La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione si fonda su un criterio oggettivo che impone di accertare l’obiettiva entità dell’inadempimento con riferimento alla natura accessoria o principale dell’obbligazione inattuata o all’entità del ritardo e su un criterio soggettivo che impone di considerare l’interesse che l’altra parte si era prefissa di realizzare così come cristallizzato nell’accordo contrattuale, dovendo il giudice verificare, tenuto conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive indicative della possibile alterazione dell’equilibrio contrattuale, se la parte inadempiente con la sua condotta, nel cui ambito rientra anche l’inosservanza di un termine non essenziale, abbia compromesso l’interesse dell’altra parte al raggiungimento dello scopo negoziale originariamente programmato. Fondamentale, quindi, nella valutazione della gravità anche solo del ritardo nell’esecuzione della prestazione principale è la considerazione della natura e delle finalità dell’accordo, dovendo la gravità dell’inadempimento essere commisurata non all’entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell’altra parte all’esatta e tempestiva prestazione [nel caso di specie, il Tribunale, sulla scorta di tali principi, ha accolto la domanda di risoluzione per inadempimento di un complesso accordo di investimento, ritenendo di non scarsa importanza l’inadempimento dato dal ritardo nella stipulazione dell’atto notarile di closing].