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Non è legittimato ad esperire azione di contraffazione il custode non titolare del marchio
L’azione di contraffazione esula dai poteri attribuiti al Custode il quale è legittimato ad agire o resistere nei soli giudizi...

L’azione di contraffazione esula dai poteri attribuiti al Custode il quale è legittimato ad agire o resistere nei soli giudizi concernenti l’amministrazione di tali beni o la loro conservazione in relazione ad atti da lui posti in essere o attinenti a fatti verificatisi in pendenza della custodia.

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Diritti autorali del fotografo e fotografie pubblicate sui social networks
L’interesse pubblico alla pubblicazione su testate giornalistiche limita i diritti esclusivi dell’autore della fotografia, che non può opporsi alla sua...

L’interesse pubblico alla pubblicazione su testate giornalistiche limita i diritti esclusivi dell’autore della fotografia, che non può opporsi alla sua riproduzione e diffusione, ma ha diritto ad un equo compenso; conseguentemente, la testata giornalistica che intenda pubblicare una fotografia ritraente un personaggio di attualità deve chiedere preventiva autorizzazione al suo autore, ove noto.

Non giova la presunzione di titolarità dei diritti autorali connessi alla pubblicazione del contenuto digitale in capo al titolare del profilo social, se la pubblicazione è avvenuta ab origine sul profilo FB di terzi e non dell’autore della fotografia.

La mala fede non è equiparabile a negligenza e denota un atteggiamento psicologico intenzionalmente malevolo. Pertanto, non può dirsi avvenuto in mala fede il download di fotografia apparsa su profilo FB di soggetti terzi senza digital watermarks, se non dimostrando che all’epoca della pubblicazione il riproduttore già conosceva che altri era l’autore della fotografia, con onere della prova a carico di quest’ultimo.

Non può avere rilievo, ai fini della prova della mala fede del riproduttore ai sensi dell’art. 90 cit., che la parte, scaricando il contenuto IP apparso su profilo social di terzi, non abbia richiesto previamente l’autorizzazione del titolare del profilo; né l’eventuale accettazione del rischio di ledere i diritti di terzi (in ipotesi il titolare del profilo FB) equivale a male fede nei confronti dell’autore della fotografia.

Nulla provano sulla malafede del riproduttore gli eventuali accordi che la parte abbia successivamente raggiunto con le altre testate giornalistiche che, parimenti, pubblicarono la fotografia senza il suo consenso.

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Danno da perdita di chance per intese anticoncorrenziali: è necessaria la prova di un pregiudizio certo
La perdita di chance costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo, anche se non...

La perdita di chance costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo, anche se non nel suo ammontare, consistente nella perdita di una possibilità attuale ed esige la prova, anche presuntiva, purché fondata su circostanze specifiche e concrete dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, della sua attuale esistenza.

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Brevetto europeo: correzione dell’errore e nullità per carenza di attività inventiva
Secondo la regola 139 EPC gli errori linguistici, gli errori di trascrizione e gli errori in qualsiasi documento depositato presso...

Secondo la regola 139 EPC gli errori linguistici, gli errori di trascrizione e gli errori in qualsiasi documento depositato presso l'EPO possono essere corretti su richiesta; tuttavia, se la richiesta di tale correzione riguarda la descrizione, le rivendicazioni o i disegni, la correzione deve essere evidente nel senso che è immediatamente evidente che non si sarebbe inteso altro che ciò che viene offerto come correzione. Affinché una correzione nella descrizione, nelle rivendicazioni o nei disegni sia ammissibile si applica un approccio in due fasi. Occorre accertare che (i) è evidente che nel documento depositato presso l’ EPO è di fatto presente un errore e che (ii) la correzione dell’ errore è evidente nel senso che è immediatamente evidente che null’altro si sarebbe inteso rispetto a quanto offerto come correzione. Ai fini dell’ammissibilità della correzione dell’errore, in altre parole, una persona esperta, deve essere in grado di riconoscere oggettivamente e inequivocabilmente le informazioni errate utilizzando le conoscenze generali comuni.

