Il danno derivante dal compimento di atti concorrenziali illeciti (siano essi tali per la violazione della clausola generale di cui all’art. 2598 c.c. ovvero di uno specifico patto negoziale) non può mai ritenersi
in re ipsa bensì, quale conseguenza diversa e ulteriore rispetto alla violazione, richiede di essere autonomamente provato secondo i principi generali in materia risarcitoria (cfr. Cass. n. 7306/2009 e, più recentemente, Cass. n. 25921/2015).
Da ciò consegue la necessità della prova quantomeno presuntiva sia dell’
eventus damni che delle sue conseguenze pregiudizievoli (patrimoniali e non), dedotte in causa, nella sfera giuridica del preteso danneggiato.
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