europeo, secondo l'art. 69, comma 2, della Convenzione sul Brevetto Europeo (CBE) gli effetti della limitazione retroagiscono sino al momento della pubblicazione della domanda di brevetto per cui il brevetto europeo, come rilasciato o modificato durante la procedura di limitazione, “determina retroattivamente questa protezione sempre che quest'ultima non sia stata oggetto di un'estensione”.
Pertanto, ai fini del risarcimento del danno da contraffazione di brevetto, il momento iniziale dell'attività di contraffazione non deve essere individuato nella data in cui il titolare del brevetto ha presentato istanza di limitazione ai sensi dell'art. 79 c.p.i., se l'esperto del ramo, dalla lettura del testo originario del brevetto, poteva essere in grado di apprezzare la tutela apprestata dal brevetto anche rispetto ad un contenuto più limitato di quello originariamente concesso.
Ne consegue che gli effetti delle limitazioni operano ex tunc fin dalla proposizione della domanda originaria e, al contempo, anche la responsabilità risarcitoria per contraffazione del brevetto deve essere accertata con decorrenza dalla proposizione della domanda originaria.
Il brevetto non può beneficiare della priorità rivendicata quando comprende una combinazione di caratteristiche che non era presente nel modello di utilità italiano. In questo caso, la data di effettiva priorità del brevetto coincide con la data di deposito della domanda internazionale.
Nel valutare il requisito dell’attività inventiva in sede di CTU è corretta la metodica del could-would approach applicata dall’EPO proprio al fine di analizzare quale sarebbe stata la condotta del tecnico del ramo in presenza di un determinato problema tecnico.
La mera produzione di documenti non solleva la parte che contesta la validità del titolo dall’argomentare specificamente la rilevanza di ciascuno di essi.
In tema di contratti a valle di intese anticoncorrenziali, l’invalidità del patto anticoncorrenziale si trasla alle singole clausole che ne sono il prodotto e non già all’intero negozio, sul rilievo che tale contagio non risponderebbe al principio di conservazione degli atti nei limiti in cui gli stessi siano rispondenti alla lecita volontà delle parti. L’art. 1419 c.c., del resto, ammette che la nullità di singole clausole contrattuali si estenda all’intero contratto solo ove l’interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità [nel caso di specie il Tribunale ha esaminato fideiussioni stipulate tra il 2000 e il 2001].
La nullità della clausola contenente la deroga all’art. 1957 c.c. non solleva la parte dall’opporre tempestivamente l’eccezione di estinzione delle fideiussioni per decorso dei termini entro i quali, a norma dell’art. 1957 c.c., il creditore è tenuto ad attivarsi verso la debitrice principale, essendo infatti tale eccezione non rilevabile d’ufficio.
La produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti “in blocco” è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze.
Anche un soggetto non consumatore può invocare la tutela contro la violazione della disciplina delle intese restrittive della concorrenza (nel caso di specie, in materia di fideiussioni omnibus).
La decisione della Banca d'Italia n. 55/2005, che ha accertato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza limitatamente al settore delle fideiussioni omnibus bancarie, non è applicabile al caso del contratto autonomo di garanzia, ponendosi al di fuori del perimetro oggettivo dell’accertamento effettuato dall’Autorità.
Il contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, diversamente dal contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa l’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante). Inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto a un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un "vicario" del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all'obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile a essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.
Posta tale funzione, il contratto autonomo di garanzia si caratterizza, pertanto, rispetto alla fideiussione, per l’assenza dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all’art. 1945 c.c., dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest'ultimo, laddove l’accessorietà della garanzia fideiussoria postula, invece, che il garante abbia l’onere di preavvisare il debitore principale della richiesta di pagamento del creditore, ai sensi dell’art. 1952, comma 2, c.c., all’evidente scopo di porre il debitore in condizione di opporsi al pagamento, qualora esistano eccezioni da far valere nei confronti del creditore.
L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento "a prima richiesta e senza eccezioni" vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale; tuttavia, in presenza di elementi che conducano, comunque, a una qualificazione del negozio in termini di garanzia autonoma, l’assenza di formule come quella anzidetta non è elemento decisivo in senso contrario.
Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza, rispetto alla fideiussione, proprio per l'assenza dell'accessorietà della garanzia, derivante dall'esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all'art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest'ultimo.
