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La normativa applicabile ai rimborsi spese richiesti dagli amministratori delle società partecipate dalla Regione Veneto
La legge regionale 47 del 2012 della Regione Veneto non contiene un espresso riferimento agli amministratori delle società di capitali...

La legge regionale 47 del 2012 della Regione Veneto non contiene un espresso riferimento agli amministratori delle società di capitali partecipate dalla Regione, ma nondimeno essa si ritiene applicabile anche a costoro.

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Contributo ambientale CONAI e obblighi dell’autoproduttore: principio del conguaglio e responsabilità per omessa comunicazione
In tema di contributo ambientale CONAI, l’autoproduttore/utilizzatore è tenuto a dimostrare l’invio puntuale e documentato dei moduli 6.4 ai propri...

In tema di contributo ambientale CONAI, l’autoproduttore/utilizzatore è tenuto a dimostrare l’invio puntuale e documentato dei moduli 6.4 ai propri fornitori, nonché la corretta compilazione dei moduli 6.5 ai fini dell’esenzione per plafond. L’omessa prova dell’invio e della ricezione dei moduli giustifica il recupero del contributo da parte del Consorzio, anche mediante decreto ingiuntivo, con applicazione di sanzioni e interessi, trattandosi di obbligazione soggetta a prescrizione decennale. Non integra duplicazione di pagamento la coesistenza di un credito del fornitore per cessioni assoggettate a contributo e di un credito del CONAI per rettifica derivante da dichiarazioni errate dell’autoproduttore.

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Le conseguenze dell’omessa regolare tenuta del libro delle decisioni dei soci
Si configura una delibera assembleare inesistente esclusivamente allorquando lo scostamento della realtà dal modello legale risulti così marcato da impedire...

Si configura una delibera assembleare inesistente esclusivamente allorquando lo scostamento della realtà dal modello legale risulti così marcato da impedire di ricondurre l'atto alla categoria stessa di deliberazione assembleare, e cioè in relazione alle situazioni nelle quali l'evento storico al quale si vorrebbe attribuire la qualifica di deliberazione assembleare si è realizzato con modalità non semplicemente difformi da quelle imposte dalla legge o dallo statuto sociale, ma tali da far sì che la carenza di elementi o di fasi essenziali non permetta di scorgere in esso i lineamenti tipici dai quali una deliberazione siffatta dovrebbe esser connotata nella sua materialità. Sotto il diverso profilo dell’annullabilità, non ogni incompletezza o inesattezza del verbale inficia la validità della delibera assembleare, ma a tal è necessario che i vizi siano tali da impedire l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione. La trascrizione del verbale assembleare nel libro delle decisioni dei soci, prescritta dall’art. 2478 n. 2 c.c., non costituisce una condizione di validità o di esistenza della delibera, con la conseguenza che la sua omissione costituisce una mera irregolarità. L’omessa regolare tenuta del libro delle decisioni dei soci non è scevra di conseguenze: da un lato, il socio può impugnare la delibera senza limiti di tempo, atteso che i termini dettati per le impugnazioni dall’art. 2479 ter c.c. non iniziano a decorrere poiché non vi è una data certa in relazione al momento in cui è intervenuta la trascrizione; dall’altro, la società che non tiene regolarmente il libro delle decisioni dei soci, con la vidimazione e la numerazione progressiva delle pagine, si trova nell’impossibilità di provare con certezza la data in cui la delibera è stata trascritta.

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Mancato sviluppo della società e responsabilità dell’amministratore
L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, il che comporta l’onere, in capo...

L'azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, il che comporta l’onere, in capo all’attore, di provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi imposti. All'amministratore convenuto a cui viene contestato il mancato sviluppo della società è sufficiente dimostrare di aver diligentemente amministrato, non sussistendo  alcun obbligo in capo allo stesso di garantire un certo risultato economico nell’attività gestoria che svolge.

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L’atto di fusione societaria e il controllo del conservatore e del giudice del registro delle imprese
Il controllo del conservatore del registro delle imprese è circoscritto alla verifica della tipicità dell’iscrizione richiesta e della corrispondenza formale...

Il controllo del conservatore del registro delle imprese è circoscritto alla verifica della tipicità dell’iscrizione richiesta e della corrispondenza formale dell’atto alla legge senza che questo controllo possa sconfinare in un vaglio di validità dell’atto e di definizione del suo contenuto se non nei limiti in cui questo sia strettamente necessario per ricondurre l’atto al tipo legale. Il controllo del giudice del registro si muove nell’ambito di detti confini.

