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Responsabilità dell’amministratore per omessa tempestiva liquidazione e aggravamento del passivo sociale
L’amministratore di una società ha l’obbligo di attivarsi tempestivamente per la ricapitalizzazione o, in alternativa, per la messa in liquidazione...

L’amministratore di una società ha l’obbligo di attivarsi tempestivamente per la ricapitalizzazione o, in alternativa, per la messa in liquidazione quando il patrimonio netto risulti negativo, evitando il proseguimento di una gestione dannosa per i creditori. L’omessa attivazione di procedure concorsuali, il mancato deposito dei bilanci e la stipula di atti che aggravino l’indebitamento sociale costituiscono elementi idonei a fondare una responsabilità per mala gestio ex art. 255 C.C.I.I. e a giustificare l’adozione di misure cautelari, come il sequestro conservativo sui beni dell’ex amministratore, a tutela del patrimonio destinato ai creditori.

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Diritto di controllo del socio di minoranza nelle S.r.l.: presupposti, modalità e oggetto
Il diritto di informazione e di accesso alla documentazione sociale, espressamente riconosciuto ai soci di società a responsabilità limitata che...

Il diritto di informazione e di accesso alla documentazione sociale, espressamente riconosciuto ai soci di società a responsabilità limitata che non partecipano all'amministrazione dall'art. 2476 co 2 c.c., si configura quale manifestazione di un potere di controllo individuale in capo ai singoli soci, di per sé non subordinato ad alcuna dimostrazione di specifico interesse perché l’interesse sotteso è il controllo sulla gestione in sé (diritto che si esplica in due direzioni, e segnatamente la richiesta di informazioni e l'accesso ai documenti).

Con particolare riferimento alle modalità di esercizio del diritto di accesso alla documentazione sociale, devono rispettarsi i principi di buona fede e correttezza. In concreto, il socio ha diritto di consultare, ovvero di prendere visione, di esaminare, la documentazione sociale presso la sede sociale o dove la medesima è custodita, anche tramite professionisti di fiducia, previo appuntamento; se per la natura o le dimensioni della documentazione l’esame richiede tempo e la necessità di averne a disposizione una copia, la società è tenuta a consentire al socio l’estrazione di copia anche eventualmente su supporto informatico purché a spese del socio se il rilascio di copie. L’oggetto del controllo - sia con riferimento alle informazioni, sia con riferimento alla documentazione sociale - ha uno spettro ampio, il perimetro del potere di indagine conoscitiva del socio che non partecipa alla gestione nella srl si può dire che abbia ad oggetto i documenti e/o le informazioni di cui l’organo amministrativo dispone per una corretta gestione della società non ravvisandosi nella norma alcuna limitazione se non che l’esercizio del diritto deve uniformarsi al rispetto dei principi di buona fede e correttezza; consegue che possono riconoscersi restrizioni al contenuto di tale potere del socio solo nelle ipotesi in cui sorgano esigenze di riservatezza della società che possono trovare fondamento, per esempio, in particolari rapporti di concorrenza con il socio o nell’assunzione in determinati contesti di posizioni contrapposte tra società e socio o nell’esigenza di tutela di segreti industriali.

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Diritto di accesso alla documentazione sociale del socio di s.r.l.: ratio e modalità
Il diritto di accesso alla documentazione sociale, riconosciuto dall’art. 2476 secondo comma c.c. in capo al socio non amministratore di...

Il diritto di accesso alla documentazione sociale, riconosciuto dall’art. 2476 secondo comma c.c. in capo al socio non amministratore di s.r.l., rappresenta la manifestazione di un potere di controllo in capo ai singoli soci, funzionale rispetto all’eventuale esercizio dell’azione sociale di responsabilità e, più in generale, a garantire la trasparenza della gestione societaria.

Quanto alle modalità dell’esercizio del diritto riconosciuto ex lege, al socio spetta di ricevere informazioni sullo svolgimento dell’attività sociale ed il diritto di consultare i libri sociali e la documentazione attinente all’amministrazione della società, non invece il diritto a procedere autonomamente ad atti di ispezione, sicché l’esercizio del diritto di cui all’art. 2476 secondo comma c.c. presuppone necessariamente la collaborazione degli organi sociali o dei professionisti preposti alla conservazione delle scritture contabili.

