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Nullità della delibera di approvazione del bilancio per errato calcolo dell’ammortamento
Secondo il disposto dell’OIC 24 par. 60 “Il costo delle immobilizzazioni immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve...

Secondo il disposto dell’OIC 24 par. 60 “Il costo delle immobilizzazioni immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione”, talché è l’intero costo delle immobilizzazioni e non già l’incremento di valore delle immobilizzazioni registrato nell’esercizio a fungere da base per l’applicazione dell’ammortamento [nel caso di specie, il Tribunale ha fatto discendere dalla erroneo computo degli ammortamenti e, quindi, dalla non veritiera indicazione dell'ammontare delle immobilizzazioni immateriali, la violazione del principe di chiarezza, con conseguente declaratoria di nullità della delibera di approvazione del bilancio].

In ragione del principio di continuità dei bilanci, la mancata impugnazione dei bilanci degli esercizi precedenti non esime il giudice dal valutare violazioni dei principi di veridicità che abbiano avuto ripercussioni sul bilancio impugnato rendendolo a sua volta inveritiero. Si tratterà bensì di valutazione incidentale che, come tale, non comporta la declaratoria di invalidità di quello precedente, ma si tratta di valutazione consentita sia in ragione della rilevabilità anche d’ufficio dei vizi di nullità, sia in relazione alla tempestiva rilevazione in sede di impugnazione del bilancio successivo (art. 2379 commi 1 e 2 c.c.). La mancata impugnazione, dunque, costituisce preclusione all’esercizio dell’azione, ma non impedisce la valutazione incidentale delle informazioni contenute nei bilanci precedenti non impugnati in quanto si riflettano su quelle offerte nel bilancio impugnato rendendolo a sua volta nullo.

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Revoca cautelare di amministratore di s.r.l. e azione di responsabilità
La revoca cautelare dell’amministratore prevista dall’art. 2476, terzo comma, cod. civ, deve ritenersi ammissibile non solo se proposta quale tutela...

La revoca cautelare dell’amministratore prevista dall’art. 2476, terzo comma, cod. civ, deve ritenersi ammissibile non solo se proposta quale tutela strumentale ad un’azione di responsabilità di natura risarcitoria ma anche in relazione ad un’azione meritale di revoca dell’amministratore. Nel primo caso la cautela assume una natura latu sensu conservativa poiché non tutela il vero e proprio diritto al risarcimento del danno - per il quale è esercitabile il sequestro conservativo - ma piuttosto mira a prevenirne l’aggravamento, nel secondo caso assume una natura anticipatoria della revoca definitiva. In effetti, il termine “altresì”, contenuto nella disposizione normativa in esame, deve essere considerato ed intendersi come attributivo di un potere aggiuntivo del socio, svincolato rispetto alla proposizione della azione sociale di responsabilità, ovvero quello di proporre l’azione non solo cautelare ma anche di merito per la revoca dello stesso amministratore, non sussistendo quindi alcuna violazione dell’art. 2908 cod. civ.. Tale orientamento si ritiene possa essere ribadito anche con l’entrata in vigore del D. Lgs. N. 14/2019, che ha esteso anche alle s.r.l. la tutela prevista dall’art 2409 cod. civ. Si tratta di due tutele che possono considerarsi concorrenti, prevedendo regimi diversi quanto, ad esempio, a legittimazione (potendo, il rimedio di cui all’art. 2476 cod. civ. essere esercitato da ciascun socio a prescindere dall’entità delle partecipazioni) e alla tipologia dei provvedimenti che possono essere assunti dal Tribunale, che, in senso al procedimento di cui all’art. 2409 cod. civ. può adottare provvedimenti di diversa natura. Deve peraltro osservarsi che l’amministratore provvisorio nominato dal Tribunale assolve un munus di durata provvisoria, laddove invece, nel caso di revoca cautelare, la nomina del nuovo amministratore è rimessa alla società e potrebbe assumere maggiore stabilità.

L'azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l'attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi imposti. Nel caso di azione di revoca dell’amministratore, le allegazioni devono essere idonee a comprovare l’esistenza di gravi irregolarità gestorie, foriere di un grave pregiudizio al patrimonio sociale. Ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria, parte attrice deve poi provare l’esistenza del danno lamentato, la sua quantificazione e la sua riconducibilità alla condotta dell’amministratore convenuto.

