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Responsabilità degli amministratori per atti distrattivi e onere della prova
L’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate...

L’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi. Di contro, incombe sul convenuto l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti, affinché questi possa andare esente da responsabilità. In particolare, per quel che concerne gli atti imputabili all’organo gestorio aventi natura distrattiva, è onere dell’attrice provare l’avvenuto prelevamento, e quindi la diminuzione del patrimonio sociale, ed allegare che gli stessi siano risultati ingiustificati, essendo invece onere dell’amministratore provare che la destinazione degli importi che ne formano l’oggetto sia funzionalmente collegata all’attività sociale.

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Clausola compromissoria per arbitrato irrituale: inopponibilità da parte del fideiussore
In presenza di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, la domanda proposta innanzi al giudice ordinario deve essere dichiarata improponibile...

In presenza di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, la domanda proposta innanzi al giudice ordinario deve essere dichiarata improponibile nei confronti della parte sottoscrittrice del contratto (di associazione in partecipazione) contenente la clausola stessa, mentre resta ammissibile nei confronti del fideiussore che, in quanto terzo rispetto al rapporto contrattuale principale, non abbia espressamente aderito alla deroga alla giurisdizione ordinaria.

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Responsabilità degli amministratori: condotte distrattive, solidarietà passiva e colpa concorrente
In tema di condotte distrattive o dissipative, la natura contrattuale della responsabilità dell’amministratore consente alla società che agisce per il...

In tema di condotte distrattive o dissipative, la natura contrattuale della responsabilità dell’amministratore consente alla società che agisce per il risarcimento del danno (o al curatore) di allegare l’inadempimento dell’organo gestorio quanto ai fatti distrattivi, restando a carico degli amministratori l’onere di dimostrare l’utilizzazione delle somme nell’esercizio dell’attività di impresa.

l’art. 2476 cc, nel prevedere che gli amministratori siano solidalmente responsabili per i danni derivanti dall'inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto, disciplina un'ipotesi di responsabilità colpevole, mai oggettiva, che richiede quindi non solo l’accertamento di una condotta, commissiva od omissiva, imputabile a ciascun amministratore, ma anche la sussistenza, quantomeno, dell'elemento soggettivo della colpa. Ne consegue che, come nelle ordinarie fattispecie di responsabilità solidale civilistica, anche nell'ambito del diritto societario, la regola della responsabilità solidale gestoria non esclude affatto che, sebbene in astratto tutti gli amministratori possano essere responsabili del danno cagionato alla società, in concreto la responsabilità residui solo a carico di uno o taluno di essi

La circostanza che il fatto dannoso sia stato compiuto da un altro amministratore non è sufficiente ad escludere la responsabilità degli altri componenti del Consiglio di Amministrazione. La colpa concorrente dell'amministratore che non abbia direttamente posto in essere la condotta illecita - fattispecie omissiva colposa - può ravvisarsi: a) nella mancata conoscenza dell'atto compiuto, purché si tratti di atto conoscibile secondo ordinaria diligenza; b) nella colposa ignoranza del fatto altrui, per non avere adeguatamente rilevato i "segnali d'allarme" dell'altrui illecita condotta, percepibili con la diligenza della carica; c) nell'inerzia colpevole, per non essersi utilmente attivato al fine di scongiurare l'evento evitabile con l'uso della diligenza predetta.

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Domanda di riduzione del sequestro giudiziario e di sostituzione dei beni sequestrati in sede di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.
Nell’ambito del giudizio di reclamo avverso l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 670, n. 1, c.p.c., di sequestro giudiziario, non possono...

Nell’ambito del giudizio di reclamo avverso l’ordinanza emessa ai sensi dell'art. 670, n. 1, c.p.c., di sequestro giudiziario, non possono trovare accoglimento le domande di riduzione del sequestro e di sostituzione dei beni sequestrati con altri, essendo proprio i beni oggetto di sequestro quelli sulla cui proprietà vi è contenzioso ai sensi dell’art. 670, n. 1, c.p.c.

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Il regime della prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore
L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ai sensi degli artt. 146 legge fall. ha carattere unitario e inscindibile e assomma...

