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Responsabilità degli amministratori di diritto e di fatto di S.r.l.: BJR e onere della prova
La responsabilità dell’amministratore per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale, sicché, a fronte di somme fuoriuscite dall’attivo...

La responsabilità dell'amministratore per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale, sicché, a fronte di somme fuoriuscite dall'attivo della società, quest'ultima, nell'agire per il risarcimento del danno, può limitarsi ad allegare l'inadempimento, consistente nella distrazione di dette risorse, a dimostrare il danno e la sua derivazione causale dell’inadempimento che però è insita nel pagamento dedotto come distrattivo, mentre compete all'amministratore la prova del corretto adempimento e dunque della destinazione del patrimonio all'estinzione di debiti sociali, oppure allo svolgimento dell'attività sociale.
A fronte di comportamenti che ledono il patrimonio dell’ente e che appaiono contrari al suo obbligo di perseguire una corretta gestione societaria l’amministratore deve farsi carico di allegare e dimostrare di aver assunto la decisione di compiere l’operazione all’esito di un procedimento di corretta informazione e valutazione in relazione al tipo di operazione e all’incidenza sul patrimonio della società. La scelta dell’amministratore non è sindacabile soltanto quando le decisioni operative sono assunte secondo i principi di corretta gestione societaria e, quindi, quando gli atti di gestione (i) sono conformi alla legge e allo statuto sociale, (ii) non sono contaminati da situazioni di conflitto di interesse dei gestori, (iii) sono assunti all’esito di un procedimento di ricerca di informazioni propedeutiche alla decisione gestoria e (iv) sono razionalmente coerenti con le informazioni e le aspettative di risultato emerse dal procedimento istruttorio.
L’amministratore di fatto è il soggetto che, pur formalmente privo della qualifica di amministratore, non essendo stato nominato dall’assemblea, ne esercita sostanzialmente le funzioni decisorie, impartendo istruzioni nell’ambito della gestione della società e condizionando le scelte aziendali. L’amministratore di fatto viene positivamente individuato quando si realizza la compresenza dei seguenti elementi: (i) mancanza di un’efficace investitura assembleare; (ii) attività di gestione svolta in maniera continuativa, non episodica od occasionale; (iii) autonomia decisionale interna ed esterna, con funzioni operative e di rappresentanza. La prova della posizione di amministratore di fatto implica l’accertamento della sussistenza di una serie di indici sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive nell’attività gestionale della società con la diretta partecipazione alla gestione della vita dell’ente. Allo svolgimento di fatto di funzioni gestorie corrisponde il principio di responsabilità per danni eventualmente cagionati; all’amministratore di fatto si applica la medesima disciplina ex artt. 2392-2395, e 2476, c.c. in punto di responsabilità dell’amministratore di diritto per i danni arrecati nell’esercizio delle sue funzioni alla società, ai soci o ai terzi.

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Responsabilità dell’amministratore di s.r.l.: sui confini tra responsabilità per danno diretto e indiretto
Non compie un illecito gestorio che cagioni un danno diretto ai creditori (rilevante ex art. 2476, co. 7 c.c.) nella...

Non compie un illecito gestorio che cagioni un danno diretto ai creditori (rilevante ex art. 2476, co. 7 c.c.) nella forma tipica della stipula in frode l'amministratore che stipuli un contratto di appalto laddove la società non goda di particolare floridezza e l'esecuzione dell'appalto rallenti per poi cessare, ciò non essendo sufficiente a dimostrare che l'amministratore potesse essere consapevole all'atto della stipula del contratto che esso non avrebbe potuto essere onorato. Realizza viceversa un danno indiretto ai creditori (rilevante ex art. 2476, co. 6 c.c.) l'amministratore che prelevi indebitamente somme dalle casse sociali nel corso dell'esecuzione del contratto, ponendo così in essere atti di depauperamento del patrimonio della società, in tal modo resa incapiente e quindi impossibilitata a pagare i suoi debiti.

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Ordinanza di incompetenza e decorrenza della prescrizione dell’azione di responsabilità
In caso di ordinanza di incompetenza emessa dal tribunale – che ha natura definitoria del giudizio – dal momento in...

In caso di ordinanza di incompetenza emessa dal tribunale - che ha natura definitoria del giudizio - dal momento in cui tale provvedimento non sia più impugnabile (ovvero non sia stata eseguita, nei termini, la riassunzione del procedimento avanti al giudice competente), riprendono a decorrere i termini di prescrizione dell'azione di responsabilità verso gli organi amministrativi e di controllo.

Qualora il tribunale adito abbia dichiarato la propria incompetenza, ha perso il potere di conoscere e giudicare la lite; fanno eccezione soltanto casi eccezionali riconducibili al concetto di abnormità o inesistenza giuridica, non estendendosi però tali casi ad ipotesi in cui si riscontrino vizi attinenti al contenuto dell'ordinanza: quest'ultima, pertanto, sarà impugnabile secondo le azioni consentite dalla legge.

