Lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 era stato predisposto dall’Associazione bancaria italiana nel corso dell’anno 2003 e riguardava unicamente le fideiussioni omnibus rilasciate a garanzia di operazioni bancarie che, essendo un modello contrattuale di uso corrente, per la sua diffusività avrebbe comportato l’estensione ad una serie indefinita e futura di rapporti, finendo così per ostacolare la pattuizione di migliori clausole contrattuali, inducendo le banche ad uniformarsi a uno standard negoziale che prevede una deteriore disciplina contrattuale della posizione del garante. Tale valutazione sfavorevole e la conseguente invalidità non si estendono perciò anche alle fideiussioni ordinarie, oggetto di specifica pattuizione tra banca e cliente. Dunque, la mera corrispondenza di alcune clausole contenute in una fideiussione specifica allo schema ABI non determina la nullità delle predette clausole, in essa riprodotte, poiché non vige il criterio presuntivo secondo cui tale fideiussione rappresenti il frutto di un’intesa vietata, cioè non può avvalersi del valore di prova privilegiata del provvedimento sanzionatorio della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005. Da tale ricostruzione deriva che, in assenza di un provvedimento di natura sanzionatoria emesso dall’Autorità di vigilanza competente, che abbia accertato l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale in violazione dell’art.2 comma 2 lett. a) della legge n. 287/1990, relativa alla formulazione delle tre clausole di cui agli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme ABI, l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita in violazione della concorrenza all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava sulla parte che ha eccepito la nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust.