Vanno ritenuti applicabili ai comunicati stampa, anche emessi da enti pubblici, i generali principi in tema di diffamazione, riguardanti in particolare, la verità della dichiarazione, l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e il requisito della continenza, dovendo tenersi in considerazione il rapporto tra il testo ed il contesto.
Va esclusa l’illiceità dei comunicati stampa ove i fatti descritti siano di interesse pubblico, non siano stati menzionati i nomi dei soggetti coinvolti e siano state utilizzate espressioni ipotetiche accompagnate da forme verbali al condizionale.
Il carattere distintivo che connota il contratto di edizione è il trasferimento del diritto di utilizzazione economica dell’opera dell’autore ai fini della stampa e pubblicazione dell’opera creativa. Non sembra che tale causa del contratto così palesemente compendiata anche nel contratto di edizione possa essere svilita e stravolta fino alla sussunzione in altro tipo contrattuale, solo perché l’autore decide di accollarsi una parte delle spese.
L’incompatibilità dell’azione redibitoria con quella di riduzione del prezzo è conseguenza riconosciuta positivamente soltanto in relazione al contratto di compravendita di cui all’art. 1492 c.c. Al contrario, l’esame della disciplina legislativa del contratto di edizione conduce a ritenere che il cumulo delle due domande sia ammissibile.
La concorrenza sleale deve consistere in attività dirette ad appropriarsi illegittimamente dello spazio di mercato ovvero della clientela del concorrente, che si concretino nella confusione dei segni prodotti, nella diffusione di notizie e di apprezzamenti sui prodotti e sull'attività del concorrente o in atti non conformi alla correttezza professionale; con la conseguenza che l'illecito non può derivare dal danno commerciale in sé, né nel fatto che una condotta individuale di mercato produca diminuzione di affari nel concorrente, in quanto il gioco della concorrenza rende legittime condotte egoistiche, dirette al perseguimento di maggiori affari, attuate senza rottura delle indicate regole legali della concorrenza.
In materia di nullità delle fideiussioni per violazione dell'art. 2, co. 2, lett. a), l. n. 287 del 1990, l'oggetto dell'accertamento dell'intesa anticoncorrenziale nel provvedimento del 2005 della Banca d'Italia è costituito dalle condizioni generali della fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto entro un limite massimo predeterminato ex art. 1938 c.c.
Diversamente, essendo le fideiussioni specifiche prestate con riferimento ad un unico e specifico rapporto di finanziamento, non vi sono dubbi sul fatto che non si tratta di fideiussioni a garanzia di una serie indeterminata di operazioni bancarie tra il debitore principale e l’istituto di credito, con indicazione dell’esposizione massima garantita. In merito a queste ultime, pertanto, non si può pervenire ad una censura di invalidità, valendosi della prova privilegiata costituita dalla delibera della Banca d’Italia del 2005.
Ai fini della valutazione del rischio di confusione, la comparazione dei marchi deve essere effettuata tenendo conto dell'impressione complessiva prodotta in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti presenti nei segni in comparazione. Tale valutazione va condotta in riferimento alla normale diligenza ed avvedutezza del tipo di clientela cui il prodotto è in concreto destinato. Il livello di attenzione muta in funzione della categoria di beni o servizi sui quali il marchio è apposto, innalzandosi per i prodotti duraturi o per i prodotti di lusso, mentre il consumatore porrà una minore attenzione per i beni di consumo. Peraltro, il consumatore ha una visione d'insieme del marchio e solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi; di regola, il confronto viene eseguito a distanza di tempo e spazio e viene effettuato tra il segno che il consumatore guarda ed il ricordo mnemonico dell'altro, con una immagine dunque “imperfetta” del segno. La valutazione va dunque condotta in riferimento all’impressione di insieme che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e sincronico. Inoltre, nel giudizio di comparazione occorre tenere conto in concreto di tutti i fattori pertinenti nel caso di specie; rileva, in particolare, la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei segni designati. In aggiunta, quanto più è affollato il settore merceologico di riferimento, tanto più potrà essere ritenuta rilevante anche la variazione di un elemento di carattere puramente secondario, sicché va accordata tutela in funzione di una novità e individualità da riconoscersi ai marchi che presentano differenziazioni anche lievi rispetto alle anteriorità.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. A) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3 della Legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Tale nullità vizia soltanto le fideiussioni omnibus e non anche le ordinarie fideiussioni che vengono normalmente rilasciate negli atti notarili a garanzia dei mutui e dei finanziamenti ipotecari.
