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La liquidazione della quota del socio defunto nelle società di persone
I soci di una s.a.s. possono decidere di riprodurre in statuto il disposto dell’art. 2284 c.c. sia per il caso...

I soci di una s.a.s. possono decidere di riprodurre in statuto il disposto dell’art. 2284 c.c. sia per il caso di decesso del socio accomandatario, sia per il caso di decesso del socio accomandante, con la conseguenza che né gli eredi del socio accomandante, né gli eredi del socio accomandatario subentrano nella posizione del defunto nell’ambito della società, ma hanno diritto solo alla liquidazione della quota del loro dante causa, salvo diverso accordo con gli altri soci in ordine alla continuazione della società. In tal caso, la morte del socio produce, come effetto ex lege, lo scioglimento del rapporto tra tale socio e la società, con conseguente obbligo di liquidazione della quota.

Una volta che il socio superstite abbia optato per l’offerta agli eredi della liquidazione della quota appartenuta al defunto secondo le modalità previste dall’art. 2289 c.c., il diritto di credito degli eredi del socio deceduto è indifferente alle successive vicende della società.

La liquidazione della quota deve essere fatta dalla società, che è l’unico debitore. La società di persone, infatti, ancorché priva di personalità giuridica, è dotata di autonoma soggettività giuridica, quale autonomo centro di imputazione di rapporti attivi e passivi.

L’art. 2284 c.c. fa salva la contraria disposizione del contratto sociale. In particolare, i soci possono introdurre nell’atto costitutivo la clausola di consolidazione; essa prevede che, in caso di morte del socio, la quota del de cuius si accresca in proporzione ai soci superstiti, i quali sono obbligati a liquidare la quota all’erede. Gli elementi essenziali della clausola di consolidazione impura sono pertanto i seguenti: la quota del socio defunto si accresce automaticamente ai soci superstiti, in proporzione alle quote di partecipazione al capitale sociale da ciascuno possedute; i soci superstiti sono obbligati a liquidare la quota agli eredi entro il termine di sei mesi.

L’onere di provare il valore della quota del socio defunto di una società di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in società, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della società, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento. Spetta pertanto al socio superstite dimostrare quale fosse la situazione patrimoniale, nel giorno in cui si è verificato il decesso, mediante la produzione in giudizio delle scritture contabili della società.

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Limiti operativi della compensazione di un rapporto debito-credito nei confronti del fallimento
Un terzo in bonis non può eccepire, ai sensi dell’art. 56 l. fall., la compensazione tra un proprio debito verso...

Un terzo in bonis non può eccepire, ai sensi dell’art. 56 l. fall., la compensazione tra un proprio debito verso il fallito con un credito, scaduto anteriormente alla dichiarazione di fallimento, di cui però il primo sia divenuto titolare, per atto di cessione tra vivi, dopo l’apertura del concorso. L’art. 56 l. fall rinviene la sua ratio in esigenze di equità e di giustizia sostanziale e mira ad evitare che il titolare di un credito e di un debito nei confronti del fallimento sia costretto a pagare integralmente il proprio debito e sia esposto al rischio di realizzare a sua volta il proprio credito in moneta fallimentare, subendo la relativa falcidia, introducendo una chiara deroga alla regola della par condicio creditorum. In ragione di tale deroga, si impone un’interpretazione restrittiva dell’art. 56 l. fall. L’art. 56, co. 1, l. fall. consente la compensazione, ancorché il credito non sia scaduto al momento del fallimento, prescindendo dal requisito dell’esigibilità, a condizione che il fatto genetico delle obbligazioni da ambedue i lati sia anteriore alla declaratoria di fallimento; deve cioè sussistere il carattere di reciprocità di debito e credito.

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L’eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto ex art. 2467, co. 2, c.c.
Per la valutazione della sussistenza dell’eccessivo squilibrio fra patrimonio netto e indebitamento di cui all’art. 2467, co. 2, c.c., occorre...

Per la valutazione della sussistenza dell’eccessivo squilibrio fra patrimonio netto e indebitamento di cui all’art. 2467, co. 2, c.c., occorre richiamare i criteri principali e normativamente giustificati di cui agli artt. 2412 c.c. e 2545 quinquies c.c., che fanno riferimento ad un rapporto fra indebitamento e patrimonio netto, nel senso che la prima sembra suggerire che un rapporto fino al doppio (indebitamento rispetto a patrimonio netto) possa considerarsi fisiologico, mentre la seconda che un rapporto oltre il quadruplo non lo sia, restando inteso che detti rapporti sono misurati su patrimoni netti positivi (con la conseguenza che un patrimonio netto negativo comporta in ogni caso uno squilibrio eccessivo ai fini dell’art. 2467 comma 2 c.c.).

