La tutela riconoscibile in capo al soggetto che abbia stipulato un contratto di fideiussione “a valle” di un’intesa illecita per violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a), della l. n. 287/1990, consiste di regola nella nullità parziale, limitata, cioè, alle sole clausole contrattuali dotate di effetti restrittivi della concorrenza, sul rilievo per cui tale nullità meglio si contempera col principio generale di conservazione del negozio giuridico. La regola dell’art. 1419 c.c., comma 1, cod. civ. insieme agli analoghi principi rinvenibili negli artt. 1420 e 1424 cod. civ., esprime il generale favore dell’ordinamento per la conservazione in quanto possibile degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale. Da ciò deriva il carattere eccezionale dell’estensione della nullità che colpisce la parte o la clausola all’intero contratto, con la conseguenza che è a carico di chi ha interesse a far cadere integralmente l’assetto di interessi programmato fornire la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, mentre resta precluso al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto. La nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, si estende, pertanto, all’intero contratto, o a tutta la clausola, solo ove l’interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.