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Principi in tema di responsabilità degli amministratori
Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa l’individuazione e...

Nell'azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell'amministratore della stessa l'individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev'essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell'amministratore, che l'attore ha l'onere di allegare, onde possa essere verificata l'esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento. Nelle predette azioni la mancanza di scritture contabili della società, pur se addebitabile all'amministratore convenuto, di per sè sola non giustifica che il danno da risarcire sta individuato e liquidato in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l'attivo accertati in ambito fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno, ove ricorrano le condizioni perchè si proceda ad una liquidazione siffatta, purchè siano indicate le ragioni che non hanno permesso l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore e purchè il ricorso a detto criterio si presenti logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto. Discende che la sola mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili è circostanza in sé non dirimente, ma, in un quadro più complesso di gravi inadempienze, colora ulteriormente la condotta dell’amministratore (an) in termini di ampiezza, avvalorando la sussistenza di una condotta generalizzata idonea a porsi come causa del danno lamentato, suscettibile di essere liquidato per via equitativa ove la detta mancata o irregolare tenuta delle scritture sociali impedisca l’accertamento degli specifici effetti dannosi. In coerenza a ciò, il giudice, quando si avvalga del criterio equitativo per la quantificazione del danno, deve indicare le ragioni per le quali, da un lato, l’insolvenza sarebbe stata conseguenza delle condotte gestionali dell’amministratore e, dall’altro, l’accertamento del nesso di causalità materiale tra queste ultime ed il danno allegato sarebbe stato precluso dall’insufficienza delle scritture contabili sociali.

Nell'azione di responsabilità per mala gestio promossa nei confronti dell'amministratore, il danno risarcibile può essere determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare, quale plausibile parametro per una liquidazione equitativa, purché sia stato allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato e siano state indicate le ragioni che hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore.

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Principi in tema di responsabilità degli amministratori di società di capitali
L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, il che comporta l’onere, in capo...

L'azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, il che comporta l’onere, in capo all’attore, di provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi imposti.

In sede di verifica dell'adempimento da parte dell'amministratore al dovere di agire con la dovuta diligenza, comunque non possono essere sottoposte a sindacato di merito le scelte gestionali discrezionali compiute dagli amministratori, sempre che si tratti di scelte relative alla gestione dell'impresa sociale e, pertanto, caratterizzate dall'assunzione di un rischio, quali la cessione del ramo d'azienda in quanto tale, rientrando questa nell’estrinsecazione della libertà di gestione aziendale, ma è consentito denunciarne le modalità, se pregiudizievoli [nel caso in esame è stata individuata la colpa grave degli amministratori nella loro azione sia con riferimento alle modalità di cessione sia con riferimento all’inerzia nell’incasso / recupero del prezzo].

Gli amministratori, tutti, sono chiamati a svolgere, tra le altre, una funzione di vigilanza (cfr. art. 2392, comma 2, c.c.) e rispondono dei danni derivanti alla società dall’omissione al tale dovere. La funzione di vigilanza deve essere svolta con particolare scrupolo dai membri del Consiglio di Amministrazione a cui non sono delegate attività gestorie.

Poiché la legge consente all’amministratore privo di deleghe, in attuazione della propria funzione di vigilanza, di esaminare i documenti relativi all’amministrazione, compiere atti di ispezione, chiedere agli amministratori delegati di riferire in consiglio in merito all’andamento della società, dal mancato compimento di alcuna di queste attività e dal mancato controllo dell'operato dell'amministratore con deleghe da parte degli amministratori non esecutivi, con conseguente mancata limitazione del pregiudizio al patrimonio sociale, consegue la responsabilità solidale di questi ultimi per omessa vigilanza ai sensi degli artt. 2476 e 2392, comma 2, c.c..

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Legittimazione del socio ad impugnare le deliberazioni del consiglio di amministrazione e istanza cautelare di revoca dell’amministratore
L’art. 2388 c.c. quale principio generale dell’ordinamento in tema di sindacabilità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione che non sono...

L’art. 2388 c.c. quale principio generale dell’ordinamento in tema di sindacabilità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione che non sono prese in conformità della legge o dello statuto o lesive di diritti dei soci, è applicabile anche alle S.r.l.

