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Sui poteri dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l.
Il potere dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l. investito – ai sensi del relativo provvedimento di nomina del Giudice tutelare...

Il potere dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l. investito – ai sensi del relativo provvedimento di nomina del Giudice tutelare – di tutti gli adempimenti connessi all’attività societaria e alla sua gestione ordinaria e straordinaria quale rappresentante del beneficiario (che per l’effetto è da intendersi privato di ogni conseguente potere connesso e derivante dal ruolo e dalle cariche ricoperte nella indicata società), comprende tutti gli atti e le decisioni che beneficiario poteva assumere nell’ambito della società sia come socio, sia come amministratore.

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Imitazione servile e appropriazione di pregi altrui
In materia di violazione di segni distintivi non registrati e concorrenza sleale, la presenza di due marchi diversi, ben visibili,...

In materia di violazione di segni distintivi non registrati e concorrenza sleale, la presenza di due marchi diversi, ben visibili, inconfondibili e che non lasciano dubbi sulla diversa identità dei produttori, è sufficiente a differenziare il prodotto e ad escludere l’imitazione servile ex art. 2598, co. 1, n. 1 c.c..

Ai fini dell'accertamento dell’imitazione servile, la comparazione tra prodotti dev'essere compiuta non attraverso un esame analitico dei singoli elementi caratterizzanti, ma mediante una valutazione sintetica dei medesimi nel loro complesso, ponendosi dal punto di vista del consumatore, con la conseguenza che quanto minore è l’importanza merceologica del prodotto, tanto più la scelta può essere determinata da percezioni immediate e sollecitazioni sensoriali.

L'imitazione servile va distinta dalla condotta di appropriazione dei pregi altrui, contemplata all'art. 2598, co. 1, n. 2, c.c., la quale è integrata dal vanto operato da un imprenditore circa le caratteristiche della propria impresa, non realmente possedute bensì indebitamente mutuate da quelle di un altro imprenditore, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori.

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Invalidità della delibera assembleare per conflitto di interessi e abuso di maggioranza
Non sono sindacabili in sede giudiziaria i motivi del voto espresso dalla maggioranza dei soci di una società se non...

Non sono sindacabili in sede giudiziaria i motivi del voto espresso dalla maggioranza dei soci di una società se non nei limiti in cui – in violazione del principio di buona fede in senso oggettivo – la deliberazione sia preordinata al solo fine di perseguire esclusivamente interessi divergenti da quelli societari (conflitto di interessi) ovvero di ledere gli interessi degli altri soci (abuso di maggioranza).

L’abuso della regola di maggioranza è configurabile quando la delibera oggetto di impugnazione risulta arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero di ledere gli interessi degli altri soci. La relativa prova incombe sul socio di minoranza, il quale dovrà a tal fine indicare i sintomi di illiceità della delibera, deducibili non solo da elementi di fatto esistenti al momento della sua approvazione, ma anche da circostanze verificatesi successivamente, in modo da consentire al giudice di verificarne le reali motivazioni e accertare se effettivamente abuso vi sia stato.

L’abuso della regola di maggioranza (altrimenti detto abuso o eccesso di potere) è causa di annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando la deliberazione non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società – per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale –, oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli.

Ai fini dell’annullamento per conflitto di interessi ai sensi dell’art. 2373 c.c., è essenziale che la delibera sia idonea a ledere l’interesse sociale, inteso come l’insieme di quegli interessi che sono comuni ai soci, in quanto parti del contratto di società, e che concernono la produzione del lucro, la massimizzazione del profitto sociale (ovverosia del valore globale delle azioni o delle quote), il controllo della gestione dell’attività sociale, la distribuzione dell’utile, l’alienabilità della propria partecipazione sociale e la determinazione della durata del proprio investimento. Si ha conflitto di interessi rilevante quale causa di annullabilità delle delibere assembleari quando vi è un conflitto tra un interesse non sociale e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di società.

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Effetti sul giudizio della morte della parte convenuta dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni
La dichiarazione della morte della parte costituita a mezzo di difensore va ritenuta tempestiva e, quindi, suscettiva di provocare l’interruzione...

La dichiarazione della morte della parte costituita a mezzo di difensore va ritenuta tempestiva e, quindi, suscettiva di provocare l’interruzione ipso iure della causa, dovendosi interpretare la regola dettata sul punto dal combinato disposto degli artt. 300, co. 5, e 190 c.p.c. nel senso che la chiusura della discussione davanti al collegio va equiparata al momento in cui, dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, viene a scadere il termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Diversamente dall’ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore (caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell’eventualità della chiamata del terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo.

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Prededucibilità dei crediti ex art. 111 L.F.
Non è sufficiente perché il credito sia ammesso al concorso in prededuzione, che lo stesso abbia a maturare durante la...

