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Regolamentazione delle obbligazioni esistenti alla data di cessione di quote di società in nome collettivo
Il legislatore ha lasciato all’autonomia contrattuale la regolamentazione della ripartizione interna delle obbligazioni già contratte dalla società al momento della...

Il legislatore ha lasciato all’autonomia contrattuale la regolamentazione della ripartizione interna delle obbligazioni già contratte dalla società al momento della cessione, ma non ancora estinte, in coerenza con la natura giuridica di bene complesso della quota sociale. Ne consegue che al fine di valutare l'incidenza delle obbligazioni di pagamento contratte dalla società prima della cessione, nei rapporti interni tra cedente e cessionario, ciò che rileva è il contratto di cessione della quota, da interpretarsi secondo i canoni dettati dagli artt. 1362 ss. c.c. L'individuazione della parte tenuta al pagamento delle obbligazioni societarie precedenti e non estinte è un problema di ermeneutica contrattuale, inconferenti essendo, a tale riguardo, le previsioni degli artt. 2269 e 2290 c.c., che attengono alla responsabilità verso i creditori sociali, e dell’art. 2289 c.c., che regolamenta i rapporti tra società e socio uscente.

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Gravi irregolarità nella gestione ex art. 2409 c.c. e insindacabilità del merito gestorio
Il merito delle scelte di gestione (c.d. business judgement rule) è insindacabile, salvo che in presenza di irragionevolezza, imprudenza o...

Il merito delle scelte di gestione (c.d. business judgement rule) è insindacabile, salvo che in presenza di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese dell’iniziativa economica.

Le gravi irregolarità idonee a dar luogo al controllo giudiziario previsto dall’art. 2409 c.c. sono solamente quelle connesse alla violazione di norme civili, penali, tributarie, amministrative capaci di pregiudicare il buon funzionamento della società (c.d. censure di legittimità) e non anche le doglianze attinenti al merito o alla convenienza degli atti di gestione posti in essere dagli amministratori, né, sotto altro profilo, le censure che si risolvono in mere irregolarità inidonee ad arrecare un danno effettivo, od anche solo potenziale, alla società.

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Il potere di controllo del socio di s.r.l.
Il diritto dei soci non amministratori di cui all’articolo 2476 secondo comma c.c. di ricevere notizie sullo svolgimento degli affari...

Il diritto dei soci non amministratori di cui all’articolo 2476 secondo comma c.c. di ricevere notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare la relativa documentazione (come il libro giornale, il libro degli inventari, il registro IVA, i libri delle decisioni dei soci, i libri degli amministratori, ma anche in generale e senza limiti tutta la documentazione relativa all'amministrazione ivi compresa la corrispondenza, le fatture, la documentazione bancaria, i contratti, gli atti giudiziari), direttamente e indirettamente avvalendosi cioè dell'ausilio di professionisti di fiducia, può essere fatto valere dal singolo socio non amministratore in ogni momento, anche nella fase liquidatoria, al fine di soddisfare il suo concreto interesse al buon funzionamento dell'attività gestoria e ad avere contezza dell'andamento societario. Al diritto di consultazione è associato il diritto di estrarre copia a proprie spese, atteso che, opinando in senso contrario, si vanificherebbe il potere di controllo del socio, stante la difficoltà di studio dei predetti documenti.

Questo potere di controllo del socio: (a) ha carattere strumentale e propedeutico al successivo esercizio di altri diritti sociali e facoltà spettanti al socio, come il diritto di voto e di recesso, o anche eventualmente all'esperimento di un'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori; (b) deve svolgersi nel rispetto di alcuni limiti, segnatamente osservando il principio di buona fede e correttezza, di conseguenza non deve essere preordinato a soddisfare finalità extrasociali o ad arrecare pregiudizio all’attività sociale ostacolandone lo svolgimento.

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Criteri di liquidazione del danno nell’azione di responsabilità dell’amministratore. La prova della simulazione da parte del curatore
Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa l’individuazione e...

Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento.

