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Storno di dipendenti – quando è configurabile?
Il passaggio di dipendenti da un’impresa ad un’altra non è di per sé solo elemento sufficiente ad integrare l’ipotesi di...

Il passaggio di dipendenti da un’impresa ad un’altra non è di per sé solo elemento sufficiente ad integrare l’ipotesi di cui all’art. 2598 n. 3 c.c., trattandosi di attività legittima espressione dei principi di rilevanza costituzionale di libera circolazione del lavoro e della libertà di iniziativa economica, sanciti dagli artt. 35 e 41 della Cost.

Per configurarsi illecito ex art 2598 n. 3 cc deve invece sussistere uno storno di dipendenti attuato con l’intento di disgregare l’altrui organizzazione produttiva, ossia connotato da animus nocendi, posto in essere con modalità del tutto inconciliabili con i principi di correttezza professionale, desumibile da elementi oggettivi che facciano ritenere in capo all'autore il proponimento di arrecare un serio danno al grado di competitività dell’impresa stornata.

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Principio di esaurimento del marchio
Il titolare di un marchio, dopo aver contrassegnato il suo prodotto ed averlo immesso sul mercato, ovvero dopo aver consentito...

Il titolare di un marchio, dopo aver contrassegnato il suo prodotto ed averlo immesso sul mercato, ovvero dopo aver consentito (attraverso, ad esempio, un contratto di licenza) che altri vi apponesse il segno e lo commercializzasse, non può impedire che il cessionario ne usi secondo le proprie scelte, né può opporsi alla circolazione in Italia del prodotto precedentemente messo in commercio da lui stesso (o da soggetti a ciò legittimati) in un paese dell'Unione Europea (verificandosi, in tal caso, il fenomeno del cosiddetto "esaurimento del marchio"), ma può, per converso, opporsi all'importazione di prodotti provenienti da un paese extracomunitario e contrassegnati (anche legittimamente) con il suo marchio, sempre che egli, ovvero altro soggetto da lui legittimato, non abbia consentito alla introduzione ulteriore di quei beni nel mercato europeo.

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Compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e relativo obbligo di pagamento
Il compenso per la copia privata è l’emolumento che si applica, tramite una royalty sui supporti vergini fonografici o audiovisivi,...

Il compenso per la copia privata è l'emolumento che si applica, tramite una royalty sui supporti vergini fonografici o audiovisivi, in cambio della possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto di autore, per compensare del mancato acquisto gli autori e la filiera dell’industria culturale. L’entità del compenso tiene conto del fatto che sui supporti si possa registrare anche materiale non protetto dal diritto d’autore.

Sussiste la giurisdizione del giudice italiano nel caso di una domanda, anche se proposta nei confronti di società straniera, volta a ottenere la corresponsione di un compenso dovuto ai sensi di una normativa nazionale che attua il sistema di “equo compenso”, previsto dall’art. 5, paragrafo 2, lett. b) della Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22.5.2001, dovendosi individuare in Italia il luogo in cui si è consumato l'illecito omissivo (consistente nel mancato pagamento alla Siae dei compensi dovuti) e restando irrilevante la circostanza che la vendita dei supporti sia avvenuta all'estero.

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La nullità parziale delle fideiussioni omnibus
In relazione ai contratti di fideiussione omnibus, il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 è stato...

In relazione ai contratti di fideiussione omnibus, il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 è stato ritenuto costituire prova privilegiata dell’intesa antitrust nel giudizio di nullità, ex art. 33 l. 287/1990.

L’eventuale nullità, discendente dall’intesa illecita, è limitata alle sole clausole contestate e non è estesa all’intero contratto.

La nullità parziale dei contratti di fideiussione è rilevabile d’ufficio solo ove la parte abbia scelto di chiedere l’accertamento della nullità dell’intero contratto.

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Nullità della fideiussione e valore probatorio privilegiato degli accertamenti dell’autorità amministrativa
La competenza per le domande aventi ad oggetto la nullità di una fideiussione per violazione della normativa antitrust, in quanto...

La competenza per le domande aventi ad oggetto la nullità di una fideiussione per violazione della normativa antitrust, in quanto contratta a valle di un'intesa restrittiva della concorrenza, spetta alle sezioni specializzate in materia di impresa.