In concreto, l’esercizio del diritto di consultazione deve essere improntato al principio della buona fede, rappresentante canone generale nell’esecuzione del contratto sociale e al quale deve essere ricondotto l’esercizio del diritto in discussione.

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Del diritto di informazione e di accesso alla documentazione sociale del socio di s.r.l.
Il diritto di informazione e di accesso alla documentazione sociale, espressamente riconosciuto ai soci di società a responsabilità limitata che...

Il diritto di informazione e di accesso alla documentazione sociale, espressamente riconosciuto ai soci di società a responsabilità limitata che non partecipano all'amministrazione dall'art. 2476 co 2 c.c., si configura quale manifestazione di un potere di controllo individuale in capo ai singoli soci, di per sé non subordinato ad alcuna dimostrazione di specifico interesse perché l’interesse sotteso è il controllo sulla gestione in sé.
Il potere è ampio e si esplica in due direzioni, nel diritto di avere informazione attraverso l’acquisizione di notizie dall’amministratore sullo svolgimento degli affari sociali, nel diritto di consultazione diretta della documentazione sociale.
Il perimetro del potere di indagine conoscitiva del socio che non partecipa alla gestione nella srl ha ad oggetto i documenti e/o le informazioni di cui l’organo amministrativo dispone per una corretta gestione della società non ravvisandosi nella norma alcuna limitazione se non che l’esercizio del diritto deve uniformarsi al rispetto dei principi di buona fede e correttezza; consegue che possono riconoscersi restrizioni al contenuto di tale potere del socio nelle ipotesi in cui sorgano esigenze di riservatezza della società che possono trovare fondamento, per esempio, in particolari rapporti di concorrenza con il socio o nell’assunzione in determinati contesti di posizioni contrapposte tra società e socio o nell’esigenza di tutela di segreti industriali.
Non può affatto dirsi che un socio di assoluta minoranza non ha un reale interesse all’andamento dell’attività di impresa della società, di conoscere i fatti rilevanti della gestione e quindi che sue richieste ex art 2476 co 2 c.c. potrebbero essere strumentali ad altri interessi.

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Responsabilità della holding di fatto e legittimazione del socio della società fallita eterodiretta
Il socio di minoranza di società fallita che abbia dedotto in giudizio le condotte illecite di una società holding di...

Il socio di minoranza di società fallita che abbia dedotto in giudizio le condotte illecite di una società holding di fatto riconducibile al socio di maggioranza, è legittimato ad agire in giudizio ai sensi dell’art. 2497, co. 1, c.c. in quanto la legittimazione esclusiva del curatore fallimentare è prevista solo per la diversa azione dei creditori.

L’accoglimento dell’azione ex art. 2497 cc presuppone l’accertamento della pluralità di requisiti: (i) la sussistenza di una holding di fatto; (ii) l’esercizio, da parte di tale ente di attività di direzione e coordinamento sulla controllata; (iii) l’accertamento che le condotte denunciate costituiscano espressione di tale attività di direzione e coordinamento e siano state poste in essere in violazione dei principi di corretta gestione imprenditoriale e in perseguimento dio un interesse proprio dell’ente o di soggetti terzi; (iv) l’esistenza e la quantificazione di un danno alla redditività o al valore della partecipazione sociale del socio attore, eziologicamente riconducibile a tali condotte.