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Contratto preliminare di cessione di azienda e sequestro conservativo
Il sequestro conservativo a cautela delle obbligazioni assunte nell’ambito di un contratto preliminare di compravendita [nel caso di specie, di...

Il sequestro conservativo a cautela delle obbligazioni assunte nell'ambito di un contratto preliminare di compravendita [nel caso di specie, di azienda] può riguardare esclusivamente la cautela dell'adempimento dell'obbligazione di pagamento del corrispettivo pattuito e non quella dell'adempimento dell'obbligazione di trasferire la proprietà all'acquirente; obbligazione di per sé insuscettibile di pignoramento ed esecuzione forzata.

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Obbligazioni convertibili in azioni: applicazione della clausola compromissoria, natura e operatività
La clausola compromissoria contenuta nell’atto costitutivo o nello statuto di una società può essere riferita alle controversie che abbiano la...

La clausola compromissoria contenuta nell’atto costitutivo o nello statuto di una società può essere riferita alle controversie che abbiano la loro causa petendi nel contratto sociale o ad esse connesse, ma non anche alle controversie in relazione alle quali il contratto sociale costituisca solo un presupposto storico. Nel caso di obbligazioni convertibili in azioni, la causa petendi non si fonda sul contratto sociale bensì sul possesso dei titoli obbligazionari e sul regolamento obbligazionario. Pertanto, non trova applicazione la clausola compromissoria.

Le obbligazioni convertibili in azioni hanno natura di titoli di credito al portatore, per cui il trasferimento del titolo opera con la consegna ex art. 2003 co. 1 c.c. e, giusta applicazione dell’art. 2003 comma 2 c.c., nel rapporto con il debitore, la consegna del documento configura un negozio astratto di trasferimento, tale da attribuire all'accipiens l'investitura del diritto incorporato, nonché la presunzione di titolarità, indipendentemente dalla prova di una iusta causa traditionis, sicché il debitore ha il dovere di adempiere.

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Momento di operatività del recesso e perdita dello status socii
Il socio che ha esercitato il diritto di recesso, fino a che non riceve la liquidazione della sua quota, rimane...

Il socio che ha esercitato il diritto di recesso, fino a che non riceve la liquidazione della sua quota, rimane titolare di tale quota di partecipazione al capitale sociale e può, dunque, esercitare le facoltà e i diritti in essa incorporati [nel caso di specie, sulla base di tale principio, il Tribunale ha affermato l'operatività della clausola compromissoria inclusa nello Statuto].

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Azione del socio di s.r.l.
L’azione sociale di responsabilità che il socio di minoranza di una s.r.l. è legittimato ad esercitare in “sostituzione della società”...

L'azione sociale di responsabilità che il socio di minoranza di una s.r.l. è legittimato ad esercitare in “sostituzione della società” nei confronti sia di amministratori in carica che di ex amministratori è un'azione (i) volta ad ottenere il ripristino dell’integrità patrimoniale della s.r.l. (che è l’ente beneficiario sostanziale della pronuncia richiesta, e che è litisconsorte necessaria sia nel processo, che nella fase cautelare in corso di causa), (ii) diretta nei confronti di tutti gli amministratori o ex amministratori della s.r.l., in solido.
Rispetto all’inadempimento degli amministratori possono essere chiamati a rispondere, in concorso, ex art. 2055 c.c., anche soggetti che, pur non avendo mai rivestito cariche sociali, hanno posto in essere condotte (o inadempimento) che hanno influito sulle determinazioni assunte dagli amministratori e dunque hanno concorso a determinare il pregiudizio subito dal patrimonio sociale, in considerazione del contributo causale ascrivibile all’apporto dato da ciascuno di essi al determinarsi del danno comunque ascrivibile, in via principale ex art. 2476 c.c., agli amministratori. Il parametro di condotta in base al quale deve essere valutata la condotta degli “estranei” chiamati a rispondere in solido con gli amministratori di una s.r.l. (nel caso di specie quattro periti- stimatori di auto d’epoca) non sarà la violazione dei doveri imposti dalla legge o dallo statuto - come per gli amministratori di società di capitali - bensì i doveri diligenza ex artt. 1176 e 1218 c.c., imposti dalla natura del contratto in forza del quale i predetti hanno reso la loro prestazione.

