Deve escludersi la responsabilità dell’amministratore di s.r.l. per aver venduto terreni della società amministrata, poi fallita, ad altra società a lui stesso riconducibile, se il fallimento attore non fornisce la prova chedetta vendita abbia in concreto arrecato un reale danno e in qual misura. In particolare, tale voce di danno deve ritenersi insussistente quando il fallimento attore, scegliendo di chiedere un decreto ingiuntivo e poi il fallimento della società debitrice, ha di fatto procrastinato ai tempi e alle scelte di quella procedura fallimentare la reintegrazione del patrimonio della società fallita e la soddisfazione dei suoi creditori, con ciò accentrando di fatto in sé tutta l’efficienza causale che ha condotto al preteso definitivo impoverimento patrimoniale e interrompendo il nesso causale con l’illecito originario ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227, co. 2, c.c. ( nella specie, il Tribunale ha statuito che il fallimento avrebbe potuto evitare il danno chiedendo immediatamente l’annullamento del contratto di compravendita ex art. 2475 ter, co. 1, c.c., oppure chiedendo e ottenendo de plano, una volta constatato il mancato pagamento del prezzo, la risoluzione del contratto – con tutte le previe o concomitanti iniziative cautelari conservative del caso – così da ottenere in entrambi i casi la retrocessione dei terreni alla società fallita senza dover procedere ad alcuna restituzione, atteso che il prezzo non era stato pagato neppure in parte).