La holding di fatto di tipo personale, che può assumere anche la veste di una società di persone di fatto, composta dunque da due o più persone fisiche, esiste per il sol fatto di esser stata costituita tra i soci col fine della direzione unitaria delle società commerciali figlie, vale a dire per l’effettivo esercizio dell’attività di direzione e controllo esplicitamente considerata dagli artt. 2497 e seg. cod. civ., per essere stati i soci animati dall’intento di far operare le singole società eterodirette "come strumenti strategici per un interesse sovradimensionato", corrispondente all’interesse della Holding. L’Holding di tipo personale (che abbia assunto la veste di società di fatto), agisce dunque in nome proprio per il perseguimento di un risultato economico da ottenersi attraverso l'attività svolta, professionalmente, con l'organizzazione ed il coordinamento dei fattori produttivi del proprio gruppo d'imprese. Deve trattarsi, cioè, di una stabile organizzazione volta a determinare l'indirizzo, il controllo ed il coordinamento di altre società (non limitandosi al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio). In quest'ottica, le società coordinate devono risultare destinate a realizzare un medesimo scopo economico non corrispondente con quello proprio ed autonomo di ciascuna di queste esse, né coincidente con un mero godimento degli utili eventualmente prodotti dalle medesime. Non occorre, per converso, che l'attività di direzione risulti idonea a far conseguire al gruppo vantaggi economici diversi ed ulteriori rispetto a quelli realizzabili in mancanza dell'opera di coordinamento, né che le attività di servizi realizzate dall'holder disvelino un'economicità autonoma rispetto a quella propria delle attività svolte dalle società controllate.

Le caratteristiche qualificanti l’attività di eterodirezione (che non trova una espressa definizione legislativa) non possono desumersi dalla mera gestione di diverse imprese societarie o dalla titolarità di diverse partecipazioni sociali, essendo comunque necessaria, per la realizzazione della fattispecie, la sistematicità di condotte di direzione e coordinamento. Il concetto di direzione e coordinamento costituisce, infatti, un quid pluris rispetto al concetto di controllo societario ex art. 2359 cc e non si esaurisce in esso, essendo espressione di un potere di ingerenza più intenso, consistente nel flusso costante di istruzioni impartite dalla società controllante e trasposte all’interno delle decisioni assunte dagli organi della controllata, aventi ad oggetto momenti significativi della vita della società etero diretta. Segnatamente, l’attività di direzione consiste nell’esercizio di una pluralità sistematica e costante atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell’impresa ossia sulle scelte strategiche ed operative di carattere finanziario, industriale, commerciale che attengono alla conduzione degli affari sociali. Vi deve essere, quindi, una pluralità di atti in un contesto di sistematico e duraturo coordinamento gestionale ove il coordinamento enfatizza la pluralità degli interessi dei diversi soggetti giuridici considerati.

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Efficacia delle delibere consultive dell’assemblea sul potere gestorio degli amministratori
Una delibera assembleare di carattere meramente “consultivo”, anche ove esprima parere negativo all’operazione gestoria proposta dagli amministratori, non inibisce il...

Una delibera assembleare di carattere meramente "consultivo", anche ove esprima parere negativo all'operazione gestoria proposta dagli amministratori, non inibisce il potere di questi ultimi di porla in essere [il Tribunale, pertanto, nel caso di specie, ha respinto la richiesta di sospensione cautelare della delibera assemblea consultiva, asseritamente invalida, in quanto è carente l'interesse ad agire degli amministratori, i quali, come detto, conservano il potere di porre in essere l'atto gestorio in esame].

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Azione di responsabilità promossa dal subappaltatore nei confronti degli amministratori della società committente per negligenza nell’affidamento di appalto regolato dalla normativa sui contratti pubblici
Non sussistono i requisiti per configurare profili di responsabilità ex art. 2395 c.c. nei confronti degli amministratori della società committente...

Non sussistono i requisiti per configurare profili di responsabilità ex art. 2395 c.c. nei confronti degli amministratori della società committente nel caso in cui tale azione venga promossa dal subappaltatore che assuma di avere subito un danno per la mancata verifica dei requisiti di capacità economica e finanziaria ex art. 84, comma 1, del D.Lgs n. 50/2016 da parte della committente che abbia affidato un appalto, sulla base di una procedura ad evidenza pubblica, ad un’impresa successivamente ammessa ad una procedura concorsuale (circostanza da cui sia conseguito il mancato pagamento del credito vantato dal subappaltatore). In tale ipotesi, infatti, difetta il nesso di causalità tra i profili di negligenza imputati agli amministratori e il danno di cui il subappaltatore richiede il risarcimento; il nesso di causalità è, infatti, esclusivamente riconducibile al subappaltatore il quale, prima di stipulare il contratto con l’appaltatore, avrebbe dovuto autonomamente accertarsi della solidità patrimoniale di quest’ultimo e, se del caso, chiedere allo stesso idonee garanzie.

