L’autorità del giudicato copre non solo il dedotto ma anche il deducibile in relazione al medesimo oggetto, cioè non soltanto le ragioni giuridiche fatte valere nel giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre – proponibili sia in via di azione che di eccezione – le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono, tuttavia, precedenti logici, essenziali e necessari della pronuncia (giudicato implicito). Detto principio concerne in particolare le ragioni non dedotte che si presentino come un antecedente logico necessario rispetto alla pronuncia, nel senso che deve ritenersi preclusa alle parti stesse la proposizione, in altro giudizio, di qualsivoglia domanda avente ad oggetto situazioni soggettive incompatibili con il diritto accertato. Pertanto, il decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile, che abbia ad oggetto la condanna al pagamento di prestazioni fondate su un contratto a monte, preclude all’intimato la possibilità di invocare, in un diverso giudizio, la nullità del contratto o di specifiche sue clausole, atteso che il giudicato, coprendo il dedotto ed il deducibile, si estende anche all’insussistenza di cause di invalidità (c.d. giudicato per implicazione discendente), ancorché diverse da quelle fatte valere nel processo definito con sentenza irrevocabile. [Nel caso di specie, gli attori agivano in giudizio per far valere la nullità di una fideiussione omnibus lamentandone la conformità allo schema ABI censurato da Banca d’Italia per violazione della normativa antitrust con provvedimento n. 55/2005. Il Tribunale ha dichiarato inammissibili le domande attoree in ragione del passaggio in giudicato della sentenza resa all’esito del giudizio di opposizione avverso un decreto ingiuntivo fondato sulla stessa fideiussione rilasciata dagli attori].