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Sulla nullità delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. delle fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust
A differenza di altre clausole presenti nello schema negoziale predisposto dall’ABI – che non comportano un ingiustificato aggravio della posizione...

A differenza di altre clausole presenti nello schema negoziale predisposto dall’ABI – che non comportano un ingiustificato aggravio della posizione del fideiussore in quanto funzionali a garantire l’accesso al credito bancario – le clausole di reviviscenza, sopravvivenza e di rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. hanno lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa. Pertanto, tali clausole contengono previsioni che, nella misura in cui vengono applicate in modo uniforme, sono in contrasto con la l. 287/1990, art. 1, comma 2, lett. a). La distorsione della concorrenza derivante dall’applicazione uniforme degli artt. 2, 6 e 8 del formulario ABI non è il portato di un contratto tra imprese, ovvero di negozi giuridici consistenti in manifestazioni di volontà tendenti a realizzare una funzione specifica attraverso un particolare voluto, ma di comportamenti “non contrattuali” o “non negoziali” (ricorso a schemi giuridici meramente unilaterali) che hanno la funzione di coordinare verso un comune interesse, le attività economiche.

 

Quanto al tipo di tutela che l’ordinamento riconosce ai privati che abbiano stipulato fideiussioni “a valle” riproduttive della intesa vietata, quella che consente di assicurare il rispetto degli interessi coinvolti nella vicenda è data dalla nullità parziale, limitata alle sole clausole riproduttive degli artt. 2, 6 e 8 del formulario predisposto dall’ABI. Tale soluzione costituisce applicazione del principio di conservazione degli atti di autonomia negoziale sotteso all’art. 1419, comma 1, c.c. L’estensione della nullità delle clausole riproduttive degli artt. 2, 6 e 8 del formulario ABI all’intero negozio costituisce evenienza di ben difficile riscontro, atteso che la riproduzione di tali clausole ha l’effetto di rendere più gravosa la posizione del garante, mentre la loro eliminazione ha l’effetto di alleggerirne la posizione, cosicché non può seriamente dubitarsi del fatto che il fideiussore, soprattutto se, quale socio della società garantita, interessato all’erogazione del finanziamento, avrebbe concesso la garanzia personale anche senza le clausole nulle. Sotto altro aspetto l’imprenditore bancario, ha interesse a mantenere la garanzia personale delle fideiussioni anche senza le clausole a lui più favorevoli, atteso che l’alternativa sarebbe l’assenza completa della fideiussione, con minore garanzia dei propri crediti.

 

L’interesse ad agire, sotteso alla domanda di nullità di clausole che riproducano il contenuto degli artt. 2, 6 e 8 del formulario ABI, presuppone che il garante alleghi tempestivamente l’effetto utile derivante dalla disapplicazione delle clausole nulle. [Nel caso di specie il Tribunale ha rilevato che gli attori, pur deducendo in via subordinata la nullità parziale della fideiussione, non avevano eccepito alcuna decadenza della banca ai sensi dell’art. 1957 c.c., applicabile una volta caducata la clausola derogatoria. Conseguentemente, è stato rilevato il difetto di interesse degli attori ad agire per la nullità di tali clausole quale condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c. Inoltre, il Tribunale ha rilevato che la banca aveva rispettato il termine di cui all'art. 1957 c.c.]

 

Il fideiussore che sia socio, anche se di minoranza, della società garantita, non è liberato in caso di mancata preventiva autorizzazione del creditore alla concessione di ulteriore credito, perché, nell’esercizio delle prerogative proprie di componente dell’assemblea (quanto meno in occasione dell’approvazione dei bilanci), ha la concreta possibilità di conoscere la situazione economica e la sua colpevole ignoranza non può giustificare un obbligo sostitutivo di vigilanza in capo alla banca creditrice.

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Nullità delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia al termine ex art. 1957 c.c.: necessaria produzione in giudizio del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia
Nelle cause aventi ad oggetto la declaratoria di nullità delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia al termine ex art....