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Accesso alla documentazione sociale ex art. 2476, co. 2, c.c. e revoca cautelare dell’organo gestorio
Il diritto di controllo del socio non amministratore ex art. 2476, co. 2, c.c. deve essere interpretato come possibilità –...

Il diritto di controllo del socio non amministratore ex art. 2476, co. 2, c.c. deve essere interpretato come possibilità – oltre che di consultare la documentazione sociale avvalendosi eventualmente di un professionista di fiducia – anche di estrarre copia di tale documentazione: ed invero, la possibilità di estrazione di copia (ovviamente con spese a carico del richiedente) appare connaturata all’effettività del diritto di controllo, il quale altrimenti, considerata la complessità della documentazione da analizzare, sarebbe di fatto limitato, se non vanificato almeno in parte.

La prova del carattere emulativo o antisociale dell’istanza del socio ex art. 2476, co. 2, c.c., quale limite all’esercizio del diritto stesso, deve essere fornita dalla società convenuta. La circostanza che il socio richiedente il diritto di accesso. non abbia partecipato all’assemblea di approvazione del bilancio appare del tutto irrilevante e non può di certo giustificare l’impedimento o la limitazione del diritto di controllo della ricorrente.

In merito alla domanda di revoca in via cautelare del Consiglio di Amministrazione, gli unici legittimati passivi rispetto alla pretesa cautelare vanno individuati nei componenti dell’organo amministrativo, atteso che la misura cautelare va ad incidere sul rapporto di amministrazione di cui è parte, dal lato attivo, la società, mentre, dal lato passivo, l’amministratore. La società, infatti, è litisconsorte necessario non dell’amministratore bensì del socio che agisce nell’interesse della stessa, in qualità di sostituto processuale. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso cautelare nel caso in cui venga evocata in giudizio solo la società e non l’unico legittimato passivo, ovvero l’organo gestorio.

L’avvocato notificante, anche nel caso di notifica a mezzo pec, deve essere munito di procura, ma non ha l’obbligo di allegarla all’atto da notificare.

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Regime decadenziale dell’eccezione di arbitrato e invalidità della delibera assembleare per abuso della maggioranza
La clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società a responsabilità limitata – che devolve agli arbitri tutte le controversie...

La clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società a responsabilità limitata – che devolve agli arbitri tutte le controversie insorgenti tra la società e i soci ovvero tra i soci medesimi – non opera in via automatica come limite di giurisdizione del giudice ordinario. Il relativo difetto di competenza può essere fatto valere quale eccezione di parte in senso stretto che, come tale, soggiace al doppio regime decadenziale degli artt. 38, comma 1, e 167 c.p.c. Ne discende che la parte convenuta che intende sollevare tale eccezione ha l'onere di farlo con la comparsa di risposta: se depositata oltre il termine di cui all'art. 166 c.p.c., l’eccezione di arbitrato risulterà tardiva e dovrà essere dichiarata inammissibile.

La delibera assembleare approvata a maggioranza può essere considerata abusiva esclusivamente quando risulti che il voto dei soci dominanti sia stato esercitato in modo arbitrario o fraudolento, con l’unico scopo di perseguire interessi personali divergenti dall’interesse sociale ovvero di ledere i diritti partecipativi o patrimoniali degli altri soci. In mancanza di tali elementi, il controllo giudiziale non può estendersi ai motivi interni che hanno indotto la maggioranza a votare in un certo modo. Il limite alla libertà di voto dei soci è individuato nel dovere di buona fede oggettiva, che consente di perseguire legittimamente un proprio interesse, purché non si arrechi un danno ingiustificato agli altri soci o alla società. Di conseguenza, una deliberazione che, pur avversata dal socio di minoranza, esponga compiutamente le ragioni economiche e giuridiche del proprio contenuto deve ritenersi conforme all’interesse sociale e, pertanto, insuscettibile di censura.

