Anche a voler aderire all’orientamento interpretativo che ritiene sia analogicamente applicabile alle s.r.l. la disciplina dettata dall’art. 2373 c.c. in materia di società per azioni, sul dovere dell’amministratore di astenersi dal voto nelle delibere inerenti la sua responsabilità, la quota del socio in conflitto di interessi andrebbe comunque computata ai fini del quorum costitutivo e scomputata solo dal quorum deliberativo, in base a quanto disposto dall’art 2368, comma 3, cc
Le delibere invalide ai sensi del primo comma dell’art. 2479 ter c.c. devono essere impugnate entro novata giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Si tratta di un termine di decadenza, cui non si applicano gli istituti della sospensione e dell’interruzione disciplinati dagli artt. 2941 e 2943 c.c. Tale termine per impugnare decorre dalla data di iscrizione della deliberazione nel libro delle decisioni e si applica a tutti i tipi di decisione dei soci, siano esse adottate con il metodo assembleare ovvero mediante consultazione scritta o mediante consenso espresso e prescinde dalla data di verbalizzazione e dalla data di iscrizione nel registro imprese. Il dies a quo per l’esercizio dell’impugnativa decorre esclusivamente dalla data di trascrizione nel libro delle decisioni dei soci, non rilevando la data di iscrizione al Registro delle Imprese, nel caso in cui la delibera sia soggetta ad iscrizione, trattandosi di un termine unico, come illustrato nella Relazione governativa al D.lgs. n. 6 del 2003. Tale disciplina trova la sua ragion d’essere nell’elevato grado di partecipazione alla vita dell’ente da parte dei soci di talché la pubblicità interna rappresentata dai libri sociali assume maggior rilevanza rispetto a quella che si realizza tramite il Registro delle Imprese.
Il principio di proporzionalità e il connaturato principio di parità di trattamento dei soci esposti dal comma 2 dell’art. 2468 c.c. in forza dei quali sono attribuiti ai soci i medesimi diritti, in misura per l’appunto proporzionale alla misura della partecipazione, costituiscono regole dispositive, poste a tutela dell’interesse dei soci, che possono essere derogate in nome del rilievo personalistico che informa anch’esso l’aspetto organizzativo del nuovo tipo sociale della S.r.l. ed in forza del quale assume rilievo statutario l’intuitus personae. Il terzo comma disciplina l’ipotesi in cui l’autonomia negoziale voglia introdurre deroghe al principio di uguaglianza e di proporzionalità del contenuto delle partecipazioni sociali. L’eventuale deroga all’uguaglianza ed alla proporzionalità si estrinseca nell’attribuzione di particolari diritti a singoli soci ed esclude invece la loro incorporazione in partecipazioni sociali comprensive di diritti diversi rispetto alle altre. Con particolare riferimento alla nomina degli amministratori, l’art. 2475 c.c. prevede che i soci nominino uno o più amministratori della società con decisione ai sensi dell’art. 2479 c.c., salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo. La norma dell’art. 2468, 3° comma c.c. legittima la previsione pattizia di meccanismi di designazione degli amministratori diversi dalla decisione dei soci assunta dall’art. 2479 c.c.
L’attribuzione di uno o più diritti particolari a tutti i soci di una s.r.l. deve invece ritenersi ammissibile in considerazione del tenore letterale dell’art. 2468, comma 3, c.c., che non esclude che i diritti particolari possano riguardare tutti i soci e dell’autonomia statutaria riconosciuta al tipo sociale s.r.l., in forza della quale i soci possono decidere di attribuire rilevanza alle persone di tutti i soci.
Il reclamo proposto nei confronti di soggetti che non sono stati parte del giudizio di primo grado va dichiarato inammissibile nei confronti dei medesimi soggetti.
Affinché il requisito della c.d. "strumentalità" dell'istanza proposta in via cautelare sia soddisfatto, non è necessario che il ricorso riporti espressamente le domande del giudizio di merito, ma è sufficiente che queste siano sufficientemente desumibili, anche con un ragionevole sforzo, dal tenore dell'atto introduttivo del procedimento d'urgenza.
L'applicabilità dell'art. 2598 c.c. non può essere esclusa per il fatto che entrambe le parti del giudizio siano degli enti privi di lucro, in quanto ciò che rileva è che i soggetti operino come imprenditori, e quindi esercitino un'attività economica organizzata al fine dello scambio dei beni e dei servizi ex art. 2082 c.c., intendendosi per "economica" non solo l'attività che tenda a conseguire un utile, ma anche quella che tende alla copertura dei costi con i ricavi.
In relazione alla valutazione circa il periculum in mora, il requisito dell'irreparabilità sussiste non solo quando il danno che il ricorrente patirebbe in attesa dell'esito del giudizio di merito non potrebbe essere ristorato in nessuno modo (c.d. irreparabilità assoluta), ma anche laddove il pregiudizio sia riparabile in misura incerta o incompleta o con particolare difficoltà (c.d. irreparabilità relativa).