Nelle cause aventi ad oggetto la declaratoria di nullità delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia al termine ex art. 1957 c.c. contenute in un contratto di fideiussione omnibus in quanto conformi a quelle contenute nello schema ABI censurato da Banca d'Italia con provvedimento n. 55/2005 per violazione della normativa antitrust, la mancata produzione in giudizio di tale provvedimento  non consente la valutazione della fondatezza della pretesa azionata. [Nel caso di specie, le pretese dell'attrice sono state respinte dal Tribunale in quanto essa non aveva prodotto in giudizio tale provvedimento. Peraltro, il Tribunale ha altresì rilevato come la fideiussione contestata fosse stata sottoscritta nel 2016, ossia in un periodo diverso da quello preso in considerazione da Banca d'Italia. Trattandosi, quindi, di causa "stand alone", l'attrice non avrebbe potuto giovarsi del citato provvedimento quale prova privilegiata dell'intesa anticoncorrenziale, ma avrebbe dovuto provare il perdurare della stessa. Infine, il Tribunale ha rilevato come l'attrice non avrebbe ottenuto alcun beneficio concreto dalla caducazione della clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c., posto che essi erano stati rispettati dal creditore].

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Confondibilità tra insegna e marchio complesso
Deve considerarsi debole il marchio complesso le cui componenti descrittive e figurative presentano un collegamento logico con la natura dei...

Deve considerarsi debole il marchio complesso le cui componenti descrittive e figurative presentano un collegamento logico con la natura dei prodotti rappresentati; il loro abbinamento ad un elemento denominativo, avente solo un’assonanza fonetica con i prodotti, è idoneo a rafforzare il collegamento tra la parte denominativa del segno e i prodotti rappresentati [marchio costituito dall’espressione Canapè – Antica Canapa d’Abruzzo e dal disegno di foglie di canapa e di una catena montuosa, per prodotti a base di canapa]; la considerazione della debolezza del marchio si risolve in una tutela attenuata dello stesso, essendo sufficienti lievi variazioni per escluderne la violazione.

Nella valutazione di confondibilità di un’insegna rispetto ad un marchio complesso, il confronto non può avere come termine di riferimento la sola parte denominativa del marchio, comprendente al suo interno anche una componente figurativa, dovendo avere ad oggetto il marchio nel suo insieme,  cosicché deve escludersene la confondibilità qualora l’impressione generale suscitata, avuto riguardo anche alle componenti figurative del segno, ritenuto complessivamente “debole”, non sia la stessa.

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Procedimento cautelare per violazione di marchio e concorrenza sleale: valutazione del periculum in mora e della strumentalità rispetto al giudizio di merito
Il reclamo proposto nei confronti di soggetti che non sono stati parte del giudizio di primo grado va dichiarato inammissibile...

Il reclamo proposto nei confronti di soggetti che non sono stati parte del giudizio di primo grado va dichiarato inammissibile nei confronti dei medesimi soggetti.

Affinché il requisito della c.d. "strumentalità" dell'istanza proposta in via cautelare sia soddisfatto, non è necessario che il ricorso riporti espressamente le domande del giudizio di merito, ma è sufficiente che queste siano sufficientemente desumibili, anche con un ragionevole sforzo, dal tenore dell'atto introduttivo del procedimento d'urgenza.

L'applicabilità dell'art. 2598 c.c. non può essere esclusa per il fatto che entrambe le parti del giudizio siano degli enti privi di lucro, in quanto ciò che rileva è che i soggetti operino come imprenditori, e quindi esercitino un'attività economica organizzata al fine dello scambio dei beni e dei servizi ex art. 2082 c.c., intendendosi per "economica" non solo l'attività che tenda a conseguire un utile, ma anche quella che tende alla copertura dei costi con i ricavi.

In relazione alla valutazione circa il periculum in mora, il requisito dell'irreparabilità sussiste non solo quando il danno che il ricorrente patirebbe in attesa dell'esito del giudizio di merito non potrebbe essere ristorato in nessuno modo (c.d. irreparabilità assoluta), ma anche laddove il pregiudizio sia riparabile in misura incerta o incompleta o con particolare difficoltà (c.d. irreparabilità relativa).