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ai sensi degli artt. 146 legge fall. ha carattere unitario e inscindibile e assomma in sé i presupposti sia dell’azione sociale (art. 2393 cod. civ.) che dell’azione dei creditori (art. 2394 cod. civ.). Seppur promosse unitariamente dal curatore, tali azioni non perdono comunque la propria originaria identità giuridica, rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto che nella disciplina applicabile. In particolare, l’azione sociale (che ha natura contrattuale) differisce dall’azione dei creditori sociali (che ha natura extracontrattuale) quanto alla distribuzione dell’onere della prova, ai criteri di determinazione del danno risarcibile e al regime della prescrizione. Con riferimento a tale ultimo aspetto, entrambe le azioni si prescrivono nel termine di cinque anni, ai sensi dell’art. 2949 cod. civ. Tuttavia, nell’azione sociale il dies a quo del termine di prescrizione coincide con la data del fatto dannoso; inoltre, nell’azione sociale si applica la sospensione prevista dall’art. 2941, n. 7, cod. civ. (con la conseguenza che la prescrizione rimane sospesa tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché essi sono in carica). Diversamente, nell’azione ex art. 2394 cod. civ. il dies a quo coincide con il momento in cui i creditori hanno potuto avere contezza dell’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei loro crediti

In materia di responsabilità degli amministratori di società di capitali, l’insindacabilità del merito delle scelte gestorie trova un limite nella ragionevolezza delle stesse. La valutazione circa la ragionevolezza delle scelte di gestione va compiuta “ex ante”, secondo i parametri della diligenza del mandatario, tenendo conto della adozione (o meno) da parte dell’amministratore delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive normalmente richieste per una scelta del tipo di quella assunta, nonché tendo conto della diligenza mostrata dall’amministratore nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione poi compiuta

In forza del principio di causazione (che unitamente a quello di soccombenza regola il riparto delle spese di lite), il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore qualora la chiamata in causa sia stata resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda. Il rimborso rimane invece a carico della parte che ha chiamato in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa

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Determinazione del prezzo dell’opzione di vendita della quota di partecipazione mediante arbitraggio
Non è soggetta alla giurisdizione arbitrale l’istanza di nomina di un perito prevista in un patto parasociale per la determinazione...

Non è soggetta alla giurisdizione arbitrale l'istanza di nomina di un perito prevista in un patto parasociale per la determinazione del valore di una partecipazione oggetto di un'opzione di vendita da parte di un socio. La diversità di funzioni tra gli istituti dell’arbitrato e dell’arbitraggio - composizione di una lite quanto al primo, integrazione del contenuto negoziale quanto al secondo – comporta che presupposto fondamentale dell’arbitrato è l’esistenza di un rapporto controverso che invece difetta nell’arbitraggio. Ove una clausola del patto parasociale preveda una modalità per stabilire il prezzo da pagare a seguito dell’esercizio dell’opzione e, quindi, per integrare il contenuto del contratto mediante l’individuazione di un suo elemento (in particolare, il corrispettivo), si è in presenza di arbitraggio che ha ad oggetto l’incarico di determinare uno degli elementi del negozio in via sostitutiva della volontà delle parti.

La procedura per la nomina dell’arbitratore dev’essere seguita anche nel caso sorga tra le parti una controversia circa la validità e l’efficacia di un contratto di compravendita tramite cui sia stato dalle parti convenuto di affidare ad un terzo la determinazione del prezzo secondo la previsione dell’art.1473 c.c.. Ai sensi dell'art.1473, 2°c., c.c., del resto, si procede alla nomina dell’arbitratore in sede di volontaria giurisdizione a prescindere dai motivi che non hanno portato alla nomina congiunta del medesimo.

L'esercizio dell'opzione di vendita (put option) da parte di un socio in relazione alla propria partecipazione sociale comporta il perfezionamento del contratto.

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Gravi irregolarità nella gestione ex art. 2409 c.c.
Il mancato riscontro fisico del denaro in contante indicato in contabilità costituisce indice rivelatore di gravi atti di mala gestio...