Il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità integrale del contratto (fideiussioni omnibus stipulate nel 2007, asseritamente in conformità allo schema ABI sanzionato dal Provvedimento di Bankit del 2005) ha il potere-dovere di rilevare una fattispecie di nullità parziale, lasciando poi libere le parti di mantenere inalterate le domande originarie: una volta che queste abbiano confermato in sede di precisazione delle conclusioni le domande di nullità totale, omettendo un’espressa istanza di accertamento della nullità parziale, deve rigettare l’originaria pretesa.
L’art. 1419 c.c. ammette che la nullità di singole clausole contrattuali si estenda all’intero contratto solo ove l’interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.
In caso di cessione "in blocco" dei crediti da parte di una banca ex art. 58 TUB, la produzione dell'avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l'indicazione per categorie dei rapporti ceduti "in blocco" è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorché gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze.
Non può essere esteso il perimetro oggettivo dell’accertamento dell'intesa restrittiva della concorrenza effettuato da Banca d'Italia (Provv. 55/2005) al contratto autonomo di garanzia, avendo l'Autorità di vigilanza accertato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza limitatamente al settore delle fideiussioni omnibus bancarie e ciò in quanto il contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag) ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale contrariamente dal contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui ed essendo diversa la causa concreta del contratto autonomo, che è quella di trasferire da un soggetto a un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, dalla fideiussione, nella quale ricorrendo solamente l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale
A prescindere dal nomen iuris dato dalle parti, le clausole contrattuali con le quali è previsto che “Il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente all’Azienda di credito, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutele per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio” e che“nessuna eccezione può essere apposta dal fideiussore riguardo al momento in cui l’Azienda di credito esercita la sua facoltà di recedere dai rapporti con debitore” qualificano il contratto quale autonomo di garanzia per cui il debitore non può avvantaggiarsi di un provvedimento amministrativo che ha riguardato esclusivamente i moduli utilizzati per le fideiussioni omnibus nel settore bancario e non anche per garanzie di diversa natura
Nel caso del contratto autonomo di garanzia, la mancata prova della trasmissione degli estratti conto a mezzo di raccomandata alla società e ai garanti non rileva ai fini della esigibilità del credito essendo irrilevante tale trasmissione ai fini della contestazione del debito laddove provato documentalmente dalla banca.
Il garante del debito principale non è tenuto al pagamento delle somme ingiunte dalla banca che non depositi il contratto dal quale si evincano le clausole applicabili al rapporto, non essendo sufficiente l’estratto delle scritture contabili certificato ex art. 50 TUB e ciò anche in presenza di un contratto autonomo di garanzia in quanto l’autonomia che caratterizza il rapporto tra garante e creditore beneficiario non può spingersi fino a realizzare un risultato vietato dall’ordinamento. Infatti, carattere fondamentale del contratto autonomo, che vale a distinguerlo dalla fideiussione, è soltanto l’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, consistente nel fatto che il garante non può opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, fatta salva la facoltà di eccepire l’avvenuto soddisfacimento del creditore ovvero la mancanza di causa in quanto l’obbligazione principale non è sorta o è nulla, come nel caso di assenza del contratto bancario redatto in forma scritta
In difetto di una specifica domanda di indebito oggettivo (cfr. Cass. 188/2022) alla banca non può essere riconosciuta alcuna somma nemmeno a titolo di restituzione di quanto eventualmente erogato in forza del contratto nullo.
Anche ove il convenuto non stia ancora operando sul mercato, sussiste comunque una sua responsabilità a titolo di concorrenza sleale, allorché si configuri una situazione di concorrenza potenziale, ravvisabile sia in relazione ad una possibile estensione o espansione nel futuro dell'attività imprenditoriale concorrente purché nei termini di rilevante probabilità, sia nell'ipotesi di attività preparatorie all'esercizio dell'impresa, quando si pongano in essere fatti diretti a dare inizio all'attività produttiva.
L'illecito di concorrenza sleale per storno di dipendenti si ritiene sussitente al ricorrere di alcune circostanze oggettive e sintomatiche di un comportamento contrario ai principî di correttezza professionale, vale a dire: 1) il passaggio diretto dei dipendenti dal precedente datore di lavoro al concorrente che ha posto in essere lo storno; 2) il fatto che lo storno coinvolga un numero significativo di dipendenti; 3) il fatto che i dipendenti stornati rivestissero ruoli apicali all’interno dell’organigramma aziendale; 4) il fatto che lo storno di tutti i dipendenti sia avvenuto in un lasso di tempo limitato; 5) la difficoltà di sostituire questi dipendenti rapidamente; 6) il fatto di essersi avvalsi nella manovra di storno di metodi contrari alla correttezza professionale. A ciò va aggiunto che la concorrenza sleale è un illecito di pericolo per il quale non rilevano solo i trasferimenti effettivamente verificatisi, ma anche i tentativi di storno.