Il brevetto deve ritenersi nullo per carenza di attività inventiva, quando descrive una soluzione tecnica irrealizzabile. Il requisito dell’attività inventiva, infatti, deve essere valutato in rapporto al problema tecnico che il brevetto si propone di risolvere, nel senso che ai fini della validità della privativa non è sufficiente una qualsiasi attività inventiva, ma è necessaria un’attività inventiva che, rispetto all’arte nota (closest prior art), porti ad un'invenzione che sia funzionale alla risoluzione del problema tecnico oggettivo.

L’ intervenuta scadenza del brevetto non travolge l’interesse ad agire in via giudiziale per ottenere una pronuncia dichiarativa della nullità della privativa con riferimento al periodo temporale anteriore alla scadenza del titolo, a maggior ragione nei casi in cui sia proposta, in via riconvenzionale, anche la domanda di contraffazione, rispetto alla quale la decisione sulla validità rappresenta un accertamento preliminare indispensabile, utile e giuridicamente apprezzabile.

 

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La tutela autorale di una banca dati non è riconosciuta in caso di mancata estrazione e reimpiego della stessa
Ai sensi dell’art. 102 bis l.d.a. colui che effettua investimenti finalizzati alla realizzazione di una banca di dati è definito...

Ai sensi dell’art. 102 bis l.d.a. colui che effettua investimenti finalizzati alla realizzazione di una banca di dati è definito dalla legge il costitutore (art. 102-bis, comma 1 lett. a) l.d.a.), ed è titolare di un diritto sui generis ovvero può “vietare le operazioni di estrazione ovvero reimpiego della totalità o di una parte sostanziale della stessa”, salvi ovviamente i diritti già esistenti sul contenuto della raccolta o parti di esso” (art. 102-bis, comma 3, l.d.a.).

L’art. 102 bis comma 9 l.d.a. vieta anche l'estrazione e/o il reimpiego di parti non sostanziali qualora dette operazioni siano ripetute in maniera sistematica purché ciò presupponga:
a) operazioni contrarie alla normale gestione della banca dati, oppure
b) tali da arrecare un pregiudizio ingiustificato ai legittimi interessi del costitutore.
Tale diritto sui generis ha lo scopo di assicurare la tutela di un investimento rilevante da un punto di vista qualitativo e quantitativo effettuato per costituire, verificare o presentare il contenuto di una banca di dati per la durata limitata del diritto.
La durata della tutela è fissata in quindici anni a partire dall’effettuazione dell’investimento rilevante, in termini qualitativi e quantitativi, che deve essere riferito alla creazione di sistemi di memorizzazione e gestione di informazioni esistenti.
Ogni investimento "sostanziale" diretto ad integrare o modificare la stessa banca dati determina la decorrenza di un nuovo termine di quindici anni, giacché è la portata qualificante di tale investimento a conferire alla banca dati esistente una nuova veste, che giustifica un nuovo periodo di protezione.

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Storno di dipendenti: indici sintomatici dell’illecito
Il passaggio di dipendenti/collaboratori da un’impresa ad un’altra non è di per sé solo elemento sufficiente ad integrare l’ipotesi di...

Il passaggio di dipendenti/collaboratori da un’impresa ad un’altra non è di per sé solo elemento sufficiente ad integrare l’ipotesi di cui all’art. 2598 n. 3 c.c., costituendo espressione dei principii di rilevanza costituzionale di libera circolazione del lavoro (artt. 4 e 36 Cost.) e di libertà d'iniziativa economica (art. 41 Cost.).

La condotta di storno di dipendenti è illecita solo se attuata con l’intento di disgregare l’altrui organizzazione produttiva, ossia se connotata da animus nocendi, che deve essere desunto da elementi oggettivi e posta in essere con modalità del tutto inconciliabili con i principi di correttezza professionale, se non supponendo in capo all'autore il proponimento di arrecare un serio danno al grado di competitività dell’impresa stornata concorrente, disgregando in modo traumatico l'efficienza dell'organizzazione aziendale del competitore e procurandosi un vantaggio competitivo indebito