L’art. 2467 c.c., nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, prevedeva due diverse discipline riguardanti il rimborso del finanziamento al socio. La prima di carattere generale, espressione di una regola sostanziale operante anche durante la vita della società, la quale rende inesigibile il credito del socio finanziatore, quando riguardi apporti eseguiti nelle condizioni previste dalla norma, e fintanto che tale situazione non receda; la seconda delineava uno strumento speciale, applicabile ai finanziamenti eseguiti in presenza delle condizioni di cui al comma 2, se restituiti nell’anno anteriore al Fallimento.

L’azione infrannuale di restituzione di cui al testo previgente dell’art. 2467 c.c. spetta in via esclusiva al fallimento ed è assistita da una presunzione legale che esclude la necessità di provare in concreto che anche la restituzione, oltre che il finanziamento, sia avvenuta nel permanere delle condizioni di cui all’art. 2467, co. 2, c.c.

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Contraffazione di modelli comunitari e percezione generale dell’utilizzatore informato
Ai fini dell’accertamento di una contraffazione di modelli o disegni comunitari, il confronto va effettuato tra i modelli o i...

Ai fini dell’accertamento di una contraffazione di modelli o disegni comunitari, il confronto va effettuato tra i modelli o i disegni così come sono stati registrati, indipendentemente dalla loro realizzazione, ed i prodotti in asserita contraffazione. Quest’ultima potrà, quindi, dirsi sussistente qualora l’impressione generale d’insieme, suscitata nel cd. utilizzatore informato, circa l’aspetto complessivo dei prodotti sia la medesima rispetto a quella suscitata dai modelli o dai disegni registrati. In particolare gli elementi che assumono maggior peso, nell’ambito della predetta percezione generale, sono dati dalla forma peculiare dei prodotti ovvero da quegli aspetti più visibili ed innovativi degli stessi; mentre sono da considerarsi meno rilevanti quegli elementi che presentano delle forme più classiche, perciò meno idonee a produrre nell’utilizzatore informato un’impressione generale diversa da quella creata dai modelli o dai disegni protetti.

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Applicabilità dell’art. 2467 c.c. alla s.p.a. Responsabilità precontrattuale
Nelle controversie relative a cessioni di quote di società estere in cui di discute dell’esatta esecuzione del contratto risulta applicabile...

Nelle controversie relative a cessioni di quote di società estere in cui di discute dell’esatta esecuzione del contratto risulta applicabile non già la lex societatis, ma la lex contractus. Pertanto, relativamente alle problematiche relative all’accertamento dell’esistenza e all’esatta esecuzione del contratto di cessione di partecipazioni è applicabile il Regolamento CE n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.

L'art. 2467 c.c. è applicabile alle s.p.a. chiuse con una struttura societaria ristretta o familiare, dove i soci finanziatori hanno accesso alle stesse informazioni dei soci di una s.r.l., rendendo il loro credito postergabile in caso di squilibrio finanziario della società.

In tema di responsabilità precontrattuale, il danno risarcibile è limitato al solo interesse negativo, costituito dal pregiudizio subito per aver fatto affidamento sulla conclusione del contratto, senza includere il risarcimento per i danni che sarebbero stati evitati o i vantaggi mancati se il contratto fosse stato validamente concluso ed eseguito.

La responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. può essere riconosciuta quando le trattative vengano interrotte senza giustificato motivo, causando un danno alla controparte, anche se il contratto non viene concluso.

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Intestazione fiduciaria di quote sociali e onere della prova
L’intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie è un contratto che determina un’interposizione reale di persona, in cui il trasferimento della proprietà,...

L'intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie è un contratto che determina un'interposizione reale di persona, in cui il trasferimento della proprietà, pur effettivo e reale, è strumentale al perseguimento degli interessi del fiduciante, essendo l'attività del fiduciario svolta nell'interesse del fiduciante.

Il patto fiduciario, al pari dei negozi traslativi delle azioni o quote che lo realizzano, è sempre a forma libera, non rilevando affatto se la società abbia, nel suo patrimonio, beni immobili.

La prova dell’intestazione fiduciaria di partecipazioni può essere offerta anche per testimoni o per presunzioni, ossia mediante l’introduzione in giudizio di fatti gravi, precisi e concordanti che inducano a desumere che il trasferimento delle partecipazioni fosse funzionale al perseguimento degli interessi del fiduciante e che i diritti connessi alla titolarità delle partecipazioni siano stati esercitati solo formalmente dai fiducianti, i quali abbiano agito su direttiva o per conto del fiduciante. La prova testimoniale è ammessa persino allorquando il negozio fiduciario abbia ad oggetto diretto beni immobili, avendo chiarito che anche in relazione al patto fiduciario con oggetto immobiliare non è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario.