Non è sufficiente perché il credito sia ammesso al concorso in prededuzione, che lo stesso abbia a maturare durante la pendenza di una procedura concorsuale, essendo presupposto indefettibile per il riconoscimento del detto rango, che la genesi dell’obbligazione sia temporalmente connessa alla pendenza della procedura medesima – ché in caso contrario tutti i crediti sorti nell’ambito dei rapporti di durata sarebbero prededucibili – e che, comunque, l’assunzione di tale obbligazione risulti dal piano e dalla proposta.

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Avviso di convocazione dell’assemblea nelle s.r.l.
Anche nelle s.r.l. l’indicazione della data dell’assemblea, così come prevista per le s.p.a. dall’art. 2379, co.3, c.c., quale disposizione applicabile...

Anche nelle s.r.l. l'indicazione della data dell'assemblea, così come prevista per le s.p.a. dall'art. 2379, co.3, c.c., quale disposizione applicabile in via estensiva alle s.r.l., costituisce presupposto minimo ed indefettibile del contenuto dell'avviso di convocazione.

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La registrazione in mala fede del marchio utilizzato per fini commerciali da un’azienda agricola
Secondo l’ordinario criterio di riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., l’onere di provare che un determinato marchio...

Secondo l'ordinario criterio di riparto dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare che un determinato marchio è stato registrato in mala fede ricade sul soggetto che ne affermi, per tale motivo, la nullità ai sensi dell'art. 25, lettera b), c.p.i.

L'onere probatorio in questione può ritenersi integrato a fronte della violazione di una legittima aspettativa altrui alla registrazione di quel segno non tutelata da diverse espresse disposizioni, in particolare allorché: a) la registrazione venga effettuata nella consapevolezza del fatto che altri, avendo il merito del valore del segno (ad es. per averlo concepito), fossero in procinto di registrarlo, rilevando al riguardo, sotto il profilo probatorio, i rapporti privilegiati tra il registrante (ad es. lavoratore subordinato o agente) e il danneggiato, qualora il primo abbia approfittato delle conoscenze così acquisite; b) si tratti di segno oggetto di preuso non puramente locale da parte di terzi, la cui notorietà sia in fieri; c) la registrazione venga effettuata al solo scopo di impedire che un terzo entri nel mercato.

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Il plagio parziale di un programma per elaboratore e la relativa commercializzazione di un software “clone”
La protezione del diritto d’autore riguardante programmi per elaboratori (il “software”, che rappresenta la sostanza creativa dei programmi informatici), al...

La protezione del diritto d'autore riguardante programmi per elaboratori (il "software", che rappresenta la sostanza creativa dei programmi informatici), al pari di quella riguardante qualsiasi altra opera, postula il requisito dell'originalità, occorrendo pertanto stabilire se il programma sia o meno frutto di un'elaborazione creativa originale rispetto ad opere precedenti, fermo restando che la creatività e l'originalità sussistono anche quando l'opera sia composta da idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell'opera stessa, purché formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti.

L'adattamento e la trasformazione di un programma al fine della sua utilizzazione in una versione più aggiornata costituisce plagio parziale del programma stesso, ai sensi dell'art. 64-bis l.d.a, e non una sua originale rielaborazione né una sua modificazione essenziale all'uso o utile al conseguimento dell'interoperabilità.

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Principi in materia di contratto sociale e responsabilità ex art. 1218 c.c. del socio per inadempimento degli obblighi nascenti dal rapporto societario
Il contratto sociale di cui all’art. 2247 c.c. è un contratto di natura associativa, caratterizzato dalla comunione di scopo e...

Il contratto sociale di cui all’art. 2247 c.c. è un contratto di natura associativa, caratterizzato dalla comunione di scopo e soggetto alla più generale disciplina codicistica in materia di obbligazioni e contratti, salvo laddove il legislatore abbia dettato una disciplina speciale, di carattere derogatorio, volta a regolare taluni aspetti più specifici del rapporto societario (come, ad esempio, in punto di domanda di risoluzione del contratto).  Al contratto di società si applica l’ordinaria disciplina in tema di adempimento, il quale deve essere perciò valutato alla stregua del parametro della diligenza di cui all’art. 1176 c.c.  In particolare, con la conclusione del contratto di società nascono, in capo al socio e nei confronti della controparte contrattuale, una serie di obblighi di fedeltà, lealtà, ma soprattutto, di diligenza e correttezza inerenti alla natura fiduciaria del rapporto societario.

Costituiscono gravi inadempienze al contratto sociale e, pertanto, fonte di responsabilità ex art. 1218 c.c., sia le condotte del socio che risultano idonee ad impedire il raggiungimento dello scopo sociale, sia quelle che abbiano inciso negativamente sulla situazione della società, tanto da rendere anche solo meno agevole il conseguimento delle finalità sociali.  Ad esempio, costituiscono gravi inadempimenti l’omissione di ogni collaborazione nella conduzione dell’esercizio sociale, il compimento di atti ostruzionistici alla normale gestione societaria e il porre in essere atti di concorrenza sleale nei confronti della società.