Costituiscono indici sintomatici dell’illecito in parola ex art. 2598 n.3 c.c.: 1) la quantità dei soggetti stornati; 2) la portata dell’organizzazione complessiva dell’impresa concorrente; 3) la posizione ricoperta dai dipendenti stornati, in ragione delle mansioni svolte e del loro grado di specializzazione; 4) la non facile e tempestiva sostituibilità dei lavoratori; 5) l’induzione a violare l’obbligo di fedeltà e di non concorrenza; 6) l’idoneità di tale atto a compromettere lo svolgimento ordinario dell’attività concorrente; 7) l’utilizzo di mezzi contrari alla correttezza professionale (tra i quali il compimento di attività denigratorie o la sottrazione di dati riservati)

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Segreto commerciale, imitazione servile e tutela autoriale: limiti di campo
Non è invocabile la tutela per i segreti commerciali contenuta agli artt. 98 e 99 del c.p.i. per informazioni aziendali...

Non è invocabile la tutela per i segreti commerciali contenuta agli artt. 98 e 99 del c.p.i. per informazioni aziendali riconducibili a soluzioni e componenti standard, utilizzate anche da altri produttori concorrenti, riproducibili mediante reverse engineering.

L’impiego di componenti esteriori acquistati da un fornitore comune ad un concorrente, per la realizzazione di prodotti finali simili, non integra ipotesi di imitazione servile ex art. 2598 n.1 c.c. qualora: i componenti identici impiegati appaiano banali e standardizzati, utilizzati da tutti i produttori del settore; i prodotti finali integrino altresì differenti modelli dei componenti forniti dal medesimo fornitore oppure relativi agli aspetti di maggior dettaglio e di specifica implementazione tecnica.

La presenza nel catalogo prodotti o nel libretto di istruzioni di testi, grafici e fotografie estremamente simili – se non identiche – al catalogo di un concorrente, non è illecita laddove le fotografie non definiscono né incorporano alcun know-how del concorrente, e, in sé, non costituisce violazione dell’opera dell’ingegno altrui, in quanto la tutela autoriale non ha ad oggetto il contenuto del catalogo o del libretto di istruzioni, quanto piuttosto la sua forma espressiva.

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Il margine di libertà deve essere valutato alla luce dei vincoli di progettazione
Nel giudizio di interferenza, la valutazione dell’ampiezza del margine di libertà – che attiene in sé alla valutazione del carattere...

Nel giudizio di interferenza, la valutazione dell’ampiezza del margine di libertà – che attiene in sé alla valutazione del carattere di individualità richiesto per la validità della registrazione – induce a tener conto dell’esistenza di vincoli di progettazione specifici che attengano alla particolare tipologia di prodotto e si connettono all’esistenza di caratteristiche imposte dalla peculiare funzione tecnica del prodotto, eventualmente derivanti anche da prescrizioni legislative.

Il danno da lucro cessante va calcolato tenendo conto dell’utile marginale
Il titolare del diritto di privativa leso può chiedere di essere ristorato del danno patito invocando il criterio costituito dal margine di utile del titolare del brevetto applicato al fatturato dei prodotti contraffatti, realizzato dal contraffattore, di cui all'art. 125 c.p.i., alla luce del quale il danno va liquidato sempre tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando l’effettivo margine di profitto conseguito, previa, quindi, deduzione dei costi sostenuti dal ricavo totale.
Il danno da lucro cessante, invero, corrisponde al mancato guadagno o profitto del titolare della privativa, dato dalla differenza tra i flussi di vendita che lo stesso avrebbe avuto senza la contraffazione e quelli che ha effettivamente ricevuto. Si parla, ai fini di quantificare il guadagno perso, anche di utile marginale, costituito dalla differenza tra il ricavo che sarebbe derivato da unità di prodotto aggiuntive, rispetto a quelle in concreto commercializzate, ed il costo marginale, comprensivo di tutti i costi che sarebbero stati sostenuti per produrre quelle unità aggiuntive.

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Concorrenza sleale e utilizzo di informazioni riservate
L’art. 2598 n. 3) c.c., presuppone una condotta che si avvalga, direttamente o indirettamente, di qualsivoglia mezzo non conforme ai...