Nel caso della descrizione, il fumus boni iuris assume caratteri peculiari, nel senso che – allo scopo di evitare che tale forma di tutela sia sollecitata con finalità meramente esplorative, se non di vera e propria abusiva intromissione nella sfera dei concorrenti, anche per arrecare loro un danno – lo stesso presuppone che la parte che chiede la misura non si limiti ad un’apodittica allegazione della lesione del proprio diritto, ma fornisca elementi concreti di potenziale riscontro circa la medesima lesione e, soprattutto, circa il pericolo di dispersione della prova.
Il fatto che la descrizione sia un mezzo di ricerca e salvaguardia della prova fa sì che il fumus boni iuris abbia un minore grado di consistenza. Il fumus va, invero, apprezzato in via diretta in relazione al diritto processuale alla prova – ritenuta utile o necessaria nel futuro giudizio di merito - e solo in via indiretta in relazione al diritto sostanziale di cui s’invoca tutela. Tali considerazioni con riguardo alla ratio della misura cautelare non portano ad escludere l’esame della sussistenza del fumus boni iuris: esso va comunque accertato sebbene con minore rigore e, quando appaiano fondate ragioni per una prognosi negativa, la misura non va concessa. La direttiva cd. Enforcement, pur prevedendo che tale misura è un celere ed efficace mezzo provvisorio per la salvaguardia della prova dei diritti di proprietà industriale, ha enunciato il principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza comunitaria, che le misure cautelari necessarie ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale devono essere “fair, equitable, non unnecessarily complicated or costly”, nonché “proportionate” e tali da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi (art. 3 Direttiva 2004/48/CE).
Le questioni relative all’inadempimento delle obbligazioni scaturenti dalla stipulazione di un contratto di cessione di ramo di azienda e alla risoluzione del contratto stesso non rientrano nell’ambito delle materie sulle quali le sezioni specializzate in materia di impresa hanno competenza a decidere, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, come novellato dall'art. 2, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con L. 24 marzo 2012, n. 27.
Deve ritenersi inefficace la risoluzione intimata da una parte nei confronti dell'altra avvalendosi di una clausola risolutiva espressa che, pur facendo riferimento a tutte le obbligazioni contrattualmente previste, finisca per configurare una clausola di stile, non essendo specificamente identificati gli inadempimenti ai quali consegua l'effetto risolutivo. Deve considerarsi contraria a buona fede la risoluzione intimata da una parte nei confronti dell'altra senza alcuna preavviso e con immediata interruzione della fornitura previta.
Conformemente al disposto di cui all’art. 4 b) i) del Reg.n°330/2010, le limitazioni imposte dal concedente ai suoi acquirenti per proteggere l’esclusiva del concessionario in un dato territorio sono compatibili con i principi della libera concorrenza solo a condizione che riguardino le vendite “attive”, non essendo consentito porre alcuna limitazione alle vendite passive. Viceversa, quando le parti pattuiscono limitazioni territoriali alla rivendita dei prodotti al di fuori del territorio esclusivo, le “vendite passive” non possono essere impedite. A tale fine, sono considerate vendite “attive” ai sensi del § 51 degli “Orientamenti sulle restrizioni verticali” della Commissione Europea (2010/C 130/01):
- il contatto attivo con singoli clienti ad esempio per posta, compreso mediante l’invio di messaggi di posta elettronica non sollecitati;
- la visita diretta di questi ultimi;
- il contatto attivo con uno specifico gruppo di clienti, o con clienti situati in uno specifico territorio attraverso inserzioni pubblicitarie sui media o via Internet o altre promozioni specificamente indirizzate a quel gruppo di clienti o a clienti in quel territorio.
Sono invece “vendite passive”:
-la risposta ad ordini non sollecitati di singoli clienti, incluse la consegna di beni o la prestazione di servizi a tali clienti;
- le azioni pubblicitarie o promozioni di portata generale che raggiungano clienti all’interno dei territori (esclusivi) o dei gruppi di clienti (esclusivi) di altri distributori, ma che costituiscano un modo ragionevole per raggiungere clienti al di fuori di tali territori o gruppi di clienti, ad esempio per raggiungere clienti all’interno del proprio territorio.