Nel caso di violazione di marchio, il pregiudizio che deriverebbe dalla prosecuzione o dalla reiterazione dell'illecito può senz'altro dirsi connotato dal carattere dell'irreparabilità, in considerazione del fatto che in tal caso il titolare del marchio rischierebbe di veder ulteriormente diluita la capacità distintiva del proprio segno e di perdere delle quote di mercato.

Con riferimento agli atti di concorrenza sleale consistenti nell'uso di segni distintivi analoghi e nella denigrazione dell'attività svolta da un concorrente, anche la prosecuzione o la reiterazione di tali condotte rischia di determinare uno sviamento della clientela e di far perdere all'impresa che subisce tali condotte delle quote di mercato.

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Riproduzione di modellini Ferrari e requisiti del carattere creativo e del valore artistico dell’opera del disegno industriale
Il potere di riduzione della clausola penale a equità, attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c., è funzionale alla tutela dell’equilibrio...

Il potere di riduzione della clausola penale a equità, attribuito al giudice dall’art. 1384 c.c., è funzionale alla tutela dell’equilibrio contrattuale, fatto – questo – che, essendo di interesse generale, legittima l’esercizio della potestà anche d’ufficio, ferma la necessità di previo assolvimento di oneri di allegazione e prova incombenti sulla parte circa le circostanze rilevanti per la valutazione della eccessività. Il criterio per esercitare il potere di riduzione non è mai, però, la valutazione del danno che sia stato accertato o risarcito, quanto piuttosto l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della prestazione specifica cui ha diritto. Al di fuori del caso di manifesta eccessività della penale rispetto all’interesse che il creditore aveva all’adempimento della prestazione (e non rispetto al danno arrecatogli dall’altrui inadempimento), un esercizio disinvolto del potere di riduzione da parte del giudice finirebbe, infatti, per creare un incentivo economico all’inadempimento, privando la penale della sua capacità di stimolare le parti al rispetto degli impegni assunti in ambito negoziale e di prevenire il contenzioso, con ricadute positive in termini di diminuzione delle cause civili e di semplificazione del processo.

In tema di segni distintivi, qualora sia registrato un marchio per autoveicoli dotato di rinomanza, l’apposizione da parte di un terzo che realizza modellini di autovetture, senza autorizzazione del titolare del marchio, di un segno identico a tale marchio sulle miniature di tali prodotti, al fine di riprodurre fedelmente gli stessi, non è scriminata dall’art. 21, co. 1, lett. b) c.p.i, poiché il segno utilizzato non è un segno distintivo dei modellini, ma un elemento ornamentale degli stessi, spettando, dunque, al giudice di merito accertare in concreto, e in base ad una valutazione fattuale, se l’uso del marchio altrui, effettuato in funzione non distintiva, rechi comunque pregiudizio alle altre funzioni (pubblicitaria ed evocativa). Esclusa l’applicazione della esimente, l’uso del marchio altrui unitamente al proprio è ammesso nei limiti in cui le modalità concrete di tale uso non inducano il mercato in confusione circa la provenienza del bene [nel caso di specie, l’apposizione ben visibile del marchio CMC prima del nome del modello Ferrari riprodotto in scala è stato ritenuto tale da escludere – con riferimento al consumatore medio e, a maggior ragione, al pubblico di collezionisti a cui CMC si rivolge – qualsiasi rischio di confusione circa la provenienza del modellino pubblicizzato e commercializzato da CMC con il proprio marchio di produttore di autovetture in miniatura].

Quando la forma (intesa come pregio estetico) del prodotto concorre con altri elementi (le caratteristiche tecniche ed economiche) nella scelta del consumatore, essa diviene elemento importante che conferisce “valore sostanziale” al prodotto ai sensi dell’art. 9 c.p.i. La nozione di forma (o altra caratteristica) che dà un “valore sostanziale” al prodotto è riferita alla forma che conferisca un valore di mercato al prodotto, un fattore attrattivo aggiuntivo, in grado comunque di influenzare “in larga misura” le scelte d’acquisto del consumatore, ma non necessariamente e soltanto in maniera prevalente.