La prova testimoniale deve avere ad oggetto fatti concreti specifici, determinati nel loro contesto spazio temporale, utili a contestualizzare le modalità di conclusione del negozio fiduciario, il contesto nel quale è avvenuto, le parti presenti, il contenuto specifico delle clausole convenute tra le parti. La richiesta di provare per testimoni un fatto esige, cioè, non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova e alla controparte la preparazione di un'adeguata difesa, non essendo possibile demandare al teste di provare l’esistenza di un negozio fiduciario mediante una generica dichiarazione, che lo inviti semplicemente a confermare l’esistenza di un patto fiduciario in quanto tale, senza offrire alcun elemento utile a ricostruire la vicenda storica che avrebbe dato origine al patto stesso.

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La natura onerosa dell’incarico di amministrazione
L’incarico di amministratore, naturalmente oneroso, è tale anche quando sia prevista una clausola statutaria che attribuisca agli amministratori un compenso...

L’incarico di amministratore, naturalmente oneroso, è tale anche quando sia prevista una clausola statutaria che attribuisca agli amministratori un compenso determinato dall’assemblea all’atto della nomina e ciò nonostante l’assemblea mai abbia deliberato sul punto. Spetta all’amministratore provare l’attività svolta, per fornire gli elementi di giudizio necessari a determinare il giusto compenso a lui spettante.

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Non è legittimato ad esperire azione di contraffazione il custode non titolare del marchio
L’azione di contraffazione esula dai poteri attribuiti al Custode il quale è legittimato ad agire o resistere nei soli giudizi...

L’azione di contraffazione esula dai poteri attribuiti al Custode il quale è legittimato ad agire o resistere nei soli giudizi concernenti l’amministrazione di tali beni o la loro conservazione in relazione ad atti da lui posti in essere o attinenti a fatti verificatisi in pendenza della custodia.

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Natura extracontrattuale dell’azione di responsabilità dell’amministratore nei confronti del socio
L’azione di cui all’art. 2476, comma 7, c.c. ha natura extracontrattuale ed incombe, dunque, sul ricorrente, non solo l’onere di...

L’azione di cui all’art. 2476, comma 7, c.c. ha natura extracontrattuale ed incombe, dunque, sul ricorrente, non solo l'onere di dimostrare il carattere illecito delle condotte, l’imputabilità delle stesse a parte resistente, e la sussistenza del nesso causale tra le condotte ed il danno patito, ma anche quello di provare e quantificare il paventato credito risarcitorio.

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Brevetto europeo: correzione dell’errore e nullità per carenza di attività inventiva
Secondo la regola 139 EPC gli errori linguistici, gli errori di trascrizione e gli errori in qualsiasi documento depositato presso...

Secondo la regola 139 EPC gli errori linguistici, gli errori di trascrizione e gli errori in qualsiasi documento depositato presso l'EPO possono essere corretti su richiesta; tuttavia, se la richiesta di tale correzione riguarda la descrizione, le rivendicazioni o i disegni, la correzione deve essere evidente nel senso che è immediatamente evidente che non si sarebbe inteso altro che ciò che viene offerto come correzione. Affinché una correzione nella descrizione, nelle rivendicazioni o nei disegni sia ammissibile si applica un approccio in due fasi. Occorre accertare che (i) è evidente che nel documento depositato presso l’ EPO è di fatto presente un errore e che (ii) la correzione dell’ errore è evidente nel senso che è immediatamente evidente che null’altro si sarebbe inteso rispetto a quanto offerto come correzione. Ai fini dell’ammissibilità della correzione dell’errore, in altre parole, una persona esperta, deve essere in grado di riconoscere oggettivamente e inequivocabilmente le informazioni errate utilizzando le conoscenze generali comuni.

Il brevetto deve ritenersi nullo per carenza di attività inventiva, quando descrive una soluzione tecnica irrealizzabile. Il requisito dell’attività inventiva, infatti, deve essere valutato in rapporto al problema tecnico che il brevetto si propone di risolvere, nel senso che ai fini della validità della privativa non è sufficiente una qualsiasi attività inventiva, ma è necessaria un’attività inventiva che, rispetto all’arte nota (closest prior art), porti ad un'invenzione che sia funzionale alla risoluzione del problema tecnico oggettivo.

L’ intervenuta scadenza del brevetto non travolge l’interesse ad agire in via giudiziale per ottenere una pronuncia dichiarativa della nullità della privativa con riferimento al periodo temporale anteriore alla scadenza del titolo, a maggior ragione nei casi in cui sia proposta, in via riconvenzionale, anche la domanda di contraffazione, rispetto alla quale la decisione sulla validità rappresenta un accertamento preliminare indispensabile, utile e giuridicamente apprezzabile.

 

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Revoca cautelare dell’amministratore di s.n.c.
Ai fini della revoca cautelare dell’amministratore è sufficiente che la sua condotta esponga il patrimonio sociale al rischio di un...

Ai fini della revoca cautelare dell’amministratore è sufficiente che la sua condotta esponga il patrimonio sociale al rischio di un pregiudizio attuale e concreto, non essendo necessario il verificarsi di un danno effettivo ma sufficiente anche il solo pericolo che la permanenza dell’amministratore in carica possa esporre la società al concreto rischio di subire danni in futuro.

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