Le clausole di reviviscenza, di rinuncia ai termini e di sopravvivenza sono dichiarate nulle, non perché siano contrarie ex se a norme imperative o principi di ordine pubblico, ma perché, essendo uniformemente utilizzate dalle banche, riproducono intese anticoncorrenziali vietate dall’art. 2, comma 2, lettera a), della legge 10 ottobre 1990, n. 267 (cfr. anche art. 101, Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), come accertato con Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, emesso dalla Banca d’Italia.
Il provvedimento della Banca di Italia concerne esclusivamente lo schema di fideiussione omnibus, come esplicitato nel provvedimento medesimo e le clausole sopra richiamate sono state ritenute illecite dalla Banca d’Italia, non per la loro formulazione, ma in relazione alla loro concreta utilizzazione nelle fideiussioni omnibus.
Ai sensi della legge sul diritto d'autore, sono protette come opere dell’ingegno le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico.
Il carattere creativo viene normalmente interpretato dalla giurisprudenza come un apporto personale, anche se molto modesto, dell’autore sull’opera, la quale in pratica non deve sostanziarsi in un’imitazione pedissequa dell’opera altrui.
Quanto al valore artistico, si dovrà fare riferimento a parametri il più possibile oggettivi e alla percezione che dell’opera del design si è affermata negli ambienti culturali in senso lato, essendo i soli criteri di tipo soggettivo, volti a valorizzare la maggiore originalità delle forme rispetto a quelli riscontrabili nei prodotti similari presenti sul mercato o la capacità di suscitare emozioni, insoddisfacenti per il rischio di sfociare in un soggettivismo arbitrario ancorato al gusto personale, estetico, alla sensibilità artistica e alla cultura di chi effettua la valutazione.
In particolare, costituiscono indizi dell’obiettiva artisticità dell’opera riconoscimenti collettivi tributati alla stessa da ambienti culturali non prossimi ai soggetti che producono o commercializzano il prodotto, che abbiano individuato in esso capacità rappresentative, comunicative ed evocative che vanno al di là della semplice gradevolezza delle sue linee.
L’attestazione del riconoscimento espresso dalle istituzioni culturali è deducibile da mostre, esposizioni, recensioni di esperti.
Inoltre, anche la circostanza che un’opera di design divenga oggetto di vendita nel mercato artistico e non in quello puramente commerciale e l’attribuzione di un prezzo elevato, superiore al mero valore commerciale, costituiscono ulteriori indici rilevanti.
Nel quadro del procedimento per descrizione ex artt. 129 e ss. c.p.i., il fumus boni iuris va apprezzato in via diretta in relazione al diritto processuale alla prova – ritenuta utile o necessaria nel futuro giudizio di merito - e solo in via indiretta in relazione al diritto sostanziale di cui s’invoca tutela. Tale fumus che ha dunque funzione esclusivamente probatoria è sicuramente affievolito rispetto al fumus richiesto per la concessione delle altre misure cautelari, quali il sequestro e l’inibitoria, esaurendosi nella ragionevolezza della richiesta o nella non pretestuosità della domanda.
[In tema di brevetto di procedimento, il fumus può ritenersi provato anche se il ricorso per descrizione risulti obiettivamente necessario per accertare il procedimento effettivamente adottato dal presunto contraffattore.]
Quanto alle privative non titolate, quali sono i segreti industriali, in caso di contestazione della sussistenza del diritto, compete a chi agisca in giudizio, pur nei limiti della prova di verosimiglianza propria del giudizio cautelare, dare contezza dell’esistenza della privativa, fornendo la prova della esistenza delle informazioni tecniche e commerciali in capo al legittimo detentore, nonché dell’esistenza dei presupposti di tutela di cui all’art. 98 cpi, quanto a segretezza di dette informazioni, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del ramo, abbiano dette informazioni valore economico in quanto segrete e siano sottoposte a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.
Obbligo principale del licenziante è quello di garantire al licenziatario per l’intera durata del contratto la persistente validità dei brevetti in tutti i territori convenuti e quindi il pieno e duraturo godimento dei diritti patrimoniali derivanti dallo sfruttamento dei diritti di privativa industriale.
La perizia stragiudiziale, in quanto svolta in assenza di contraddittorio, è inidonea a costituire prova in giudizio ed è considerata una mera allegazione difensiva liberamente apprezzata dal giudice.
[Nel caso in esame, le circostanze del caso concreto peraltro non consentono di riconoscere attendibilità alla perizia di parte, difettando le condizioni di trasparenza sul confezionamento del campione analizzato e sulla sua tracciabilità.]