Al fine di valutare la validità ed efficacia di clausole contenute in un contratto di fideiussione, il punto dirimente non attiene tanto alla diffusione di un modulo ABI da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto alla coincidenza delle convenute condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva. L’illiceità derivata dalle intese anticoncorrenziali a monte deve essere affermata a patto che il contenuto delle stesse sia effettivamente trasposto nelle singole clausole dei contratti a valle.

In quanto documentazione che raccoglie gli esiti di un'esaustiva istruttoria avente carattere definitivo, le conclusioni assunte dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, nonché le decisioni del giudice amministrativo che abbiano eventualmente confermato o riformato quelle decisioni, assumono valore di prova privilegiata dell'illecito antitrust.

In caso di domanda avente ad oggetto la nullità di una fideiussione per violazione della normativa antitrust, la nullità del contratto va limitata alle sole clausole illecite (nullità parziale) in conformità al principio generale di conservazione degli effetti giuridici del negozio. La nullità totale del contratto presuppone che la parte attrice fornisca la prova dell'interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalle clausole nulle.

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Cause stand alone e onere della prova
L’interesse protetto dalla normativa antitrust è principalmente quello del mercato in senso oggettivo, cioè quello della trasparenza e della correttezza...

L’interesse protetto dalla normativa antitrust è principalmente quello del mercato in senso oggettivo, cioè quello della trasparenza e della correttezza del mercato, e non soltanto l’interesse individuale del singolo contraente pregiudicato. Pertanto, chiunque, sia l’imprenditore sia il consumatore, può ritenersi vittima dell’illecito anticoncorrenziale e far valere quindi la nullità del contratto.

Laddove la controversia rientri nelle cause stand alone la parte attrice è onerata dell’allegazione e dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito concorrenziale.

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ll rigetto della domanda di brevetto rende nullo il contratto di licenza per mancanza di oggetto
Il D.Lgs. n. 168 del 2003, nell’attribuire alle Sezioni specializzate in materia d’impresa la cognizione delle controversie previste dall’art. 3,...

Il D.Lgs. n. 168 del 2003, nell'attribuire alle Sezioni specializzate in materia d'impresa la cognizione delle controversie previste dall'art. 3, prevede una competenza per materia avente carattere funzionale e quindi inderogabile. Deve essere dichiarata pertanto inefficace la clausola del contratto di licenza in cui le parti concordano un diverso foro competente.

Il contratto di licenza è nullo, mancando l’oggetto del relativo contratto, ove il titolo di proprietà industriale vantato oggetto di licenza (nella specie, un brevetto) venga rifiutato dall'UIBM per carenza dei requisiti di tutela.

Il fatto che una parti dichiari risolto di diritto il contratto non rende inammissibile l’accertamento successivo della nullità originaria del contratto essendo pacifico che l’adempimento e la risoluzione presuppongono l’esistenza di un atto morfologicamente valido, sicché la nullità può essere sempre oggetto di dichiarazione/accertamento da parte del giudice.

Nel caso in cui il differimento della prima udienza di comparizione da parte del giudice istruttore, ai sensi dell’art. 168-bis, comma 5, c.p.c. intervenga dopo che sia già scaduto il termine di cui all’art. 166 c.p.c. per la costituzione del convenuto, il differimento stesso non determina la rimessione in termini del convenuto ai fini della sua tempestiva costituzione e, di conseguenza, restano ferme le decadenze già maturate a suo carico ai sensi dell’art. 167 c.p.c.

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Provvedimenti cautelari di natura anticipatoria e omessa instaurazione del procedimento di merito
In conformità alla formulazione dell’art. 132, comma 4, c.p.i. la mancata instaurazione del giudizio di merito non determina la caducazione...

In conformità alla formulazione dell’art. 132, comma 4, c.p.i. la mancata instaurazione del giudizio di merito non determina la caducazione dei provvedimenti cautelari di natura anticipatoria che assumono dunque carattere di stabilità.

In forza del combinato disposto dell'art. 187, comma 1, c.p.c. e dell'art. 80-bis disp. att. c.p.c., in sede di udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione della causa ex art. 183 c.p.c., la richiesta della parte di concessione di termine ai sensi del comma 6 di detto articolo non preclude al giudice di esercitare il potere di invitare le parti a precisare le conclusioni ed assegnare la causa in decisione, atteso che, ogni diversa interpretazione delle norme suddette, comportando il rischio di richieste puramente strumentali, si porrebbe in contrasto con il principio costituzionale della durata ragionevole del processo, oltre che con il "favor" legislativo per una decisione immediata della causa desumibile dall'art. 189 c.p.c.

