Nei casi in cui non si menzioni alcuna funzione o carica specifica del conferente procura alla lite in nome di società, allegandosi genericamente la qualità di legale rappresentante, si determina nullità relativa, che la controparte può opporre con la prima difesa, a norma dell'art. 157 cod. proc. civ., facendo così carico alla parte istante d'integrare con la prima replica la lacunosità dell'atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell'autore della firma illeggibile; ove difetti, sia inadeguata o sia tardiva detta integrazione, si verifica invalidità della procura ed inammissibilità dell'atto cui accede.
Non sussistono i requisiti per configurare profili di responsabilità ex art. 2395 c.c. nei confronti degli amministratori della società committente nel caso in cui tale azione venga promossa dal subappaltatore che assuma di avere subito un danno per la mancata verifica dei requisiti di capacità economica e finanziaria ex art. 84, comma 1, del D.Lgs n. 50/2016 da parte della committente che abbia affidato un appalto, sulla base di una procedura ad evidenza pubblica, ad un’impresa successivamente ammessa ad una procedura concorsuale (circostanza da cui sia conseguito il mancato pagamento del credito vantato dal subappaltatore). In tale ipotesi, infatti, difetta il nesso di causalità tra i profili di negligenza imputati agli amministratori e il danno di cui il subappaltatore richiede il risarcimento; il nesso di causalità è, infatti, esclusivamente riconducibile al subappaltatore il quale, prima di stipulare il contratto con l’appaltatore, avrebbe dovuto autonomamente accertarsi della solidità patrimoniale di quest’ultimo e, se del caso, chiedere allo stesso idonee garanzie.
Lo stato di scioglimento di una società, determinando una nuova fase di esecuzione del contratto sociale diretta alla definizione dei rapporti giuridici facenti capo all’ente attraverso la liquidazione, è una situazione reversibile.
Lo stato di scioglimento, se non superato con il venir meno della specifica causa che h determinato lo scioglimento, apre la fase di liquidazione, con ampia discrezionalità dei soci, nelle società di persone, di derogare allo schema procedimentale liquidatorio stabilito dalla legge a tutela dei creditori sociali e dei soci in vista dell’eventuale riparto finale di liquidazione.
In tema di S.a.s., qualora sia spirato il termine semestrale, di cui all’art. 2323 c.c., senza che i soci siano riusciti a modificare l’atto costitutivo (inserendo in società altro socio accomandatario in grado di assumere la carica di amministratore), la società si viene a trovare in fase di scioglimento per l’impossibilità di conseguire il suo oggetto sociale ex art 2272, comma 1, n. 2 c.c..
Ciò non di meno, l’amministratore provvisorio (anche di nomina giudiziale) può convocare l’assemblea per consentire ai soci, alternativamente, di nominare il liquidatore sociale, ovvero di superare la causa di scioglimento proponendo talune deliberazioni (ad esempio, la trasformazione della S.a.s. in S.r.l.).
L’eventuale trasformazione di una S.a.s in S.r.l. comporta la modifica della tipologia e regime giuridico dell’ente collettivo. Pertanto, una eventuale causa di scioglimento di una S.a.s. ben potrà essere superata, per volontà dei soci, mediante la legittima deliberazione di una trasformazione della società di persone in S.r.l., adottata con il consenso della maggioranza dei soci previsto dall’art. 2500-ter c.c.
Il diritto di controllo del socio non amministratore ex art. 2476, co. 2, c.c. deve essere interpretato come possibilità – oltre che di consultare la documentazione sociale avvalendosi eventualmente di un professionista di fiducia – anche di estrarre copia di tale documentazione: ed invero, la possibilità di estrazione di copia (ovviamente con spese a carico del richiedente) appare connaturata all’effettività del diritto di controllo, il quale altrimenti, considerata la complessità della documentazione da analizzare, sarebbe di fatto limitato, se non vanificato almeno in parte.