L’art. 2598 n. 3) c.c., presuppone una condotta che si avvalga, direttamente o indirettamente, di qualsivoglia mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale ed idoneo a danneggiare l’altrui azienda. A differenza dell’ipotesi prevista dall’art. 98 c.p.i., ove è fatta salva comunque la disciplina della concorrenza sleale, l’illecito non si concretizza in ragione della mera sottrazione delle informazioni, ma in ragione del loro utilizzo idoneo a perturbare la leale concorrenza, arrecando danno ingiusto al titolare delle esperienze aziendali destinate a rimanere riservate nell’uso, garantendo alle medesime un vantaggio competitivo, con conseguente divieto a divulgare e rendere servibili dette esperienze a terzi che, senza dispendio di risorse, possano avvantaggiarsi di esperienze sottraendo clientela.

Perché si possa concretizzare l’illecito è necessario che le informazioni in questione abbiano un qualche valore economico, garantendo vantaggio competitivo a chi le detenga, per questo motivo dovendo rimanere riservate nel loro utilizzo, con divieto di divulgazione a terzi.

Dette preliminari considerazioni indicano l’importanza ai fini del giudizio di allegare con sufficiente precisione le informazioni riservate che si assumano sottratte e le condotte tali da avere arrecato danno in ragione dell’utilizzo da parte del concorrente di dette informazioni. Diversamente, rimanendo l’allegazione generica, verrebbe preclusa la possibilità di valutare il vantaggio competitivo che le informazioni stesse assicurerebbero e lo sfruttamento abusivo delle medesime determinante lo storno e la sottrazione di clientela, con conseguente necessario rigetto della domanda. In effetti, non ogni informazione aziendale di per sé assicura un vantaggio competitivo illecitamente sfruttabile dai concorrenti che se ne approprino, assicurando detto vantaggio, ad esempio, le informazioni che siano profilate dal punto di vista economico e tecnico rispetto alle esigenze del cliente, di converso non potendosi affermare tutela, ad esempio, per le mere anagrafiche della clientela, facilmente reperibili aliunde ed utilizzabili liberamente da ogni concorrente per proporre i propri servizi e prodotti secondo competizione mercantile.

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Il provvedimento n. 55 del 2005 di Banca d’Italia non costituisce prova privilegiata per le fideiussioni specifiche
Lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005...

Lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 era stato predisposto dall’Associazione bancaria italiana nel corso dell’anno 2003 e riguardava unicamente le fideiussioni omnibus rilasciate a garanzia di operazioni bancarie. Dunque, la mera corrispondenza di alcune clausole contenute in una fideiussione specifica allo schema ABI non determina la nullità delle predette clausole, in essa riprodotte, poiché non vige il criterio presuntivo secondo cui tale fideiussione rappresenti il frutto di un’intesa vietata, cioè non può avvalersi del valore di prova privilegiata del provvedimento sanzionatorio della Banca d’Italia. Ne discende che l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita in violazione della concorrenza all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava sulla parte che eccepisce la nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust. Inoltre, non è sufficiente l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito, al fine dell’assolvimento della prova dell’illiceità dell’intesa a monte, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito.

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Utilizzazione abusiva di un software e risarcimento del danno
La disinstallazione di un software durante l’esecuzione delle operazioni di descrizione ex art. 129 c.p.i. costituisce conferma della consapevolezza del...

La disinstallazione di un software durante l’esecuzione delle operazioni di descrizione ex art. 129 c.p.i. costituisce conferma della consapevolezza del resistente della mancanza di licenza d’uso relativa al software e, quindi, del carattere abusivo dell’utilizzazione di questo.

In tema di diritto d’autore, la violazione del diritto di esclusiva determina un danno da lucro cessante che sussiste in re ipsa, salva la prova contraria, incombendo al danneggiato solo la dimostrazione della sua estensione.

In tema di diritto d’autore, ai sensi dell’art. 158 comma 2 l.d.a. il danno patrimoniale derivante dalla violazione del diritto di esclusiva può essere liquidato in via forfettaria sulla base del cd. prezzo del consenso, che, in virtù dell’impiego dell’espressione “quanto meno”, rappresenta la soglia minima risarcitoria.

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