Il comportamento del socio che ponga in essere atti di concorrenza sleale e storno di dipendenti, oltre a costituire grave inadempimento al contratto sociale (e, quindi, assumere rilevanza sotto il profilo contrattuale), integra anche gli estremi, oggettivi e soggettivi, della responsabilità extracontrattuale, sia per violazione del generale principio del neminem laedere, sia a titolo di concorrenza sleale di cui all’art. 2598, nn. 2 e 3, c.c.

Le regole speciali dettate dal codice civile in materia di contratto di società precludono la possibilità di pronunciare, con riguardo a tale tipologia contrattuale, la risoluzione di cui agli artt. 1453 ss. c.c. in quanto le norme sull’esclusione del socio per gravi inadempienze, di cui agli artt. 2286 e 2287 c.c., hanno carattere speciale e sostitutivo del rimedio della risoluzione per inadempimento previsto dagli artt. 1453 ss. c.c., inapplicabile al contratto di società per essere quest’ultimo caratterizzato non già dalla corrispettività delle prestazioni dei soci, bensì dalla comunione di scopo. Pertanto, in caso di inadempimento del socio al contratto sociale, il rimedio tipico è quello della esclusione del socio inadempiente.

Nei contratti consociativi, quali quello di società, caratterizzati non dalla biunivocità dei rapporti e dalla corrispettività delle prestazioni, bensì dalla circolarità dei rapporti e dalla destinazione delle prestazioni al perseguimento dello scopo comune, non risultano utilizzabili i rimedi generali dettati in tema di inadempimento contrattuale (in particolare, risoluzione del contratto ed exceptio inadimpleti contractus) ma solo i diversi rimedi del recesso e dell’esclusione dei soci.

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Requisiti per l’esercizio del diritto di recesso da società soggetta a direzione e coordinamento
Il diritto di recesso del socio di società diretta a direzione e coordinamento può essere esercitato, ai sensi dell’art. 2497-quater,...

Il diritto di recesso del socio di società diretta a direzione e coordinamento può essere esercitato, ai sensi dell’art. 2497-quater, comma 1, lett c), c.c., in presenza di tre precisi requisiti: il cambio della situazione di controllo, la mancanza di una offerta per l’acquisto della partecipazione dei soci di minoranza e l’alterazione delle condizioni di rischio dell'investimento. In particolare, la sussistenza del requisito dell’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento deve essere valutata sia sotto il profilo temporale, avendo riguardo al momento in cui si realizza il cambio di controllo sia in chiave prospettica, tenendo conto che occorre che il mutamento abbia determinato (o rischi in concreto di determinare) un impatto negativo sull'equilibrio patrimoniale e finanziario della società e/o sul valore della partecipazione e/o sulle prospettive reddituali della società eterodiretta, e di conseguenza, sulle aspettative reddituali che il socio nutriva prima di questo cambiamento.

Inoltre, in ossequio ai principi generale dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., è colui che agisce giudizialmente per far dichiarare la legittimità del proprio recesso a dover fornire la prova della sussistenza dei presupposti prescritti dalla legge e, in particolare, il sopravvenuto effettivo mutamento delle condizioni di rischio in ragione del cambio del soggetto esercente l’attività di direzione e coordinamento.

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Transazione pro quota e debito risarcitorio
Nel caso di transazioni aventi natura parziale, in quanto riferite alle sole quote ideali di responsabilità imputabili ai convenuti transigenti...

Nel caso di transazioni aventi natura parziale, in quanto riferite alle sole quote ideali di responsabilità imputabili ai convenuti transigenti rispetto al complessivo debito risarcitorio gravante, in via solidale, su tutti i convenuti in relazione ai titoli dedotti a sostegno della domanda risarcitoria, ai sensi dell’art. 1304 c.c., la transazione concerne non l’intera situazione controversa e l’intero debito solidale, bensì esclusivamente la quota interna del condebitore solidale che sottoscrive; pertanto, la transazione non pregiudica le pretese del danneggiato creditore nei confronti di tutti gli altri condebitori solidali estranei alla transazione, salva la riduzione dell’intero debito in ragione delle quote transatte.

La natura parziale (o pro quota) della transazione rileva, pertanto, sotto un duplice profilo: da un lato, impedisce ai convenuti non transigenti di profittare della transazione ai sensi dell’art. 1304 c.c.; dall’altro, ha per effetto di ridurre il debito risarcitorio gravante sugli altri convenuti dell’importo corrispondente alle quote di responsabilità imputabili ai condebitori solidali transigenti, nel caso in cui l’importo corrispettivo da ciascuno di essi, in sede transattiva, risulta considerevolmente inferiore rispetto alla quota ideale a carico dei predetti convenuti transigenti.

La transazione pro quota è tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva rispetto al debitore che vi aderisce e, tenuto conto del fatto che essa non può né condurre ad un incasso superiore rispetto all’ammontare complessivo del credito originario, né determinare un aggravamento della posizione dei condebitori rimasti ad essa estranei, neppure in vista del successivo regresso nei rapporti interni, è giocoforza pervenire alla conclusione che il debito residuo dei debitori non transigenti è destinato a ridursi in maniera corrispondente all’ammontare di quanto pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito.

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