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Sulla applicabilità dell’art. 2381 c.c. alle s.r.l.
Quanto all’applicazione alle s.r.l. dell’art. 2381 c.c. a seguito dell’introduzione nell’art. 2475 c.c. di un ulteriore comma ad opera del...

Quanto all’applicazione alle s.r.l. dell’art. 2381 c.c. a seguito dell’introduzione nell’art. 2475 c.c. di un ulteriore comma ad opera del D. Lgs. n. 14/2019 secondo cui anche all’amministrazione delle s.r.l. “si applica, in quanto compatibile, l’art. 2381” c.c., deve osservarsi che il rinvio alla disciplina delle s.p.a. non è puro e semplice ma è accompagnato da una clausola di compatibilità, cosicché l’interprete non dovrà applicare rigidamente l’art. 2381 c.c., ma dovrà tener conto delle peculiarità del modello delle s.r.l. rispetto alle s.p.a.. In altri termini, l’inserimento del richiamo all’art. 2381 c.c. non ha fatto venir meno né la valorizzazione dell’autonomia statutaria delle s.r.l. né la volontà del legislatore di differenziarle dalle s.p.a. attraverso l’adozione di modelli di governance più agili che costituirono due delle linee guida che ispirarono la riforma del 2003. In quest’ottica, deve ritenersi che il richiamo all’art. 2381 c.c. inserito dal D. Lgs. n. 14/2019 non precluda l’inserimento negli statuti di s.r.l. di clausole che predeterminino una ripartizione di funzioni tra Presidente e Consiglio di Amministrazione, proprio perché devono ritenersi prevalenti le esigenze di valorizzazione dell’autonomia statutaria e delle specificità del modello della s.r.l. Ciò che potrà dirsi precluso, al più, è l’attribuzione da parte dello statuto alla competenza esclusiva del Presidente di quelle funzioni che devono essere necessariamente collegiali e non possono essere delegate dal Consiglio di Amministrazione.

Se entrambi i contraenti chiedono la risoluzione del contratto (nel caso di specie, del patto parasociale) contestandosi reciproci inadempimenti, il giudice è chiamato a verificare la sussistenza degli inadempimenti e, laddove li riconosca come esistenti, dovrà svolgere una valutazione su quale abbia carattere prevalente, pronunciando la risoluzione in favore della parte che abbia subito l’inadempimento prevalente, con esclusione della possibilità di riconoscere colpe contestuali.

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Principi circa la responsabilità degli amministratori
Gravano in esclusiva sull’amministratore della società gli obblighi di buona, competente e diligente gestione (art. 2380-bis e 2381 c.c., valevoli...

Gravano in esclusiva sull’amministratore della società gli obblighi di buona, competente e diligente gestione (art. 2380-bis e 2381 c.c., valevoli anche per le s.r.l.) e l’amministratore che eventualmente decida di informare il suo comportamento a direttive altrui, o permetta che altri si ingeriscano, non è per questo sollevato dalle responsabilità conseguenti alle attività gestorie che egli abbia posto in essere, omesso o tollerato altri ponessero in essere.

L’addebito di mala gestio dell’amministratore di società ha natura di addebito di illecito contrattuale, posto che si fonda sulla violazione dei doveri che l’amministratore deve adempiere in virtù del proprio rapporto gestorio verso la società medesima. Pertanto, per quanto riguarda gli oneri probatori, essi seguono le regole del tipo di domanda: spetta alla società allegare l’illecito (compresi gli elementi che rendono illecita la condotta addebitata, se occorrenti) e provare nesso causale e danno; spetta all’amministratore provare di avere invece diligentemente operato.

Qualora l’amministratore abbia predisposto bilanci non veritieri quanto ai valori di magazzino esposti in valori eccedenti il vero, ciò integra una mera violazione di regole relative alla redazione del bilancio, che non può avere quale conseguenza l'obbligo risarcitorio in capo all'amministratore di incrementare la ricchezza della società così da renderla eguale al valore fittizio indicato in bilancio. Aver simulato ricchezza, infatti, comporta semplicemente l’apparenza di una ricchezza inesistente, ma la ricchezza sostanziale della società, in sé, non cambia, in quanto l’atto rappresentativo dell’amministratore non ha incidenza sulla realtà sottostante.

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