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Tribunale di Venezia, 21 Febbraio 2025, n. 547/2025

Della responsabilità degli amministratori: natura dell’azione proposta dal curatore della liquidazione giudiziale, onere della prova a Business Judgment Rule

Tribunale di Venezia, 21 Febbraio 2025, n. 547/2025
Della responsabilità degli amministratori: natura dell’azione proposta dal curatore della liquidazione giudiziale, onere della prova a Business Judgment Rule

L’azione di responsabilità proposta dal curatore della liquidazione giudiziale ex art. 255 c.c.i.i. contempla tanto l’azione sociale di responsabilità, quanto l’azione dei creditori, la prima di natura contrattuale e la seconda di natura extracontrattuale. Ai fini del riparto dell’onere della prova, il curatore può avvalersi del più favorevole regime previsto per l’azione sociale di responsabilità, che impone alla società l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.

All’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità verso la società di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell’amministratore, non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società. Tuttavia, l’insindacabilità del merito delle scelte di gestione trova un limite nella ragionevolezza delle stesse, da valutarsi ex ante secondo i parametri della diligenza del mandatario, tenendo conto dell’eventuale mancata adozione da parte degli amministratori delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per quel tipo di scelta e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, di talché, una volta verificatane l’irragionevolezza, gli amministratori rispondono dei danni conseguenti alla cagionata insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le ragioni del ceto creditorio.

L’art. 2467 cc prevede la postergazione del credito del socio relativo ad un finanziamento concesso in condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto o laddove sarebbe stato ragionevole un conferimento. I finanziamenti costituiscono, dunque, prestiti la cui postergazione opera automaticamente, per cui il credito del socio non è esigibile in presenza di una delle situazioni previste dal secondo comma dell’art. 2467 c.c., con un impedimento (solo temporaneo) alla restituzione della somma mutuata. La società e, per essa, l’organo amministrativo può, ed anzi deve rifiutare il rimborso del prestito, sino a quando non siano venute meno le predette condizioni, ossia fino a che non sia stato superato lo squilibrio patrimoniale e, quindi, la situazione di rischio per i creditori sociali che ne discende e che la norma pone a fondamento della regola di postergazione.

Data Sentenza: 21/02/2025
Carica: Giudice Monocratico
Giudice: Maddalena Bassi
Registro: RG 17260 / 2023
Allegato:
Stampa Massima
Data: 22/10/2025
Massima a cura di: Pier Paolo Avanzini
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