La nozione di opera del disegno industriale, prevista dall’art. 2, n. 10 l.d.a., richiede la compresenza dei requisiti del carattere creativo e del valore artistico. A tal riguardo, il carattere creativo non implica novità assoluta dell’opera di design, ma è espressione e manifestazione dell’idea dell’autore, mente la valutazione del valore artistico va effettuata caso per caso, facendo leva su indicatori di natura oggettiva, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali, ad esempio, il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali e istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l’esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l’attribuzione di premi, l’acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità, ovvero la creazione da parte di un noto artista. Inoltre, le opere del disegno industriale, anche se in origine concepite come oggetti destinati ad una riproduzione seriale, possono acquisire in seguito un valore artistico che supera la sua originaria valenza meramente tecnica e funzionale, attraverso il riconoscimento collettivo da parte del mercato e degli ambienti artistici [nel caso di specie, sono stati ritenuti sussistenti i requisiti per il riconoscimento della tutela del diritto d’autore, come opere del disegno industriale, soltanto per due modelli di autovetture Ferrari e, segnatamente, per la Ferrari 250 GTO e per la Ferrari Testarossa].

La nozione di opera del disegno industriale, che richiede la compresenza dei requisiti del carattere creativo e del valore artistico, si differenzia dalla nozione di “opera” di cui alla direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione del diritto d’autore, così come interpretata dalla giurisprudenza europea, che pone, invece, l’accento sul requisito del carattere creativo o dell’originalità ed implica l’esistenza di un oggetto originale, nel senso che l’oggetto deve rappresentare una creazione del suo autore in quanto ne riflette la personalità, manifestando scelte libere, originali e creative. La tutela dei disegni e dei modelli, da una parte, e la tutela garantita dal diritto d’autore, dall’altra, perseguono, infatti, obiettivi fondamentalmente diversi e sono assoggettate a regimi distinti, sicché se un design può essere considerato quale opera dell’ingegno, allora esso potrà godere della tutela autorale, non essendo necessario, ai sensi della legislazione europea, che ricorra l’ulteriore requisito costituito dall’effetto visivo da loro prodotto e rilevante da un punto di vista estetico.

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Le fideiussioni specifiche non rientrano nell’ambito dell’accertamento del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia
Lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 era...

Lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 era stato predisposto dall’Associazione bancaria italiana nel corso dell’anno 2003 e riguardava unicamente le fideiussioni omnibus rilasciate a garanzia di operazioni bancarie che, essendo un modello contrattuale di uso corrente, per la sua diffusività avrebbe comportato l’estensione ad una serie indefinita e futura di rapporti, finendo così per ostacolare la pattuizione di migliori clausole contrattuali, inducendo le banche ad uniformarsi a uno standard negoziale che prevede una deteriore disciplina contrattuale della posizione del garante. Tale valutazione sfavorevole e la conseguente invalidità non si estendono perciò anche alle fideiussioni ordinarie, oggetto di specifica pattuizione tra banca e cliente. Dunque, la mera corrispondenza di alcune clausole contenute in una fideiussione specifica allo schema ABI non determina la nullità delle predette clausole, in essa riprodotte, poiché non vige il criterio presuntivo secondo cui tale fideiussione rappresenti il frutto di un’intesa vietata, cioè non può avvalersi del valore di prova privilegiata del provvedimento sanzionatorio della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005. Da tale ricostruzione deriva che, in assenza di un provvedimento di natura sanzionatoria emesso dall’Autorità di vigilanza competente, che abbia accertato l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale in violazione dell’art.2 comma 2 lett. a) della legge n. 287/1990, relativa alla formulazione delle tre clausole di cui agli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme ABI, l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita in violazione della concorrenza all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava sulla parte che ha eccepito la nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust.

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Il provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia costituisce prova privilegiata dell’illecito anticoncorrenziale per le sole fideiussioni omnibus stipulate tra il 2002 e il 2005
La decisione n. 55/2005 della Banca d’Italia ha accertato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza limitatamente al settore delle fideiussioni...