La legittimazione del socio ad impugnare le deliberazioni del consiglio di amministrazione è espressamente limitata alla delibera consiliare non conforme a legge o statuto che arrechi pregiudizio alla sua sfera giuridica personale, andando ad incidere direttamente su un suo diritto individuale, amministrativo o patrimoniale, derivante dal contratto sociale e dalla sua posizione all’interno dell’organizzazione sociale che lo contrapponga alla società. Il socio non ha la legittimazione ad impugnare una delibera illegittima del consiglio di amministrazione limitandosi a lamentare un pregiudizio riflesso della lesione dell’interesse sociale connesso al mero status di socio, ma deve allegare che la delibera oggetto di impugnazione abbia effettivamente leso un suo diritto amministrativo o patrimoniale. L'esercizio del diritto di voto in assemblea non rientra nella categoria dei diritti soggettivi individuali che ove lesi legittimano il socio all’impugnazione della delibera del consiglio di amministrazione ai sensi dell’art. 2388 comma 4 c.c..

L’azione ex art. 2476, 3° comma, c.c. consente l’adozione di una misura cautelare tipizzata meramente strumentale e preventiva all’azione sociale di responsabilità prevista dal medesimo articolo, avente contenuto solo risarcitorio, dovendosi invero escludere l’esistenza nel merito, in favore del socio, di un diritto alla revoca che consenta di rimuovere definitivamente gli amministratori.

E' inammissibile la domanda cautelare di revoca dell’amministratore finalizzata ad ottenere una sentenza di revoca, che può invece essere richiesta soltanto in relazione all’azione di responsabilità sociale esercitata dalla minoranza, allorché – accanto al fumus del diritto al risarcimento del danno alla società – sussista l’ulteriore elemento della commissione di irregolarità gravi, tali da rendere verosimile l’aggravarsi del danno.

Deve ritenersi competente il tribunale ordinario a decidere su istanze cautelari in corso di causa fino a quando non intervenga la pronuncia declinatoria della competenza nel giudizio di merito.

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Azione sociale di responsabilità e competenza del Tribunale delle Imprese
In tema di azione sociale di responsabilità ex art. 2476 c.c. la competenza territoriale del Tribunale delle Imprese è da...

In tema di azione sociale di responsabilità ex art. 2476 c.c. la competenza territoriale del Tribunale delle Imprese è da ritenersi inderogabile, ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. 168/2003, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU. n. 19882/2019), e va determinata per relationem in base ai criteri ordinari di collegamento previsti dagli artt. 18 e 20 c.p.c. Tali criteri trovano applicazione sia ove la responsabilità dell’amministratore venga qualificata come contrattuale — in quanto fondata sul rapporto fiduciario e organico con la società (forum contractus e forum destinatae solutionis) — sia ove venga configurata come extracontrattuale — in quanto derivante da mala gestio lesiva del patrimonio sociale (forum commissi delicti e forum destinatae solutionis). In entrambe le ipotesi, il foro competente si individua nel locus in quo l’obbligazione è sorta o avrebbe dovuto essere adempiuta, coincidente con la sede sociale pro tempore vigente al momento della gestione contestata. È irrilevante, ai fini della competenza, il successivo trasferimento della sede sociale, ove temporalmente prossimo all’introduzione del giudizio, trattandosi di mutamento inidoneo a incidere sul forum competente, anche in ossequio al principio di prevenzione del forum shopping. L’eccezione di incompetenza territoriale, in quanto relativa a competenza inderogabile, può essere rilevata ex officio dal giudice, senza necessità di specifica contestazione da parte del convenuto, diversamente da quanto previsto per le ipotesi di competenza derogabile. Non è applicabile il foro delle controversie tra soci (art. 23 c.p.c.) qualora il convenuto sia evocato esclusivamente nella qualità di amministratore, non essendo la controversia idonea a incidere sul rapporto sociale.

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Responsabilità degli amministratori: Business Judgement Rule e quantificazione del danno
All’amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di...

All’amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di sua revoca, ma non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società. Ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, e quindi, l’eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità.

Il danno cagionato alla società non può essere quantificato nella perdita economica subita ex post in conseguenza del minor valore, rispetto ai costi sostenuti, di vendita degli immobili realizzati, dovendo essere limitato alla minor somma corrispondente al valore medio di vendita prevedibile al momento dell’assunzione della scelta gestoria, ai sensi dell’art. 1225 c.c. secondo cui “il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione”.

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Revoca cautelare dell’amministratore di s.r.l.
L’art. 2476 comma 3 c.c. richiede, perché sia adottato, su richiesta anche del singolo socio, provvedimento cautelare di revoca dell’amministratore,...

