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Tribunale di Roma, 15 Giugno 2016

Natura del rapporto di amministrazione e sua cessazione per dimissioni del consiglio.

Tribunale di Roma, 15 Giugno 2016
Natura del rapporto di amministrazione e sua cessazione per dimissioni del consiglio.

Anche a voler condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’applicazione della clausola simul stabunt simul cadent deve avvenire nel rispetto del principio generale della buona fede, affinché possa ipotizzarsi un diritto al risarcimento dell’amministratore per la sua decadenza dall’ufficio conseguente l’applicazione di tale clausola, l’amministratore ha l’onere di provare che le dimissioni della maggioranza dei consiglieri siano state del tutto arbitrarie, ingiustificate e finalizzate al mero scopo di estromettere lui dall’amministrazione, per ragioni estranee agli interessi della società.

Poiché le dimissioni sono atti individuali rimessi alla volontà di ciascun consigliere, e non della società, perché la società stessa debba rispondere del danno provocato all’amministratore dall’utilizzo abusivo della clausola simul stabunt, simul cadent l’amministratore deve provare che le dimissioni della maggioranza siano state provocate da pressioni effettuate dalla società sui singoli dimissionari o, in seguito, siano state strumentalizzate dalla società stessa al fine di estromettere un determinato amministratore (ad es. in caso di riconferma di quattro consiglieri su cinque decaduti a seguito delle dimissioni dei primi quattro).

La previsione statutaria per la quale, qualora per qualsiasi causa cessi la maggioranza degli amministratori, si intende cessato l’intero Consiglio, fa ritenere che la cessazione dell’intero CdA possa avvenire anche per una causa “non giusta”.

La società non può utilizzare un mero prospetto relativo ai compensi versati all’amministratore, da essa prodotto, quale prova del loro avvenuto pagamento.

Nell’ordinario giudizio di cognizione la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo ma anche integrando questo con la motivazione, sicché, ove manchi un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una delle due parti del provvedimento, che va interpretata secondo l’unica statuizione in esso contenuta.

Data Sentenza: 15/06/2016
Registro: RG 57873 / 2013
Allegato:
Stampa Massima
Data: 12/01/2020
Massima a cura di: Marco Verbano
Marco Verbano

Laureatosi col massimo dei voti e la lode in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Padova nel 2011 (tesi di diritto civile su "Il danno da intese anticoncorrenziali", relatore il Prof. Stefano Delle Monache), ha svolto il tirocinio forense presso lo Studio degli Avvocati Laghi, Tabacchi & Associati di Treviso (ora Laghi Leo Spangaro & Associati), presso il quale ha collaborato per cinque anni, trattando prevalentemente pratiche di diritto commerciale, societario e bancario. Ancora dall'autunno del 2011 è collaboratore della cattedra di Diritto commerciale del Dipartimento di diritto privato e critica del diritto dell'Università degli Studi di Padova (Prof. Marco Cian). È iscritto all'Ordine degli Avvocati di Treviso dal settembre del 2014. Nell'aprile del 2016 ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca presso la Scuola di dottorato in Diritto internazionale e diritto privato e del lavoro dell'Università degli Studi di Padova, dopo aver discusso una tesi su "Il danno da deliberazione invalida nelle s.p.a." (relatore il Prof. Stefano Delle Monache). Da maggio 2016 a settembre 2018 ha collaborato anche con la cattedra di Diritto commerciale del Dipartimento di scienze giuridiche dell'Università degli Studi di Udine (Prof. Vittorio Giorgi). È stato assegnista di ricerca di Diritto commerciale presso l'Università degli Studi di Padova per il 2016/2017 e presso l'Università degli Studi di Udine per il 2017/2018 ed è docente a contratto presso la Scuola di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Padova dall'a.a. 2016/2017.

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