Ciò che il conservatore iscrive sono fatti o atti tipici, le informazioni pubblicate nel registro imprese sono quelle previste dalla legge, con gli effetti di pubblicità notizia ex art 2193 c.c. o costitutiva posti dalla stessa legge.

Nell’ipotesi dell’operazione straordinaria della fusione il legislatore, all’art 2504 bis c.c., stabilisce come regola generale che l’efficacia dell’operazione decorre dall’esecuzione dell’ultima delle iscrizioni prescritte dall’art 2504 c.c. attribuendo, solo con riferimento alla fusione per incorporazione, alle parti la facoltà di stabilire una data di efficacia successiva all’ultima delle iscrizioni prescritte dall’art 2504-bis c.c.. L’efficacia della fusione di cui all’art 2504 c.c è in primo luogo quella civile. Per ogni tipo di fusione le parti possono entro certi limiti antergare alla efficacia civilistica della fusione gli effetti contabili e fiscali (art. 2504-bis, comma 3, c.c.; artt. 172 e 173 d.p.r. 917/1986). In ogni caso la data di decorrenza della fusione va indicata e se non è indicata decorre ex lege dall’ultima iscrizione come stabilisce l’art 2504-bis c.c.. Il sistema di pubblicità e il principio di predeterminazione della data di efficacia della fusione soddisfano l’esigenza di certezza del momento di efficacia dell’operazione stante la rilevanza della vicenda organizzativa/trasformativa della fusione e ne consentono la conoscibilità ai terzi comunque interessati: è necessario quindi che risulti predeterminato e pubblicato in modo preciso il tempo in cui avviene l’efficacia della fusione. Queste considerazioni portano a comprendere come non possa essere rimessa ad una interpretazione dell’atto affidata al conservatore del registro delle imprese e a seguire del giudice del registro delle imprese in sede di controllo di regolare tenuta del registro medesimo l’individuazione della data di efficacia della fusione e la tempistica delle conseguenti inscrizioni, tra cui la cancellazione della società incorporata. Non sta al giudice del registro stabilire se l'eventuale disallineamento dei diversi effetti della fusione voluto dalle parti sia ammissibile e se  la disciplina contabile e fiscale seguirà o meno la data di efficacia della fusione; il contenuto dell’atto di fusione resta fermo, comunque valido ed efficace. Il giudice del registro deve limitarsi a riscontrare la legalità delle iscrizioni, la corrispondenza al contenuto formale dell’atto di fusione allegato e alle richieste presentate con la compilazione della modulistica in linea con il contenuto dell’atto.

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Inammissibilità della trascrizione di una domanda giudiziale di accertamento dell’invalidità di una delibera assembleare
La domanda giudiziale di accertamento dell’invalidità di una delibera assembleare che autorizza la conclusione di un contratto preliminare di alienazione...

La domanda giudiziale di accertamento dell'invalidità di una delibera assembleare che autorizza la conclusione di un contratto preliminare di alienazione immobiliare non è trascrivibile ai sensi degli artt. 2643, 2652 e 2653 c.c. poiché non produce alcuno degli effetti previsti da tali norme e non rientra nelle ipotesi di trascrivibilità previste dalla legge.

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Morte dell’unico socio di s.r.l., curatore dell’eredità giacente e scioglimento della società
La morte dell’unico socio di S.r.l. non integra la causa di scioglimento per inattività ex art. 2484 n. 3 c.c.,...

La morte dell'unico socio di S.r.l. non integra la causa di scioglimento per inattività ex art. 2484 n. 3 c.c., posto che il curatore dell'eredità giacente (ove nominato), dovendo per legge esercitare le ragioni della eredità ed amministrarla, è anche investito della gestione della posizione di socio. Il curatore dell'eredità giacente, debitamente autorizzato, può altresì decidere, come socio, previa convocazione dell’assemblea, la messa in liquidazione volontaria della società e la nomina del liquidatore.

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Nomina giudiziale dei liquidatori: legittimazione ad agire
L’autorità giudiziaria è chiamata ad intervenire nell’accertamento della causa di scioglimento della società in caso di inerzia dell’amministratore, ex artt....

L'autorità giudiziaria è chiamata ad intervenire nell’accertamento della causa di scioglimento della società in caso di inerzia dell’amministratore, ex artt. 2485 e 2487 c.c.. Tuttavia, è inammissibile il ricorso a tal fine proposto dall'amministratore stesso, anche in regime di prorogatio, in quanto quest'ultimo è soggetto legittimato - ed anzi obbligato - dalla norma all’accertamento dello stato di scioglimento della società e non può chiedere al Tribunale di sostituirsi a sé stesso. L’amministratore è tenuto ad attivarsi celermente, accertando lo stato di scioglimento dell’ente amministrato, convocando poi l’assemblea dei soci per la nomina di liquidatore e, solo in caso di esito infruttuoso di tale assemblea, potrà ricorrere poi al Tribunale per la nomina del liquidatore.

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Impugnativa di delibere di nomina di organo amministrativo e rinuncia alla domanda
Quando la delibera impugnata ha ad oggetto non solo la revoca dell’amministratore, ma anche la sua illegittima sostituzione con un...

Quando la delibera impugnata ha ad oggetto non solo la revoca dell’amministratore, ma anche la sua illegittima sostituzione con un nuovo Consiglio di amministrazione, quest’ultimo può manifestare un interesse potenzialmente in conflitto con la società, poiché interessato a non vedere invalidata la delibera di revoca e contestuale nomina dei nuovi amministratori.

La rinuncia alla domanda non richiede formule sacramentali e può essere anche tacita e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta; detta rinuncia si configura, tra l’altro, nella dichiarazione di non voler insistere nelle domande proposte e determina, indipendentemente dall’accettazione della controparte (richiesta, invece, per la rinuncia agli atti del giudizio), l’estinzione dell’azione e la cessazione della materia del contendere, la quale va dichiarata anche d’ufficio. Inoltre, nella rinuncia espressa o tacita alla domanda, a differenza della fattispecie di cui all’art. 306 c.p.c. (rinuncia agli atti del giudizio), non trova applicazione la disposizione secondo cui la rinuncia deve essere fatta verbalmente all’udienza o con atto sottoscritto dalla parte e notificato alle altre parti, giacché la rinuncia ad un capo della domanda rientra tra i poteri del difensore e può essere fatta senza l’osservanza di forme rigorose.

Il socio, parte del contratto di società, vincolato agli effetti della delibera, è titolare di un interesse giuridicamente protetto a evitare che l’impugnativa sia accolta, ma non ha un’autonoma posizione di diritto soggettivo alla conservazione dei suoi effetti.

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Rapporto tra delibera di approvazione del bilancio e attribuzione dei compensi e natura contrattuale dell’azione sociale di responsabilità
Non deve essere nominato un curatore speciale ex art. 78 c.p.c. in un’azione di responsabilità verso gli ex amministratori ex...

Non deve essere nominato un curatore speciale ex art. 78 c.p.c. in un'azione di responsabilità verso gli ex amministratori ex art. 2476 c.c. qualora non vi sia un contrasto tra la posizione dell'attuale amministratore (il quale può stare in giudizio anche personalmente, nella sua qualità di socio, ove del caso) e quella della società, potendo la società validamente stare in giudizio per mezzo del proprio rappresentante ordinario senza che l’omissione determini improcedibilità o nullità dell’azione. La nullità, in ogni caso, non si trasmette al momento sostanziale della legittimazione, ma riguarda solo la regolarità della rappresentanza processuale; di conseguenza, in difetto di conflitto la pretesa attorea rimane scrutinabile nel merito.

Le memorie integrative di cui all’art. 183, co. VI, n. 1, consentono la modificazione della domanda originaria sia quanto al petitum sia quanto alla causa petendi, purché la pretesa nuova si ponga in rapporto di sostituzione e continuità logico-giuridica con la vicenda sostanziale dedotta fin dall’inizio. La nuova allegazione non deve quindi costituire domanda aggiuntiva o autonoma, ma deve mantenere un nesso di connessione essenziale con i fatti storici introdotti, in modo da non pregiudicare il contraddittorio né allungare in modo irragionevole i tempi del processo. Non è ammissibile l’ampliamento che introduca per la prima volta fatti generatori del tutto differenti oppure pretese risarcitorie fondate su condotte estranee al nucleo originario, perché tale intervento si tradurrebbe in un indebito mutamento dell’oggetto del contendere, vietato dal sistema.

Quando la parte avversa contesta l’autenticità di una scrittura privata prodotta in copia semplice deducendone la contraffazione, chi intende utilizzarla processualmente deve depositarne l’originale o dimostrarne circostanziatamente la mancata disponibilità. Solo la disponibilità dell’originale consente, infatti, di attivare utilmente il giudizio di falso e di garantire il diritto di difesa della controparte. La mancata esibizione, non giustificata, dell’originale priva la copia di qualunque efficacia probatoria, con la conseguenza che l’attore in querela non può essere gravato dell’onere di proporre l’azione di falso su un documento mai messo a sua disposizione. In tale evenienza, la scrittura resta inidonea a fondare decisioni di merito, mentre resta impregiudicato il potere del giudice di trarre argomenti di prova dalla scelta processuale della parte che non produce il documento in forma originale.

L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale, poiché deriva dal rapporto di mandato che lega l’amministratore alla società. Ne consegue che l’attore ha l’onere di allegare e dimostrare la violazione di specifici doveri gestori, nonché il nesso causale tra l’inadempimento e il pregiudizio patito dal patrimonio sociale; il danno, quale elemento costitutivo, deve essere provato in termini di effettiva diminuzione patrimoniale. L’amministratore convenuto, invece, può andare esente da responsabilità solo provando la non imputabilità dell’evento lesivo, fornendo la prova positiva di avere diligentemente adempiuto agli obblighi imposti, ovvero dimostrando che il danno si sarebbe comunque prodotto per cause a lui non riferibili.

La determinazione dei compensi spettanti agli amministratori non può ritenersi implicitamente contenuta nella delibera di approvazione del bilancio, giacché, in assenza di previsione statutaria, l’art. 2389, co. 1 c.c. impone un’espressa decisione assembleare sul punto. La natura imperativa della norma, finalizzata a tutelare la corretta governance e a prevenire erogazioni indebite (come attestato dall’obbligo di delibera e dalle sanzioni penali oggi abrogate), rende invalida qualunque attribuzione economica. Pertanto, l’annotazione del compenso nel bilancio, pur approvato dai soci, non produce sanatoria né esonera l’amministratore da responsabilità, salvo che l’adunanza, convocata allo scopo, abbia effettivamente discusso e deliberato sui compensi, circostanza che deve risultare dal verbale assembleare.

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Competenza cautelare per la sospensione dell’esecuzione di deliberazione assembleare
Se è vero che l’art. 35 co. 5 del d. lgs. 5/03, qualora applicabile ratione temporis, prevede che “se la...

Se è vero che l’art. 35 co. 5 del d. lgs. 5/03, qualora applicabile ratione temporis, prevede che “se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera”, è però altrettanto vero che secondo la prima parte della medesima disposizione normativa “la devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669 quinquies cpc” . Inoltre, il tenore letterale dell’art. 669 quater cpc – secondo il quale, “quando vi è causa pendente per il merito la domanda deve essere proposta al giudice della stessa”, vale a dire davanti al giudice avanti al quale pende la causa per il merito – impone di radicare la competenza a decidere sull’istanza cautelare dinanzi al Tribunale investito della causa di merito, fino a quando lo stesso non si spogli della competenza ritenendo fondata l’eccezione di compromesso. Ne consegue che, ove pure fosse fondata l’eccezione di incompetenza in favore degli arbitri – che nel caso di specie postula la fondatezza di quella di giudicato sulla validità della clausola compromissoria – il giudice ordinario adito sarebbe comunque competente a decidere sul ricorso cautelare in corso di causa fino a quando non intervenisse la pronuncia declinatoria della competenza nel giudizio di merito. Pertanto, in caso di provvedimento cautelare in corso di causa pendente per il merito, per il quale l'art. 669 quater c.p.c. stabilisce che "la domanda deve essere proposta al giudice stessa", la competenza, a differenza di quanto avviene per il provvedimento ante causam (art. 669 ter), viene determinata sulla base della pendenza in quanto tale.

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Amministratori di fatto e doveri di corretta gestione
Sono da ritenersi amministratori di fatto di una società coloro che detengono l’effettivo controllo degli organi sociali e che dispongono...

Sono da ritenersi amministratori di fatto di una società coloro che detengono l’effettivo controllo degli organi sociali e che dispongono del patrimonio a proprio piacimento [nel caso di specie, per attuare lo schema fraudolento volto a drenare le somme confluite nella società dal commercio dei certificati bianchi in altre società a loro stessi riconducibili, principalmente per il tramite di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti]. Di conseguenza, essendo pienamente equiparati, quali amministratori di fatto, agli amministratori di diritto (anche sul piano penale: ex art. 2639 c.c.), rispondono delle proprie condotte distrattive in danno della società.

Anche gli amministratori di fatto - proprio in ragione dell'equiparazione con quelli di diritto - devono adempiere ai doveri di corretta gestione della società ex art. 2392 c.c. e tra questi doveri si annovera anche l’adempimento delle obbligazioni fiscali e contributive della società.

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