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Legittimazione degli eredi del socio accomandatario defunto ad agire in via cautelare per la revoca del liquidatore della società
Gli eredi del socio accomandatario defunto di una s.a.s. hanno la qualifica di creditori della società e sono, pertanto, legittimati,...

Gli eredi del socio accomandatario defunto di una s.a.s. hanno la qualifica di creditori della società e sono, pertanto, legittimati, in via surrogatoria ex art ex art. 2900 c.c., ad agire in sede cautelare ex art. 700 c.p.c. a tutela del patrimonio sociale per chiedere la revoca del liquidatore negligente ed eventualmente esperire azione risarcitoria sociale verso lo stesso nel caso in cui, ai sensi dell’art. 2275 c.c., ricorra una “giusta causa”, concesso espresso altresì dagli artt. 2259 c.c. (revoca di amministratore di società di persone) e 2383 comma tre c.c.. (revoca amministratore di società di capitali). Sul punto, deve ritenersi che la giusta causa per la revoca dell'amministratore, prevista dall'art. 2383, terzo comma, cod. civ., consista non solo in fatti integranti un significativo inadempimento degli obblighi derivanti dall'incarico, ma anche in fatti che minino il "pactum fiduciae", elidendo l'affidamento riposto al momento della nomina sulle attitudini e capacità dell'amministratore [nel caso di specie, il Tribunale ha ravvisato la sussistenza di una "giusta causa" di revoca nel comportamento del liquidatore che non abbia tempestivamente iscritto al Registro imprese la liquidazione della società per mancata ricostituzione della pluralità dei soci e non abbia svolto alcuna attività liquidatoria per un lungo lasso temporale].

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Sindaci: poteri, doveri e responsabilità
I doveri di controllo imposti ai sindaci sono contraddistinti da particolare ampiezza e si estendono a tutta l’attività sociale in...

I doveri di controllo imposti ai sindaci sono contraddistinti da particolare ampiezza e si estendono a tutta l’attività sociale in funzione della tutela e dell’interesse dei soci e di quello concorrente dei creditori sociali e si concretizzano nel controllo dell'amministrazione della società, nella vigilanza sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo, nella verifica della regolare tenuta della contabilità sociale, della corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, e nell'osservanza delle norme poste per la valutazione del patrimonio sociale (cd. responsabilità concorrente con gli amministratori). Il sindaco, dunque, non risponde in modo automatico per ogni fatto dannoso aziendale in ragione della sua mera "posizione di garanzia": ai fini dell'esonero dalla responsabilità, è necessario che egli abbia esercitato o tentato di esercitare l'intera gamma dei poteri istruttori ed impeditivi affidatigli dalla legge. Da un lato, solo un più penetrante controllo, attuato mediante attività informative e valutative - in primis, la richiesta di informazioni o di ispezione ex art. 2403-bis c.c. - può dare concreto contenuto all'obbligo di tutela degli essenziali interessi affidati al collegio sindacale, cui non è consentito di rimanere acriticamente legato e dipendente dalle scelte dell'amministratore, quando queste collidano con i doveri imposti dalla legge, al contrario avendo il primo il dovere di individuarle e di segnalarle ad amministratori e soci, non potendo assistere nell'inerzia alle altrui condotte dannose senza neppure potersi limitare alla richiesta di chiarimenti all'organo gestorio, ma dovendosi spingere a pretendere dal medesimo le cd. azioni correttive necessarie. Dall'altro lato, il sindaco dovrà fare ricorso agli altri strumenti previsti dall'ordinamento, come i reiterati inviti a desistere dall'attività dannosa, la convocazione dell'assemblea ai sensi dell'art. 2406 c.c. (ove omessa dagli amministratori, o per la segnalazione all'assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate), i solleciti alla revoca delle deliberazioni assembleari o sindacali illegittime, l'impugnazione delle deliberazioni viziate, il ricorso al tribunale per la nomina dei liquidatori ex art. 2487 c.c., la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c. o all'autorità giudiziaria penale, ed altre simili iniziative.

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Usufrutto di quota: diritti di intervento, di voto e di impugnazione delle deliberazioni
L’usufruttuario di quota è titolare del diritto di impugnare la delibera assembleare. Tale diritto, infatti, deve intendersi come strettamente connesso...