La sola mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili è circostanza in sé non dirimente, ma, in un quadro più complesso di gravi inadempienze, colora ulteriormente la condotta dell’amministratore (an) in termini di ampiezza, avvalorando la sussistenza di una condotta generalizzata idonea a porsi come causa del danno lamentato, suscettibile di essere liquidato per via equitativa ove la detta mancata o irregolare tenuta delle scritture sociali impedisca l’accertamento degli specifici effetti dannosi. In coerenza a ciò, il giudice, quando si avvalga del criterio equitativo per la quantificazione del danno, deve indicare le ragioni per le quali, da un lato, l’insolvenza sarebbe stata conseguenza delle condotte gestionali dell’amministratore e, dall’altro, l’accertamento del nesso di causalità materiale tra queste ultime ed il danno allegato sarebbe stato precluso dall’insufficienza delle scritture contabili sociali.

Il criterio del c.d. differenziale dei netti patrimoniali trova utilizzo nei casi in cui sia possibile ricostruire la movimentazione degli affari dell’impresa e concludere che, nel caso in cui la gestione caratteristica non fosse proseguita sino al momento dell’apertura del concorso dei creditori, ma fosse cessata prima, la perdita di patrimonio sociale sarebbe stata inferiore. In tali ipotesi l’antigiuridicità della condotta degli amministratori discende dai principi dettati dall’art. 2447 c.c., che impone, unitamente a quelli di cui agli artt. 2485 e 2486 c.c., la convocazione dell’assemblea dei soci per l’adozione di una delibera “salvifica” (trasformazione o ricapitalizzazione), o, in difetto, la messa in liquidazione della società, in tutti i casi in cui la perdita di esercizio abbia l’effetto di ridurre il capitale sociale al di sotto dei limiti fissati dalla legge.

Il risarcimento del danno cui è tenuto l’amministratore ai sensi dell’art 2393 c.c. – sia che derivi da responsabilità per illecito contrattuale, sia che si ricolleghi a responsabilità extracontrattuale, sia, infine, che si configuri più genericamente come effetto di responsabilità ex lege, e tanto se si tratti di danno emergente come di lucro cessante – riveste natura di debito di valore e non di debito di valuta, il quale è, pertanto, sensibile al fenomeno della svalutazione monetaria fino al momento della sua liquidazione, ancorché il danno consista nella perdita di una somma di denaro, costituendo questo, in siffatta particolare ipotesi, solo un elemento per la commisurazione dell’ammontare dello stesso, privo di incidenza rispetto alla natura del vincolo.

Nel giudizio in cui eserciti l’azione di simulazione spettante al contraente fallito, il curatore stesso cumula la legittimazione già spettante al fallito con quella già spettante ai creditori, agendo pertanto, come terzo quoad probationis. Pertanto, la prova della simulazione da parte del curatore è pienamente ammessa senza limiti, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1416, co. 2, e 1417 c.c. e, dunque, sia a mezzo testimoni che per presunzioni.

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Responsabilità dell’amministratore e il danno cagionato dall’anticipato rimborso di crediti postergati
L’azione di responsabilità verso gli amministratori promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. si prescrive in 5 anni...

L’azione di responsabilità verso gli amministratori promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. si prescrive in 5 anni dal momento della percepibilità dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti. Per l’onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento. Peraltro, l’azione ex art. 146 l. fall. del curatore fallimentare unisce in sé le azioni di responsabilità degli amministratori verso la società (art. 2393 c.c.) e verso i creditori sociali (art. 2934 c.c.). Quando il curatore agisce nei confronti del liquidatore (o amministratore) in carica prima della costituzione dell’organo fallimentare: (i) il termine quinquennale di prescrizione dell’azione sociale di responsabilità (art. 2393 c.c.) decorre dalla cessazione del liquidatore (o amministratore) dalla carica, avvenuta al momento della pronuncia della sentenza dichiarativa del fallimento; (ii) il termine quinquennale di prescrizione dell’azione dei creditori sociali (art. 2394 c.c.) decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti. L’onere di provare che l’insufficienza del patrimonio sociale si è manifestata ed è divenuta conoscibile prima della dichiarazione di fallimento grava sul liquidatore (o amministratore) che eccepisce la prescrizione dell’azione. Tuttavia, la mera constatazione che da un bilancio precedente la dichiarazione di fallimento fosse rilevabile l’elevata esposizione debitoria della società non implica, di per sé, né che la stessa fosse insolvente, né che il patrimonio fosse insufficiente a soddisfare i creditori sociali.