L’art. 2476 comma 3 c.c. richiede, perché sia adottato, su richiesta anche del singolo socio, provvedimento cautelare di revoca dell’amministratore, che questi si sia reso responsabile di “gravi irregolarità nella gestione” (fumus boni iuris) e che l’attualità o la permanenza di tali comportamenti determini il rischio di un pregiudizio imminente ed irreparabile per l’interesse sociale (periculum in mora). Le gravi irregolarità possono essere costituite da violazioni di legge o di statuto anche solo potenzialmente foriere di danno per la società. Inoltre, sebbene la norma parli di irregolarità “di gestione”, non è dubbio che tale termine debba ritenersi comprensivo dell’inadempimento di tutti gli obblighi amministrativi che fanno capo all’amministratore per legge o per statuto, dunque non solo quelli strettamente gestionali, ma anche quelli relativi al funzionamento dell’organizzazione societaria, cioè gli adempimenti o atti di impulso concernenti i rapporti con i soci o con gli altri organi sociali, che gli amministratori sono tenuti a compiere per legge o per obbligo statutario [nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato una grave irregolarità comportante la revoca dell’amministratore nella delega totale dei compiti gestori ad un terzo per un lungo periodo di tempo senza alcuna valida giustificazione e in violazione degli oneri di minima diligenza incombenti sull’amministratore].

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Presupposti per la concessione di un sequestro conservativo sui beni dell’amministratore della società di cui si afferma la responsabilità gestoria
Ai fini della concessione di un sequestro, premesso che il fumus boni iuris deve essere inteso quale prognosi di probabile...

Ai fini della concessione di un sequestro, premesso che il fumus boni iuris deve essere inteso quale prognosi di probabile esistenza del credito fatto valere e la motivazione del provvedimento di concessione deve dare conto degli elementi essenziali su cui si fonda il convincimento della ritenuta esistenza del credito, si deve ritenere che tale requisito sussista nel caso in cui sia chiesto un sequestro conservativo nei confronti di un amministratore di cui si afferma la responsabilità gestoria ex artt. 2392 e 2393 c.c. per aver concesso finanziamenti in conflitto di interessi a società, già in situazione di difficoltà finanziaria, di cui era a sua volta socio e amministratore, senza alcuna garanzia e al di fuori dell’oggetto sociale della finanziatrice. Deve sussistere, altresì, il requisito del periculum in mora, da intendersi non come timore “soggettivo” del creditore, ma come situazione oggettiva verificabile in dati esterni che rendano univoca la sussistenza di un pericolo reale; detto pericolo si ritiene sussistere nel caso in cui contro l’amministratore siano già state intentate altre azioni risarcitorie per il danno subito dalla società, con pericolo che nel tempo occorrente per il giudizio di merito la garanzia patrimoniale dell’amministratore contro cui è chiesto il sequestro si riduca

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Liquidazione controllata e azione di responsabilità dei creditori di s.r.l.
La domanda di responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali per danno indiretto, derivante dal depauperamento per mala gestio del...

La domanda di responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali per danno indiretto, derivante dal depauperamento per mala gestio del patrimonio sociale, oggi prevista espressamente per le s.r.l. dall’art 2476, comma 6, c.c., è una azione di carattere extracontrattuale, nella quale dunque incombe all’attore l’intero onere probatorio, esteso anche alla sussistenza dell’elemento della colpa o dolo dell’autore dell’illecito.

Il creditore della s.r.l. è legittimato ad esperire azione ex art. 2476, 6° comma, c.c. , pur in costanza di procedura di liquidazione controllata ai sensi del CCII, dal momento che non è prevista l’estensione a tale procedura del disposto dell’art. 255 C.C.I.I. e, dunque, il liquidatore nominato dal Tribunale non può esercitare le azioni previste dall’articolo in questione, fra le quali quella di cui all’art. 2476 comma 6 c.c.. Il disposto dell’art. 274 C.C.I.I., invece, riguarda le azioni recuperatorie, da esercitare in nome della società, relative ai beni e diritti della società, e non le azioni spettanti ai creditori.

Con riguardo alla prescrizione, l’emersione all’esterno (e quindi ai creditori sociali) della insufficienza del patrimonio alla soddisfazione dei debiti sociali, è presupposto indispensabile per il decorso della prescrizione secondo la regola generale dell’art. 2935 c.c.

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Limiti all’azione di revoca dell’amministratore di s.r.l.
La violazione dei doveri informativi verso il socio integranti di cui all’art. 2476 comma 1 c.c. riguarda solo l’interesse del...

La violazione dei doveri informativi verso il socio integranti di cui all’art. 2476 comma 1 c.c. riguarda solo l’interesse del socio, e non quello della società a beneficio della quale sola il socio è abilitato ad esercitare l’azione di revoca.

Ai fini dell'azione di revoca dell'amministratore di s.r.l. di cui all'art. 2476 c.c., le scelte dell’assemblea sono scelte proprie di essa e non esiste norma speculare all'art. 2476, ult. comma c.c. che permetta di addebitare all’amministratore le scelte assembleari, sol perché l’amministratore le abbia poste in discussione con l’indizione dell’assemblea.

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