L’art. 2476 comma 3 c.c. richiede, perché sia adottato, su richiesta anche del singolo socio, provvedimento cautelare di revoca dell’amministratore, che questi si sia reso responsabile di “gravi irregolarità nella gestione” (fumus boni iuris) e che l’attualità o la permanenza di tali comportamenti determini il rischio di un pregiudizio imminente ed irreparabile per l’interesse sociale (periculum in mora). Le gravi irregolarità possono essere costituite da violazioni di legge o di statuto anche solo potenzialmente foriere di danno per la società. Inoltre, sebbene la norma parli di irregolarità “di gestione”, non è dubbio che tale termine debba ritenersi comprensivo dell’inadempimento di tutti gli obblighi amministrativi che fanno capo all’amministratore per legge o per statuto, dunque non solo quelli strettamente gestionali, ma anche quelli relativi al funzionamento dell’organizzazione societaria, cioè gli adempimenti o atti di impulso concernenti i rapporti con i soci o con gli altri organi sociali, che gli amministratori sono tenuti a compiere per legge o per obbligo statutario [nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato una grave irregolarità comportante la revoca dell’amministratore nella delega totale dei compiti gestori ad un terzo per un lungo periodo di tempo senza alcuna valida giustificazione e in violazione degli oneri di minima diligenza incombenti sull’amministratore].