La sospensione dell’esecuzione delle deliberazioni assembleari configura una misura cautelare tipica a natura anticipatoria, i cui presupposti sono la presumibile fondatezza del vizio invalidante dedotto (fumus boni iuris) e l’accertamento, effettuato dal giudice con giudizio di carattere comparatistico, della prevalenza del pregiudizio illegittimamente subito dal ricorrente rispetto a quello che, legittimamente, potrebbe soffrire la società per effetto della sospensione della deliberazione oggetto di controversia (periculum in mora).
Sono impugnabili le deliberazioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno un interesse in conflitto con quello della società allorché: (i) la deliberazione possa recare un danno alla società; e (ii) la partecipazione del socio in conflitto sia stata determinante per l’adozione della deliberazione. In particolare, il conflitto di interessi consiste in una contrapposizione tra l’interesse particolare di uno dei soci e l’interesse della società, di modo che l’uno non possa essere salvaguardato senza l’altro. Pertanto, per integrare una situazione di conflitto di interessi non è sufficiente che il socio miri a realizzare mediante la deliberazione un proprio interesse personale, occorrendo anche che tale interesse si ponga obiettivamente in contrasto con quello della società e che la deliberazione sia idonea a ledere (anche potenzialmente) quest’ultimo interesse, non potendosi ravvisare incompatibilità di posizioni per il sol fatto che i soci abbiano un interesse in un’operazione parallela a quella oggetto della deliberazione.
L’abuso della maggioranza, causa di annullabilità di una deliberazione, deve interpretarsi nel senso che è consentito al socio di esercitare liberamente e legittimamente il diritto di voto per il perseguimento di un proprio interesse personale fino al limite dell’altrui potenziale danno. L’abuso della maggioranza legittima l’annullamento di una delibera allorquando la delibera medesima non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società, essendo il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse antitetico rispetto a quello sociale, ovvero sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari a danno dei soci di minoranza “uti singuli”. L’onere di provare l’abuso della maggioranza grava sul socio di minoranza che assume l’illegittimità della delibera.