Il mancato riscontro fisico del denaro in contante indicato in contabilità costituisce indice rivelatore di gravi atti di mala gestio compiuti dall’amministratore.

 

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Mancata allegazione del foglio presenze al verbale e annullabilità della delibera assembleare
L’art. 2375 c.c. deve interpretarsi nel senso che l’elenco dei partecipanti all’assemblea di una società per azioni, con l’indicazione dei...

L'art. 2375 c.c. deve interpretarsi nel senso che l’elenco dei partecipanti all’assemblea di una società per azioni, con l’indicazione dei voti espressi o dell’astensione di ciascuno deve essere contenuta nel verbale o in un documento allegato che faccia corpo con il verbale, a pena di annullabilità della deliberazione. L’art. 2375 c.c., infatti, nel richiedere un allegato impone che tale documento faccia corpo col verbale, costituendone parte integrante: ciò si verifica ove il foglio di presenze sia espressamente richiamato nel predetto verbale o quantomeno materialmente unito allo stesso.

Deve ritenersi legittima la clausola statutaria di una società cooperativa che per la nomina delle cariche sociali si proceda a scrutinio segreto, trattandosi di materia funzionale a soddisfare i valori cooperativi.

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Nullità della delibera di approvazione del bilancio per violazione dei principi di chiarezza, veridicità e correttezza
È nulla la deliberazione assembleare di approvazione del bilancio di esercizio redatto in violazione dei principi di chiarezza, veridicità e...

È nulla la deliberazione assembleare di approvazione del bilancio di esercizio redatto in violazione dei principi di chiarezza, veridicità e correttezza di cui all’art. 2423 c.c., nonché delle prescrizioni in tema di informativa sulle parti correlate e altri obblighi informativi previsti dalla legge, in quanto tali violazioni rendono illecito l’oggetto della deliberazione stessa ai sensi dell’art. 2379 c.c.

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Sopravvenuta carenza di interesse ad agire nell’impugnazione di delibera assembleare sostituita da altra non tempestivamente impugnata
Nelle società a responsabilità limitata, qualora, nel corso del giudizio, la delibera assembleare impugnata venga sostituita da una nuova deliberazione...

Nelle società a responsabilità limitata, qualora, nel corso del giudizio, la delibera assembleare impugnata venga sostituita da una nuova deliberazione dotata di autonoma efficacia – ancorché viziata – che non sia stata a sua volta tempestivamente impugnata in via principale, sopravviene, in capo all’impugnante, la carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. L’eventuale accoglimento della domanda non potrebbe infatti garantire all’impugnante un risultato utile, ovvero il conseguimento di alcun bene della vita.
L’interesse ad agire rappresenta una condizione dell’azione che deve sussistere per tutta la durata del processo; la sua eventuale carenza sopravvenuta deve essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo.

I vizi di natura procedimentale delle delibere assembleari delle S.r.l. – come la fissazione del medesimo giorno per la prima e la seconda convocazione dell’assemblea dei soci – devono essere impugnati, a pena di decadenza, entro 90 giorni ai sensi dell’art. 2479ter, comma 1, c.c., non rientrando tra le ipotesi di nullità previste dal comma 3 del medesimo articolo.

Nel caso di impugnazione di delibera assembleare, non sussiste automaticamente un conflitto di interessi tra la società e il suo legale rappresentante tale da giustificare la nomina di un curatore speciale; la legittimazione processuale permane quindi in capo all’organo gestorio.

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Indici sintomatici della sussistenza di un amministratore di fatto
L’amministratore di fatto viene positivamente individuato quando si realizza la compresenza dei seguenti elementi: (i) mancanza di un’efficace investitura assembleare;...