La decisione n. 55/2005 della Banca d’Italia ha accertato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza limitatamente al settore delle fideiussioni omnibus bancarie e nel solo periodo compreso tra il 2002 e il 2005. [Nel caso di specie, l'attrice contestava la nullità delle clausole di sopravvivenza, reviviscenza e rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. contenute in una fideiussione specifica, rilasciata nel 2007  a garanzia di un contratto di leasing finanziario. Il Tribunale ha ritenuto inutilizzabile il provvedimento n. 55/2005 di Banca d'Italia quale prova privilegiata. Trattandosi, quindi, di causa "stand alone", l'attrice avrebbe dovuto provare la sussistenza di un illecito anticoncorrenziale; prova che, tuttavia, non era stata fornita].

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I diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica
Per le opere cinematografiche l’art. 45 l.d.a. detta una presunzione di trasferimento, a vantaggio del produttore dell’opera, dei diritti di...

Per le opere cinematografiche l'art. 45 l.d.a. detta una presunzione di trasferimento, a vantaggio del produttore dell'opera, dei diritti di utilizzazione economica dell'opera (cd. diritto primario) e dei diritti connessi (o secondari) al diritto d'autore, di cui all'art. 78 ter l.d.a. che costituiscono una categoria di diritti distinta e autonoma rispetto al diritto d'autore che vengono direttamente attribuiti al produttore dalla legge e tutelano l'attività di fissazione di un'opera su di un supporto materiale (corpus mechanicum).

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Intesa illecita restrittiva della concorrenza (acciaio per cemento armato precompresso): termine di prescrizione dell’azione di risarcimento del danno e vincolatività della decisione della Commissione Europea
La decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per l’azione per il risarcimento del danno a seguito di violazione dell’art. 101...

La decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per l’azione per il risarcimento del danno a seguito di violazione dell’art. 101 TFUE deve essere individuato nella data in cui il provvedimento sanzionatorio della Commissione europea è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea [nel caso di specie  la decisione COMP/38.344 del 30 giugno 2010 della Commissione Europea era stata pubblicata nella sua versione non-confidenziale in data 13.3.2012 ed aveva statuito in merito al fatto che alcune società avevano partecipato alla stipulazione ed attuazione di accordi e pratiche concordate ai sensi dell'articolo 101 del TFUE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE riguardanti la vendita di acciaio per precompressione, partecipando ad accordi a livello paneuropeo e/o nazionale/regionale e concordando un sistema di coordinamento che consentiva il flusso di informazioni tra i due cartelli]. Non rilevano in senso contrario eventuali informazioni rese note dalle imprese soggette agli accertamenti nei propri bilanci annuali che non forniscano informazioni specifiche sui fatti indagati e sull'identità dei presunti responsabili.

Ai sensi dell’art. 16 Reg. UE 1/03, il giudice nazionale nel pronunciarsi su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell'articolo 101 TFUE già oggetto di una decisione della Commissione europea, non può prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione. Tali accertamenti risultano quindi per il giudice nazionale vincolanti rispetto all’accertamento dell’esistenza degli accordi illeciti valutati e definiti nella Decisione della Commissione tra i soggetti sopposti a sanzione.

Il consulente nominato dall'ufficio può sempre avvalersi dell'opera di esperti specialisti, al fine di acquisire, mediante gli opportuni e necessari sussidi tecnici, tutti gli elementi di giudizio, senza che sia necessaria una preventiva autorizzazione del giudice, né una nomina formale, purché egli assuma la responsabilità morale e scientifica dell'accertamento e delle conclusioni assunte dal collaboratore.

Ai fini della responsabilità solidale di cui all'art. 2055, comma 1, c.c., norma sulla causalità materiale integrata nel senso dell'art. 41 c.p., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome - e pure se diversi siano i titoli di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale - in quanto la norma considera essenzialmente l'unicità del fatto dannoso, e riferisce tale unicità unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità delle norme giuridiche violate. La fattispecie di responsabilità implica che sia accertato il nesso di causalità tra le condotte caso per caso, in modo da potersi escludere se a uno degli antecedenti causali possa essere riconosciuta efficienza determinante e assorbente tale da escludere il nesso tra l'evento dannoso e gli altri fatti, ridotti al semplice rango di occasioni.