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Utilizzo di marchio altrui su pezzi di ricambio e art. 241 cpi
L’attività del ricambista produttore indipendente che sul prodotto apponga il marchio della casa produttrice non può ritenersi lecita e scriminata...

L’attività del ricambista produttore indipendente che sul prodotto apponga il marchio della casa produttrice non può ritenersi lecita e scriminata ai sensi dell'art. 241 CPI, atteso che tale norma, pur avendo una finalità di liberalizzazione del mercato dei componenti del prodotto complesso, lascia impregiudicata la tutela dei marchi della casa di produzione del prodotto complesso.

L'uso del marchio da parte di un terzo che non ne è il titolare è necessario per indicare la destinazione di un prodotto messo in commercio da tale terzo quando tale uso costituisce in pratica il solo mezzo per fornire al pubblico un’informazione comprensibile e completa su tale destinazione al fine di preservare il sistema di concorrenza non falsato sul mercato di tale prodotto. L’uso del marchio non è legittimo quando: a) avviene in modo tale da poter dare l'impressione che esista un legame commerciale fra il terzo e il titolare del marchio, b) compromette il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà, c) causa denigrazione o discredito al marchio, d) il terzo presenta il suo prodotto come imitazione o contraffazione del prodotto recante il marchio di cui non è il titolare.

[nel caso di specie la Corte ritiene che l’apposizione del marchio sul copricerchio di un'autovettura non si giustifica ex art. 21 CPI perché allo scopo indicativo della destinazione un uso siffatto del marchio è perfettamente sostituibile con l’apposizione di idonea indicazione sulla confezione laddove invece il permanere del marchio sul prodotto dopo il montaggio sull’automobile, cioè dopo il raggiungimento della destinazione del prodotto, è di per sé dimostrativo della finalità altra del siffatto uso, in agganciamento alla notorietà del marchio con indebito vantaggio del terzo utilizzatore].

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Fideiussione omnibus stipulata dopo il 2005 e azione stand alone
Il provvedimento 55/2005 della Banca d’Italia costituisce una prova privilegiata dell’illecito antitrust nel giudizio di nullità ex art. 33 l....

Il provvedimento 55/2005 della Banca d’Italia costituisce una prova privilegiata dell’illecito antitrust nel giudizio di nullità ex art. 33 l. 287/1990 per le fideiussioni omnibus che si collocano nel periodo (ottobre 2002 - maggio 2005) esaminato dal provvedimento stesso, includendo anche i contratti a valle, che costituiscano l'applicazione delle intese illecite concluse a monte, stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa distorsiva della concorrenza da parte della Banca d'Italia.

La nullità, discendente dall’intesa illecita oggetto della pronuncia n. 55/2005 della Banca d’Italia, è limitata alle sole clausole de quibus e non estesa all’intero contratto. La nullità solo parziale dei contratti di fideiussione è rilevabile anche d’ufficio, solo ove vi sia la scelta della parte di chiedere l’accertamento della nullità dell’intero contratto e non anche, in via eventualmente subordinata, delle sole clausole espressione dell’intesa illecita, non essendo consentita, in tale ultima ipotesi, l’esame della questione relativa alla nullità parziale del contratto.

In caso di domanda di nullità di una fideiussione omnibus stipulata in data posteriore al 2005, l’azione va qualificata come stand alone. Tale inquadramento comporta l’onere per parte attrice di allegazione e di dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della perdurante esistenza, all’epoca della sottoscrizione dei contratti in discussione, dell’intesa illecita, pur essendo tale onere probatorio attenuato nel giudizio antitrust in considerazione della frequente asimmetria informativa esistente tra il soggetto che subisce l’illecito e l’autore dello stesso.

In ipotesi di nullità dei contratti a valle delle fideiussioni omnibus, non potendosi maturare preclusioni o giudicati impliciti in materia di nullità rilevabili d’ufficio, il potere di rilievo officioso della nullità del contratto per violazione delle norme sulla concorrenza spetta al giudice investito del gravame relativo a una controversia sul riconoscimento di una pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione, sempre che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tale validità ed efficacia, trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c.

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