L’amministratore di fatto viene positivamente individuato quando si realizza la compresenza dei seguenti elementi: (i) mancanza di un’efficace investitura assembleare; (ii) attività di gestione svolta in maniera continuativa, non episodica od occasionale; (iii) autonomia decisionale interna ed esterna, con funzioni operative e di rappresentanza. La prova della posizione di amministratore di fatto implica l’accertamento della sussistenza di una serie di indici sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, tipizzati dalla prassi giurisprudenziale, quali il conferimento di deleghe in favore dell’amministratore di fatto in fondamentali settori dell’attività di impresa, la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria. La persona che, benché priva della corrispondente investitura formale, si accerti essersi inserita nella gestione della società, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, va considerata amministratore di fatto ove tale ingerenza, lungi dall’esaurirsi nel compimento di atti eterogenei e occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza. [nel caso di specie il Tribunale nega la ricorrenza di tali requisiti in capo a soggetto, figlio dell'amministratore di diritto, che operava presso punti di vendita della società, impartendo direttive al personale, ma senza la prova del carattere di sistematicità].

La responsabilità degli amministratori di società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale, sicché la società deve allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri e provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l’osservanza dei doveri previsti dalla legge o dallo statuto.

Ai fini della risarcibilità del preteso danno, l’attore, oltre ad allegare l’inadempimento dell’amministratore ai doveri gestori, deve dunque allegare e provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente: in ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente illecita o inadempiente. In particolare, qualora la condotta imputata all’amministratore abbia natura distrattiva, è onere della parte attrice dimostrare l’avvenuto prelievo o pagamento di somme, e quindi la diminuzione del patrimonio sociale, e allegare che tali prelievi siano rimasti privi di giustificazione alcuna o comunque che siano stati effettuati per finalità che si assumano essere estranee ai fini sociali, in favore dell’amministratore o di soggetti terzi, essendo invece onere dell’amministratore quello di provare la destinazione a fini sociali delle somme oggetto di contestazione. L’amministratore ha, infatti, l’obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della destinazione dei beni presenti nel patrimonio, con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della loro distrazione od occultamento.

Con riguardo ai danni conseguenti alla prosecuzione dell’attività nonostante il verificarsi di una causa di scioglimento, va osservato che l’art. 2486 c.c. individua chiaramente i criteri ai quali attenersi per la quantificazione del danno patito nel caso di violazione dell’obbligo di gestire la società, al verificarsi di una causa di scioglimento, in ottica meramente conservativa. Ai sensi dell’art. 2486, co. 3, c.c., la curatela attrice deve fornire in giudizio idonea allegazione e prova della condotta che possa costituire titolo della responsabilità in questione, ossia: i) dell’intervenuta diminuzione del capitale sociale sotto il minimo di legge (artt. 2447 e 2482-ter c.c.); ii) della consapevolezza o della possibilità per gli amministratori di accorgersi di tale circostanza; iii) dell’omessa (o ritardata) convocazione da parte degli amministratori dell’assemblea finalizzata alla ricapitalizzazione o trasformazione della società, ovvero l’omessa iscrizione da parte degli amministratori della causa di scioglimento della società; iv) dell’aver posto in essere, pur conoscendo o potendo conoscere la perdita del capitale e, non avendo adottato gli adempimenti conseguenti, una gestione dell’attività in violazione dell’art. 2486, co. 1, c.c., il quale prescrive che tale gestione debba avvenire esclusivamente secondo modalità conservative “dell’integrità e del valore del patrimonio sociale”.

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Abuso del socio di maggioranza in società in liquidazione
La decisione di ripianare le perdite di una società in liquidazione e ricostituire il capitale sociale, imponendo al socio di...

La decisione di ripianare le perdite di una società in liquidazione e ricostituire il capitale sociale, imponendo al socio di minoranza di scegliere tra un esborso di denaro in una società non più produttiva di utili e l'abbandono della stessa, può configurare un abuso del diritto da parte del socio di maggioranza; ciò si verifica in particolare quando tale decisione è basata su una situazione patrimoniale non veritiera e volta a danneggiare il socio di minoranza, costringendolo a uscire dalla compagine sociale.

L’interruzione della prescrizione per effetto del riconoscimento ex art. 2944 cc è configurabile in presenza dei requisiti della volontarietà, della consapevolezza, dell’inequivocità, della esternazione e della recettizietà. Il riconoscimento del diritto non può fondarsi su atti interni alla società come la contabilità, in quanto il bilancio non è fornito di quel carattere specificatorio necessario per integrare una manifestazione di consapevolezza idonea alla ricognizione del singolo debito.

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