L’eccezione di compensatio lucri cum damno – cui si riconosce appartenere quale categoria specifica l’eccezione di trasferimento a valle del sovrapprezzo in materia antitrust – ha  natura di eccezione in senso lato, volta a dare rilievo cioè non alla prospettazione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto altrui, ma una mera difesa in ordine all'esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, come tale rilevabile d'ufficio dal giudice il quale, per determinarne l'esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell'acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio. In ogni caso, la natura di eccezione in senso lato della compensatio lucri cum damno non esime chi la invoca di dimostrarne il fondamento, così dovendosi confermare che il relativo onere probatorio ricade in ultima analisi in capo al soggetto che ha formulato l’eccezione.

Quando la transazione è limitata alla sola quota interna del condebitore che la stipula, essa non interferisce sulla quota interna degli altri condebitori e, riducendo l'intero debito dell'importo corrispondente alla quota transatta, produce automaticamente lo scioglimento del vincolo solidale fra il condebitore stipulante e gli altri condebitori, i quali rimangono obbligati nei limiti della loro quota senza potersi avvalere del potere di cui all'art. 1304 c.c. In particolare deve ritenersi che, ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l'ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all'importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo grava sugli altri coobbligati.

 

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Modelli registrati e non registrati, diverso livello di protezione e onere probatorio
Nel caso sia eccepita l’incompetenza territoriale del Tribunale adito, è onere della parte che ha sollevato l’eccezione indicare, con riferimento...

Nel caso sia eccepita l’incompetenza territoriale del Tribunale adito, è onere della parte che ha sollevato l’eccezione indicare, con riferimento a ogni criterio indicato dall’art. 120 CPI, le ragioni dell’incompetenza; in difetto, tale eccezione si deve ritenere come non proposta.

Alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte, l'utilizzatore informato va individuato nel destinatario del prodotto, che sia in possesso di una buona conoscenza del settore merceologico cui si riferisce, in quanto allo stesso interessato per motivi professionali o di altro genere e ben informato dell'offerta disponibile.

Il giudizio sull'esistenza del carattere individuale del modello, ossia della sua originalità, deve  essere relativo e non assoluto, in quanto varia in dipendenza del grado di "affollamento" del settore merceologico esaminato. Se, quindi, nel settore in questione esistono pochi prodotti del genere considerato, allora occorrono maggiori modificazioni al modello perché queste siano idonee ad individualizzarlo; viceversa, in un settore che veda molti o moltissimi altri prodotti del genere, tutti simili tra loro, anche lievi modifiche saranno sufficienti a differenziare i prodotti concorrenti (cfr. Cass. 23975/2020).

Il titolare di un disegno o modello comunitario non registrato beneficia di un ridotto livello di protezione, atteso che, da un lato è protetto unicamente contro la copiatura (intesa dalla giurisprudenza italiana costante quale pedissequa imitazione) del suo disegno o modello, e, dall’altro, la durata della protezione a lui offerta è limitata a tre anni a partire dalla prima divulgazione al pubblico.

Per quanto attiene al riparto dell’onere probatorio nei giudizi di contraffazione di disegni o modelli non registrati, spetta a chi agisce in giudizio allegare la novità del suo prodotto, indicando anche i suoi caratteri individualizzanti, e provare il momento della sua divulgazione, fondando così la presunzione di validità del suo modello; spetta invece al resistente contestare tali requisiti, indicando quali disegni o modelli precedono la divulgazione di quello del ricorrente, con effetto distruttivo della sua novità o individualità.

Nell’accordare tutela ai modelli non registrati, deve essere vietata solo una imitazione che si sostanzi in una sovrapponibilità assoluta tra modello “originale” e modello del prodotto “contraffatto” in quanto vi è l’esigenza di contemperare la tutela dell’originalità creativa con l'affidamento dei terzi operanti sul mercato che, in buona fede, potrebbero incappare negli “asseriti” diritti di esclusiva altrui, dei quali, tuttavia, non possano conoscere limiti ed esistenza, perché, appunto, non sono stati oggetto di registrazione.

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