Al fine di garantire la stabilità delle decisioni del consiglio di amministrazione e di non paralizzare la gestione societaria, il legislatore limita il potere di impugnare la delibera contraria a legge o statuto, al collegio sindacale e agli amministratori assenti o dissenzienti. Al socio non è invece consentito impugnare la delibera contraria a legge o statuto, se non nel caso in cui la stessa sia lesiva dei suoi diritti, ossia quando comporta una lesione diretta, e non meramente riflessa, di un diritto soggettivo, patrimoniale o amministrativo (e non di un mero interesse), che appartiene al socio in ragione della partecipazione alla compagine sociale e quindi uti socii.
Il fatto che l’interesse che si assume leso sia un interesse pubblico oppure che il socio sia un ente pubblico non incide sulla disciplina dell’impugnabilità delle delibere del consiglio di amministrazione di una s.p.a., in quanto se l’ente pubblico sceglie di perseguire alcune delle proprie finalità istituzionali mediante partecipazione in una s.p.a., è sottoposto alla disciplina dettata dal codice civile per tale società. Nessuna deroga prevede, infatti, l’art. 4 comma 2 lett. c) del D. Lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), trattandosi di normativa che si limita ad individuare le condizioni alle quali le amministrazioni pubbliche possono acquistare e mantenere partecipazioni in società.