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Requisiti per la sussistenza di una società di fatto e scioglimento della stessa per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale
L’accertamento dell’esistenza del vincolo sociale, ai fini della configurabilità di una società anche di fatto, si ottiene verificando la sussistenza...

L’accertamento dell'esistenza del vincolo sociale, ai fini della configurabilità di una società anche di fatto, si ottiene verificando la sussistenza degli elementi previsti dall'art. 2247 cod. civ. ovvero provando: il conferimento di beni o servizi per la formazione di un patrimonio o fondo comune; la partecipazione agli utili ed alle perdite; l'intenzione di vincolarsi e collaborare per conseguire risultati patrimoniali attraverso lo svolgimento in comune di un'attività economica (c.d. affectio societatis).

A seguito del mancato conferimento di un bene immobile, la società di fatto non potrà operare né tanto meno l’oggetto sociale potrà dirsi raggiunto; ciò determina lo scioglimento della società di fatto per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.

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Esercizio del diritto di recesso mediante spedizione di lettera raccomandata priva di avviso di ricevimento
Il diritto di recesso deve ritenersi validamente esercitato anche mediante spedizione di lettera raccomandata priva di avviso di ricevimento. Infatti,...

Il diritto di recesso deve ritenersi validamente esercitato anche mediante spedizione di lettera raccomandata priva di avviso di ricevimento. Infatti, la lettera raccomandata – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto.

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Presunzione e retrodatazione della decorrenza del termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci.
In tema di decorrenza del termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci ai sensi dell’art....

In tema di decorrenza del termine di prescrizione per l'esercizio dell'azione di responsabilità verso amministratori e sindaci ai sensi dell'art. 2394 c.c., l'azione di responsabilità relativa può essere proposta dai creditori sociali (e per essi dal curatore del fallimento) dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto, anche senza verifica diretta della contabilità della società, non richiedendosi a tal fine che essa risulti da un bilancio approvato dall'assemblea dei soci. Se la citata insufficienza patrimoniale può anche essere anteriore alla data di apertura della procedura concorsuale, l'onere di provare che essa si è manifestata ed è divenuta conoscibile prima della dichiarazione di fallimento grava sull'amministratore o sul sindaco che eccepisca la prescrizione. In difetto di prova per retrodatare la decorrenza del termine di prescrizione, questa deve considerarsi coincidente con la pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

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Concorrenza sleale parassitaria e competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa
In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 27 giugno 2003,...

In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 27 giugno 2003, n, 168, nel testo vigente alla luce delle modifiche apportate dall’art. 2 del Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, conv. nella legge 24 marzo 2012, n. 27, va affermata la competenza della sezione ordinaria del Tribunale, e va esclusa quella delle sezioni specializzate in materia di impresa nel caso di proposizione di una domanda di accertamento di una ipotesi di concorrenza sleale nella quale la fattispecie lesiva sia commessa senza la ipotizzata sussistenza, in tutto o in parte, di privative oppure di altri diritti di proprietà intellettuale, direttamente o indirettamente risultanti quali elementi costitutivi o relativi all’accertamento dell’illecito concorrenziale.

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Competenza della sezione specializzata in materia di imprese con riferimento ad attività di concorrenza sleale confusoria
La fattispecie di concorrenza sleale interferente con diritti di proprietà industriale (ai sensi dell’art. 134 c.p.i.) non richiede il contemporaneo...

La fattispecie di concorrenza sleale interferente con diritti di proprietà industriale (ai sensi dell'art. 134 c.p.i.) non richiede il contemporaneo esercizio dell'azione risarcitoria del comportamento sleale con quello dell'accertamento di un diritto di privativa, ma soltanto che sussista un collegamento tra la condotta lesiva e l'esistenza di un segno distintivo del soggetto leso. Infatti, dalla disposizione di legge non si evince la necessità che oggetto principale della tutela giudiziaria sia una domanda volta a una pronuncia di un diritto di proprietà industriale o intellettuale; il legislatore invero richiede espressamente solo un rapporto di interferenza tra la tutela della proprietà industriale e intellettuale e le fattispecie di concorrenza sleale devolute alla competenza delle sezioni specializzate.

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