L'usufruttuario di quota è titolare del diritto di impugnare la delibera assembleare. Tale diritto, infatti, deve intendersi come strettamente connesso al diritto di voto e non può interpretarsi in un'accezione tale da frustrare i diritti partecipativi degli usufruttuari di quota.
In assemblea, ai fini del quorum costitutivo e di quello deliberativo, l'intervento e il voto espresso del  nudo proprietario non possono essere computati, in quanto privo dei relativi diritti partecipativi.
L'art. 2377, comma 8, c.c., norma dettata in materia di società per azioni - ai sensi della quale l’annullamento della deliberazione assembleare non può avere luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello Statuto - si applica, in quanto compatibile, anche alle s.r.l. per effetto del richiamo espresso contenuto nell’art. 2479-ter, u.c., c.c.,

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Interpretazione del contratto e comportamento delle parti
In materia contrattuale, le regole dell’ermeneutica impongono all’interprete di accertare gli effetti prodotti da un negozio giuridico cercando di individuare...

In materia contrattuale, le regole dell’ermeneutica impongono all’interprete di accertare gli effetti prodotti da un negozio giuridico cercando di individuare la comune intenzione delle parti attraverso i criteri interpretativi forniti dal legislatore. Il punto di partenza di tale ricerca è, ai sensi dell’art. 1362, comma 1, c.c., la lettera del testo contrattuale ma l’interprete non deve limitarsi ad esso, ben potendo applicare ulteriori canoni ermeneutici, e dovendo, a mente dell’art. 1362, comma 2, c.c., valutare il comportamento complessivo tenuto dalle parti.

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Ritardo e gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto di investimento
La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione si fonda su un criterio oggettivo che impone di accertare l’obiettiva...

La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione si fonda su un criterio oggettivo che impone di accertare l’obiettiva entità dell’inadempimento con riferimento alla natura accessoria o principale dell’obbligazione inattuata o all’entità del ritardo e su un criterio soggettivo che impone di considerare l’interesse che l’altra parte si era prefissa di realizzare così come cristallizzato nell’accordo contrattuale, dovendo il giudice verificare, tenuto conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive indicative della possibile alterazione dell’equilibrio contrattuale, se la parte inadempiente con la sua condotta, nel cui ambito rientra anche l’inosservanza di un termine non essenziale, abbia compromesso l’interesse dell’altra parte al raggiungimento dello scopo negoziale originariamente programmato. Fondamentale, quindi, nella valutazione della gravità anche solo del ritardo nell’esecuzione della prestazione principale è la considerazione della natura e delle finalità dell’accordo, dovendo la gravità dell’inadempimento essere commisurata non all’entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell'altra parte all’esatta e tempestiva prestazione [nel caso di specie, il Tribunale, sulla scorta di tali principi, ha accolto la domanda di risoluzione per inadempimento di un complesso accordo di investimento, ritenendo di non scarsa importanza l'inadempimento dato dal ritardo nella stipulazione dell’atto notarile di closing].

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Sulla ripetizione dell’indebito
L’art. 2033 c.c. riconosce in capo a chi abbia effettuato un pagamento non dovuto il diritto di ripetere ciò che...

L’art. 2033 c.c. riconosce in capo a chi abbia effettuato un pagamento non dovuto il diritto di ripetere ciò che ha pagato, oltre agli interessi, decorrenti, rispettivamente, dal giorno del pagamento, se chi ha ricevuto l’indebito era in mala fede, oppure dal giorno della domanda, se era in buona fede. Tale norma rinviene la propria ratio nel principio per cui, nel nostro ordinamento, ogni spostamento patrimoniale deve essere sorretto da giusta causa. Ne consegue che l’inesistenza originaria del titolo del pagamento ovvero il suo venir meno consentono la ripetizione di quanto corrisposto, poiché, diversamente, l’accipiens otterrebbe un arricchimento ingiustificato. Sulla scorta di tali considerazioni, deve ritenersi che l'azione di ripetizione di indebito, prevista dall'art 2033 cod. civ., abbia per suo fondamento l'inesistenza dell'obbligazione adempiuta da una parte, o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto, o perché venuto meno successivamente, a seguito di annullamento, rescissione o inefficacia connessa ad una condizione risolutiva avveratasi

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