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Rischio di confusione tra marchi: il caso “Gambero Rosso”
Anche un termine di uso comune può essere qualificato marchio forte ai sensi e per le conseguenze giuridiche di cui...

Anche un termine di uso comune può essere qualificato marchio forte ai sensi e per le conseguenze giuridiche di cui all’art. 20 c.p.i. Infatti, se la scelta di tale termine è frutto di uno sforzo inventivo e se lo stesso viene utilizzato in un contesto differente rispetto a quello usuale, in tal caso non può essere negata la sussistenza di un aspetto creativo, unico ed originale, che si riverbera sulla forza del marchio. Inoltre, se il termine viene utilizzato come marchio registrato per contraddistinguere la propria attività sul mercato per un periodo di tempo prolungato, mantenendo tale uso grazie ad investimenti e a profusioni di energie per renderlo singolare ed evocativo, a tale marchio è riconosciuta la qualità di marchio rinomato.

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Sottrazione illegittima di informazioni aziendali riservate relative a società specializzate in produzione e vendita di accessori per veicoli
Il negativo accertamento della responsabilità ex artt. 98 e 99 CPI non esclude, di per sé, in astratto, la configurabilità...

Il negativo accertamento della responsabilità ex artt. 98 e 99 CPI non esclude, di per sé, in astratto, la configurabilità del diverso illecito anticoncorrenziale di cui all’art. 2598 n. 3 c.c., per violazione dei principi di correttezza professionale, e, segnatamente, di quello di concorrenza sleale da sviamento di clientela mediante utilizzo di informazioni aziendali riservate. Tuttavia, occorre, a tal fine, la prova adeguata che i dati aziendali riservati siano stati, non soltanto estratti, ma anche e, soprattutto, trasferiti nel processo organizzativo ed imprenditoriale della concorrente, e che di essi sia stato fatto indebito uso per sviare o, quantomeno, tentare di sviare la clientela dell’ex datore di lavoro, attraverso un’attività concorrenziale connotata da metodologie scorrette ed attuata in modo sistematico, col deliberato proposito di trarne vantaggio in danno dell’altrui azienda. Infatti, non costituisce, di per sé, concorrenza sleale lo sfruttamento da parte dell’ex dipendente passato alle dipendenze di un’impresa concorrente, delle conoscenze tecniche, delle esperienze e financo delle informazioni relative alla politica commerciale dell’impresa dalla quale egli proviene, a condizione che non si tratti di informazioni segrete o riservate, e che, in ogni caso, non emerga una sistematica attività di distrazione della clientela e imitazione delle iniziative imprenditoriali della medesima.

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La liceità della cessione del know how consistente in un metodo per la sverniciatura del legno
Il know how, definito dalla legge sul franchising come un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e...

Il know how, definito dalla legge sul franchising come un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall'affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato, è tutelato laddove sussista un certo grado di segretezza ed innovatività, pur senza pretendere i più rigorosi requisiti di cui agli artt. 98 e 99 CPI.

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Inibitoria e penale: inapplicabilità della sanzione per mancata prova della violazione
Il mero reperimento di prodotti sul mercato, commercializzati successivamente alla sentenza che ha disposto l’inibitoria assistita da penale, non costituisce...

Il mero reperimento di prodotti sul mercato, commercializzati successivamente alla sentenza che ha disposto l’inibitoria assistita da penale, non costituisce prova dell’avvenuta violazione dell’inibitoria stessa e non è, pertanto, di per sé sufficiente a fare ravvisare i presupposti per l’applicazione della sanzione stabilita. Laddove, infatti, la sentenza non abbia disposto anche il sequestro dei prodotti già in commercio, occorre la prova che i prodotti rinvenuti sul mercato siano stati oggetto di commercializzazione successivamente alla sentenza stessa.

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Sfruttamento economico da parte del datore di lavoro del software sviluppato dal dipendente
La ratio dell’art. 12 bis l.d.a. è quella di riservare al datore di lavoro il diritto di utilizzazione economica (ovviamente...

La ratio dell’art. 12 bis l.d.a. è quella di riservare al datore di lavoro il diritto di utilizzazione economica (ovviamente fatta salva la paternità) del prodotto dell'ingegno del proprio lavoratore, laddove quest'ultimo sia stato assunto proprio a tale fine. Se il dipendente, al di fuori della riserva prevista dall'art. 12 bis nel caso in cui il prodotto dell'ingegno sia direttamente funzionale alla sua stessa assunzione, mette a disposizione, gratuitamente, la propria invenzione al datore di lavoro, viene meno qualsiasi tipo di illecito. Ciò in virtù del consenso dell'avente diritto su una situazione giuridica disponibile, per tale motivo contrasterebbe con il canone di buona fede contrattuale pretendere successivamente, ed ex post, un risarcimento o un compenso per ciò che era stato liberamente messo a disposizione.

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Brevetto per invenzione: l’ovvietà dell’attività inventiva
L’adozione di soluzioni che, seppur non obbligate, risultano ovvie e l’insufficienza delle alternative, che, seppur possibili e da taluno praticate,...

