L’art. 34 c.p.i., al pari dell’art. 7 del Regolamento Europeo 6/2002, pone l’onere di provare la divulgazione in capo a chi vuole far valere la carenza di novità e di carattere individuale di una registrazione, mentre chi contesta la sussistenza di predivulgazioni deve opporre la “ragionevole conoscenza” delle stesse negli ambienti specializzati comunitari nel corso della normale attività commerciale. La “ragionevole conoscenza” implica una valutazione in concreto della realtà del settore interessato ed esclude dal novero delle anteriorità distruttive le ipotesi di conoscenza delle forme dovute a occasioni di contatto privilegiato oppure avvenute in via ipotetica e casuale. La valutazione della “ragionevole conoscenza” spetta al giudice, il quale è chiamato a pronunciarsi alla luce delle specifiche circostanze del caso sottoposto al suo esame.
La produzione di cataloghi condivisi ad addetti del settore di rifermento, unitamente alla prova dell’avvenuta esposizione all’estero di specifici prodotti in una fiera rilevante per il mercato europeo e agli ordinativi comprendenti le anteriorità, consentono di ritenere che i prodotti siano anteriorità divulgate opponibili.
L’utilizzatore informato è un individuo competente, aggiornato e dotato di particolare diligenza, in posizione intermedia tra il consumatore medio e l’esperto provvisto di competenze tecniche approfondite nel settore merceologico rilevante. Lo stesso è chiamato a verificarsi se l’impressione generale dei modelli registrati differiscano dall’impressione generale suscitata da modelli anteriori presenti sul mercato, tenuto conto dell’ampiezza del settore merceologico e della libertà del designer. Di fronte a mercati affollati la libertà del Designer è compressa e, di conseguenza, anche lievi differenze possono reputarsi idonee a distinguere un prodotto da un altro.
Perché possa parlarsi di contraffazione di un disegno o di un modello è necessario che il prodotto che si assume interferente riproduca gli elementi che conferiscono carattere individuale al disegno o modello protetto, cosicché l’utilizzatore informato, vedendolo, non ne ricavi un’impressione generale differente da quella suscitata dal modello protetto. Di conseguenza, la protezione accordata dall’ordinamento non è limitata ai disegni o ai modelli identici a quello registrato, ma si estende anche a quelli che presentano differenze minime o trascurabili o tali, comunque, da non provocare un’impressione generale diversa, dovendosi pur sempre rammentare che l’impressione generale è determinata dalla complessiva interazione delle singole parti con il tutto.
Nella giurisprudenza di legittimità e di merito la concorrenza sleale parassitaria si delinea come fenomeno consistente in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non tanto dei prodotti ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, mediante comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale.
L’art. 2598 n. 1) c.c. prevede un illecito di pericolo che si configura laddove sussista il rischio per il consumatore medio di confondere prodotti concorrenti. Tale ipotesi di illecito esige la riproduzione delle caratteristiche esteriori del prodotto altrui dotate di efficacia individualizzante idonee a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa, sempre che i connotati formali non siano quelli necessari dalle caratteristiche funzionali del prodotto.
La concorrenza sleale parassitaria si delinea come fenomeno consistente in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non tanto dei prodotti ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali altrui, mediante comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale. Si riferisce perciò a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipici dei nn. 1 e 2 dell’art. 2598 c.c.