La condotta distrattiva dei beni di un'azienda assoggettata a fallimento posta in essere dagli amministratori della stessa non è sufficiente a fondare il pericolo di sottrazione dei beni degli amministratori, specialmente se nemmeno ventilata dal ricorrente in sede di richiesta cautelare di sequestro.
Né la loro situazione di -almeno apparente- impossidenza può esser utilizzata, con artificio retorico che mal interpreta alcune massime giurisprudenziali d'uso, nel senso di ritenere giustificato il sequestro ogniqualvolta il patrimonio del danneggiante possa ritenersi sproporzionato rispetto al verosimile credito risarcitorio: posto che tale principio porterebbe all'aberrante conclusione che illeciti anche gravissimi ed in atto, in presenza di un patrimonio comunque capiente, non necessiterebbero di cautela alcuna mentre il danneggiante 'non abbiente' sarebbe comunque e sempre astringibile dal vincolo sequestratario.
L'accertamento in merito alla circostanza se una transazione abbia avuto ad oggetto l'intero debito o soltanto una quota parte costituisce quaestio facti da condurre volta per volta sulla base delle regole ermeneutiche dettate dagli artt. 1362 e seguenti cod. civ.; onde, una volta che il giudice accerti che il debito sia stato considerato -e per l'effetto, ridotto o estinto- nella sua interezza, non potrà certo essere una diversa clausola pur espressamente inserita in transazione dal creditore ad impedire all'effetto estintivo di operare anche per gli altri condebitori che dichiarino di volersene avvalere.
Ne consegue che della transazione intervenuta tra più società senza limitazione ad una particolare quota interna dell'obbligazione potranno profittare anche altri soggetti chiamati dalla società attrice a rispondere a titolo risarcitorio in qualità di ex amministratori e sindaci delle società convenute, in base all'art. 1304, co. 1.
Difetta del presupposto del fumus boni iuris (oltre che, nel caso di specie, del presupposto del periculum in mora) la domanda cautelare, proposta da alcuni soci di una società cooperativa, volta ad ottenere il riconoscimento del diritto di ricevere dalla società la comunicazione degli indirizzi degli altri consociati. Le disposizioni (in tesi, fondanti il diritto per il quale si è chiesta tutela) di cui (altro…)
Sussiste un preciso dovere dell’amministratore in carica di provvedere tempestivamente alla richiesta di fallimento in proprio (o ricorso ad altra idonea procedura concorsuale) al fine di non aggravare ingiustificatamente la situazione patrimoniale e finanziaria della società, quale obbligo (altro…)
Un ricorso ex art. 702 c.p.c. avente ad oggetto un impegno della resistente ad acquistare quote di una società a responsabilità limitata, corredato da un impegno ad eseguire i finanziamenti “ da parte dei soci” deve ritenersi di competenza del tribunale delle imprese. Pertanto il ricorso, in ragione della esclusiva competenza del giudice monocratico nel procedimento previsto da tale norma, deve essere dichiarato inammissibile.
Qualora una srl abbia venduto al proprio amministratore una autovettura, dovrà allegare eventuali limitazioni relative alla assunta carenza di poteri, tenendo presente la norma di cui all'art. 2475 bis c.c. che richiede la prova del dolo del terzo.
Deve ritenersi applicabile alla s.r.l. il "diritto di rinvio" espressamente previsto ex art 2374 in materia di spa. Deve infatti reputarsi comune ad entrambi i menzionati tipi sociali, in via di principio, l'esigenza imprescindibile di garantire una partecipazione (altro…)
Nel caso di annullamento della delibera di esclusione da una società cooperativa, grava sul socio, il quale agisca per il risarcimento del danno alla reputazione personale, con riflessi patrimoniali, sofferto a causa dell'illegittima esclusione, l'onere di provare, sia pure a mezzo di presunzioni, l'esistenza del danno, (altro…)
Nel caso di annullamento della delibera di esclusione di un socio da una società cooperativa, grava sul socio, il quale agisca per il risarcimento del danno alla reputazione personale, con riflessi patrimoniali, sofferto a causa dell'illegittima esclusione, l'onere di provare, (altro…)
Il liquidatore di società poi fallita non può esonerarsi da responsabilità adducendo la completa ignoranza circa le vicende della liquidazione e le sue dimissioni dalla carica, se alle dimissioni non sono seguite iniziative volte alla propria effettiva sostituzione nella carica, quale la convocazione di assemblea dei soci recante tale ordine del giorno ovvero, in caso di esito infruttuoso dell'assemblea, il ricorso all'autorità giudiziaria in sede di volontaria giurisdizione ai sensi dell'art. 2487 c.c.
Poiché clausole come quelle di prelazione (o di gradimento) sono tali da incidere sul rapporto tra l'elemento capitalistico e quello personale della società, accrescendo il peso del secondo elemento rispetto al primo, in base a quanto i soci valutino più adatto alle esigenze dell'ente, ne consegue che (altro…)