La prova del carattere emulativo o antisociale dell’istanza del socio ex art. 2476, co. 2, c.c., quale limite all’esercizio del diritto stesso, deve essere fornita dalla società convenuta. La circostanza che il socio richiedente il diritto di accesso. non abbia partecipato all’assemblea di approvazione del bilancio appare del tutto irrilevante e non può di certo giustificare l’impedimento o la limitazione del diritto di controllo della ricorrente.
In merito alla domanda di revoca in via cautelare del Consiglio di Amministrazione, gli unici legittimati passivi rispetto alla pretesa cautelare vanno individuati nei componenti dell’organo amministrativo, atteso che la misura cautelare va ad incidere sul rapporto di amministrazione di cui è parte, dal lato attivo, la società, mentre, dal lato passivo, l’amministratore. La società, infatti, è litisconsorte necessario non dell’amministratore bensì del socio che agisce nell’interesse della stessa, in qualità di sostituto processuale. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso cautelare nel caso in cui venga evocata in giudizio solo la società e non l’unico legittimato passivo, ovvero l’organo gestorio.
L’avvocato notificante, anche nel caso di notifica a mezzo pec, deve essere munito di procura, ma non ha l’obbligo di allegarla all’atto da notificare.
La tempestiva riassunzione della domanda di nomina dell’arbitro davanti al giudice territorialmente competente, comportando la pendenza del procedimento arbitrale, non determina la perdita di efficacia dell’ordinanza cautelare che ante causam sia stata emessa a seguito del ricorso ex art. 669-quinques c.p.c.
La regola della translatio iudicii prevista dall’art. 50 c.p.c si applica analogicamente al provvedimento di diniego di nomina dell’arbitro dettato da incompetenza territoriale, dovendosi ravvisare evidenti esigenze di salvaguardare appieno gli effetti sostanziali e processuali della domanda di arbitrato pendente nelle more del procedimento di nomina giudiziaria.
La mancata conoscenza da parte dei ricorrenti, al momento del deposito dell’istanza di inefficacia dell’ordinanza cautelare ex art. 669-novies c.p.c., della riassunzione del procedimento di nomina dell’arbitro dinanzi al Tribunale dichiarato competente è circostanza che deve essere tenuta in considerazione ai fini della compensazione delle spese di lite.
Ricorrono i requisiti di cui all’art. 2409 c.c. di gravità ed attualità delle irregolarità compiute dall’amministratore, che dovrà quindi essere revocato e sostituito da un nominando amministratore giudiziario, nel caso in cui la società abbia visto aumentata la situazione debitoria e abbia concesso finanziamenti illegittimi ad altre società non partecipate, in mancanza di delibere assembleari e siano constatati il mancato recupero di crediti societari di ingente importo, gravi errori contabili, violazione sistematica dell’obbligo di pagamento di imposte e tasse, mancata convocazione dell’assemblea per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2482 ter cc, attesa la riduzione del capitale sociale al di sotto dei minimi legali.
È inammissibile l’istanza per la nomina di un curatore speciale di s.r.l. ex art. 78 c.p.c. nel procedimento relativo all’accertamento dello stato di scioglimento della società, dal momento che quest’ultima non è contraddittore necessario.
Ove tra i soci sia intercorso un patto parasociale atipico, la controversia che dovesse sorgere in materia è devoluta alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, poiché la nozione di accordo parasociale contemplata dall'art. 3, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 168 del 2003, è più ampia di quella prevista dall'art. 122 del TUF e dall'art. 2341 bis c.c., rientrandovi tutti gli accordi con cui i soci, o alcuni di essi, attuano un regolamento di rapporti, non vincolante nei confronti della società, difforme o complementare rispetto a quanto previsto dallo statuto sociale.
In materia di contratto di cessione di azienda risoltosi per inadempimento del cessionario, la corresponsione dell’equo compenso per l’utilizzo di azienda va parametrato sulla base della remunerazione del godimento dell’azienda, del deprezzamento conseguente alla sua non commerciabilità nelle stesse condizioni in cui era al momento della stipulazione del contratto e del normale deterioramento dei beni aziendali derivanti dall’uso. Seguendo la prassi estimativa, occorre quindi determinare il compenso di un complesso di beni destinati ad un’attività imprenditoriale.
È dato di comune esperienza che un’azienda che non consente all’imprenditore di operare con una marginalità positiva non ha sul mercato un’appetibilità analoga a quella di un’azienda che è idonea a remunerare l’attività dell’imprenditore e il capitale da questi investito.
La clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società a responsabilità limitata – che devolve agli arbitri tutte le controversie insorgenti tra la società e i soci ovvero tra i soci medesimi – non opera in via automatica come limite di giurisdizione del giudice ordinario. Il relativo difetto di competenza può essere fatto valere quale eccezione di parte in senso stretto che, come tale, soggiace al doppio regime decadenziale degli artt. 38, comma 1, e 167 c.p.c. Ne discende che la parte convenuta che intende sollevare tale eccezione ha l'onere di farlo con la comparsa di risposta: se depositata oltre il termine di cui all'art. 166 c.p.c., l’eccezione di arbitrato risulterà tardiva e dovrà essere dichiarata inammissibile.
La delibera assembleare approvata a maggioranza può essere considerata abusiva esclusivamente quando risulti che il voto dei soci dominanti sia stato esercitato in modo arbitrario o fraudolento, con l’unico scopo di perseguire interessi personali divergenti dall’interesse sociale ovvero di ledere i diritti partecipativi o patrimoniali degli altri soci. In mancanza di tali elementi, il controllo giudiziale non può estendersi ai motivi interni che hanno indotto la maggioranza a votare in un certo modo. Il limite alla libertà di voto dei soci è individuato nel dovere di buona fede oggettiva, che consente di perseguire legittimamente un proprio interesse, purché non si arrechi un danno ingiustificato agli altri soci o alla società. Di conseguenza, una deliberazione che, pur avversata dal socio di minoranza, esponga compiutamente le ragioni economiche e giuridiche del proprio contenuto deve ritenersi conforme all’interesse sociale e, pertanto, insuscettibile di censura.
Quanto all’applicazione alle s.r.l. dell’art. 2381 c.c. a seguito dell’introduzione nell’art. 2475 c.c. di un ulteriore comma ad opera del D. Lgs. n. 14/2019 secondo cui anche all’amministrazione delle s.r.l. “si applica, in quanto compatibile, l’art. 2381” c.c., deve osservarsi che il rinvio alla disciplina delle s.p.a. non è puro e semplice ma è accompagnato da una clausola di compatibilità, cosicché l’interprete non dovrà applicare rigidamente l’art. 2381 c.c., ma dovrà tener conto delle peculiarità del modello delle s.r.l. rispetto alle s.p.a.. In altri termini, l’inserimento del richiamo all’art. 2381 c.c. non ha fatto venir meno né la valorizzazione dell’autonomia statutaria delle s.r.l. né la volontà del legislatore di differenziarle dalle s.p.a. attraverso l’adozione di modelli di governance più agili che costituirono due delle linee guida che ispirarono la riforma del 2003. In quest’ottica, deve ritenersi che il richiamo all’art. 2381 c.c. inserito dal D. Lgs. n. 14/2019 non precluda l’inserimento negli statuti di s.r.l. di clausole che predeterminino una ripartizione di funzioni tra Presidente e Consiglio di Amministrazione, proprio perché devono ritenersi prevalenti le esigenze di valorizzazione dell’autonomia statutaria e delle specificità del modello della s.r.l. Ciò che potrà dirsi precluso, al più, è l’attribuzione da parte dello statuto alla competenza esclusiva del Presidente di quelle funzioni che devono essere necessariamente collegiali e non possono essere delegate dal Consiglio di Amministrazione.
Se entrambi i contraenti chiedono la risoluzione del contratto (nel caso di specie, del patto parasociale) contestandosi reciproci inadempimenti, il giudice è chiamato a verificare la sussistenza degli inadempimenti e, laddove li riconosca come esistenti, dovrà svolgere una valutazione su quale abbia carattere prevalente, pronunciando la risoluzione in favore della parte che abbia subito l’inadempimento prevalente, con esclusione della possibilità di riconoscere colpe contestuali.