L’adozione di soluzioni che, seppur non obbligate, risultano ovvie e l’insufficienza delle alternative, che, seppur possibili e da taluno praticate, inducono l’esperto ad utilizzare in modo ovvio la soluzione del brevetto, non soddisfa il requisito dell’attività inventiva previsto in materia brevettuale.

[Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, in cui si dichiara la nullità del brevetto in quanto, pur ritenendo soddisfatto il requisito della novità, si è ritenuto mancante del requisito di attività inventiva]

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Lo storno dei dipendenti tra illecito concorrenziale e libertà costituzionalmente garantite
L’accertamento della fattispecie dello storno dei dipendenti come atto di concorrenza sleale presuppone l’esame di una serie di indici rilevatori...

L’accertamento della fattispecie dello storno dei dipendenti come atto di concorrenza sleale presuppone l’esame di una serie di indici rilevatori alla luce di una valutazione d’insieme. Più in particolare, per aversi illecito concorrenziale, oltre ai dati oggettivi del passaggio del dipendente all’impresa concorrente, dell’insieme delle modalità che qualificano la scorrettezza professionale dell’assunzione degli altrui dipendenti o collaboratori e dell’idoneità della condotta a danneggiare il concorrente, occorre un quid pluris, da individuarsi

(a) nella violazione dei principi e dei canoni della correttezza professionale e

(b) nell’intenzione specifica – se non esclusiva, quanto meno prevalente e determinante, o comunque predominante - di nuocere il concorrente.

E ciò a maggior ragione nel caso di dipendenti qualificati ed utili per la gestione dell’impresa concorrente, in relazione all’impiego delle rispettive conoscenze tecniche usate presso l’altra impresa e non possedute dal concorrente stesso.

Tuttavia, nell’individuazione degli esatti confini e connotati dello storno di dipendenti quale atto di concorrenza sleale illecito ex art. 2598 n. 3 del c.c. deve comunque, necessariamente, tenersi conto della piena cogenza - in materia - dei superiori principi costituzionali della libertà di impresa e di iniziativa economica e della tutela e promozione del lavoro in tutte le sue forme ed espressioni ex artt. 41 e 35 della Costituzione.

L’impresa che assume presso di sé un lavoratore onerato da un patto di non concorrenza con l’impresa di provenienza non è di per sé illecito quando  sussistano motivi di controvertibilità in ordine all’effettiva validità e opponibilità di tale patto di non concorrenza ed in ogni caso l’eventuale violazione del patto non potrebbe essere ritenuta di per sé decisiva ai fini dell’illeceità dello storno, dovendo sempre essere valutata unitamente agli altri parametri individuati dalla giurisprudenza per la sua applicabilità.

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Invenzione di procedimento e assenza di originalità della soluzione rispetto al problema tecnico
L’invenzione c.d. di procedimento consiste nella rivendicazione della scoperta di un particolare procedimento per giungere alla realizzazione di un prodotto...

L’invenzione c.d. di procedimento consiste nella rivendicazione della scoperta di un particolare procedimento per giungere alla realizzazione di un prodotto già noto, migliorandone lo standard o riducendone i costi. In tale ipotesi, il requisito essenziale dell’originalità (ex art. 48 c.p.i.) deve intendersi soddisfatto quando la procedura oggetto di privativa brevettuale rappresenti un’inedita ed originale soluzione a problemi tecnici, e non la mera applicazione di pratiche già note ed ampiamente diffuse nel circuito degli operatori professionali di riferimento. [Nel caso di specie, con riferimento a particolari metodiche di produzione e raffinazione dei biocarburanti, si rileva l’assenza dei requisiti di novità ed originalità della soluzione rispetto al problema tecnico, nel senso che la novità deve riguardare anche il risultato industriale.]

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Concorrenza sleale: comunicazioni idonee a determinare il discredito di un’impresa presso il pubblico di riferimento
Secondo la giurisprudenza ormai consolidata, la concorrenza sleale, consistente nel diffondere notizie ed apprezzamenti sui prodotti altrui in modo idoneo...

Secondo la giurisprudenza ormai consolidata, la concorrenza sleale, consistente nel diffondere notizie ed apprezzamenti sui prodotti altrui in modo idoneo a determinare il discredito, richiede un'effettiva divulgazione ad un numero indeterminato, o quanto meno ad una pluralità di soggetti cioè ad un pubblico indifferenziato, e non è pertanto configurabile nell'ipotesi di esternazioni occasionalmente rivolte a singoli interlocutori nell'ambito di separati e limitati colloqui. [Nel caso specifico, non è ravvisabile la fattispecie della denigrazione (art. 2598 n. 2 c.c. ) poiché le comunicazioni in contestazione non hanno avuto come destinatari una collettività indistinta di soggetti, operanti sul mercato di riferimento al quale sono destinati i prodotti di parte attrice, ma soggetti specifici.]

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