Nel caso di violazione di marchio, il pregiudizio che deriverebbe dalla prosecuzione o dalla reiterazione dell'illecito può senz'altro dirsi connotato dal carattere dell'irreparabilità, in considerazione del fatto che in tal caso il titolare del marchio rischierebbe di veder ulteriormente diluita la capacità distintiva del proprio segno e di perdere delle quote di mercato.
Con riferimento agli atti di concorrenza sleale consistenti nell'uso di segni distintivi analoghi e nella denigrazione dell'attività svolta da un concorrente, anche la prosecuzione o la reiterazione di tali condotte rischia di determinare uno sviamento della clientela e di far perdere all'impresa che subisce tali condotte delle quote di mercato.
In tema di scioglimento di società di capitali (nel caso specifico, una società a responsabilità limitata), l’intervento suppletivo del Tribunale volto alla nomina del liquidatore ai sensi dell’art. 2487, co. 2, c.c. presuppone l’accertamento della già avvenuta messa in liquidazione della società, la quale, ove non derivi dall’accertamento giudiziale di una causa di scioglimento ex art. 2484, nn. 1-5, c.c., deve risultare da valida deliberazione assembleare adottata con le forme di legge. È, pertanto, inammissibile il ricorso ex art. 2487, co. 2, c.c. volto alla nomina del liquidatore in mancanza di una valida deliberazione assembleare di scioglimento, allorquando l’assemblea abbia sì deliberato lo scioglimento ma senza il rispetto della forma notarile, rimanendo improduttiva di effetti e non potendosi sostituire il Tribunale all’assemblea per una scelta discrezionale, rimessa ai soci, di scioglimento volontario. In mancanza di una causa legale di scioglimento ai sensi dell’art. 2484, nn. 1-5, c.c., l’inerzia dell’assemblea o l’esistenza di una situazione di stallo nella definizione del piano di liquidazione non legittima l’intervento del Tribunale ai fini della nomina del liquidatore.
Nel caso in cui la clausola compromissoria contenuta in uno statuto preveda un rinvio a “regolamento arbitrale precostituto” e dunque preveda un c.d. arbitrato amministrato, si applica l’art. 832 c.p.c., il quale al terzo comma dispone che “Se le parti non hanno diversamente convenuto, si applica il regolamento in vigore al momento in cui il procedimento arbitrale ha inizio”. Pertanto, il rinvio ad un regolamento arbitrale deve essere normalmente inteso come riferito al testo del regolamento in vigore al momento dell'introduzione del procedimento arbitrale, e ciò a prescindere dal fatto che tale testo possa essere diverso da quello vigente al momento della stipulazione della clausola arbitrale.
Il diritto dei soci al controllo della documentazione sociale non può essere compresso dalla volontà delle parti, se non in melius, e dunque deve ritenersi indisponibile. Di conseguenza, le relative controversie non possono essere considerate arbitrabili.
Il diritto di ispezione del socio non può estendersi ad ogni informazione delle società controllate, ma soltanto a informazioni e a documenti specificamente individuati e nei limiti in cui questi siano nella disponibilità della società controllante. Diversamente opinando, infatti, verrebbe meno la differenziazione soggettiva tra la controllante e la controllata e ai soci della controllante verrebbero garantite delle prerogative analoghe a quelle dei soci della controllata anche nel caso in cui siano privi di tale qualità.
Per le opere cinematografiche l'art. 45 l.d.a. detta una presunzione di trasferimento, a vantaggio del produttore dell'opera, dei diritti di utilizzazione economica dell'opera (cd. diritto primario) e dei diritti connessi (o secondari) al diritto d'autore, di cui all'art. 78 ter l.d.a. che costituiscono una categoria di diritti distinta e autonoma rispetto al diritto d'autore che vengono direttamente attribuiti al produttore dalla legge e tutelano l'attività di fissazione di un'opera su di un supporto materiale (corpus mechanicum).
La delibera di modificazione dei patti sociali adottata senza alcuna partecipazione da parte del socio escluso (proprio perché escluso dalla compagine) può reputarsi a sua volta impugnabile da parte del medesimo in tanto in quanto egli contesti fondatamente la delibera di esclusione oggetto del giudizio, posto che se non si ammettesse la legittimazione del socio ad impugnare la sua esclusione, ottenendone se del caso anche la sospensione degli effetti, sarebbe preclusa ogni possibilità per il socio medesimo di aggredire ogni ulteriore deliberazione che potrebbe pregiudicare i suoi diritti. In altre parole, la legittimazione del socio escluso ad impugnare la sua esclusione, ai sensi dell’art. 2287 c.c., deriva dalla stessa disciplina di legge secondo cui il socio escluso ha la legittimazione ad opporsi a detta esclusione, mentre l’interesse ad ottenere la ricostituzione del suo status si coglie in ragione del fatto che il socio escluso in tal modo riacquisisce la possibilità di esercitare i diritti sociali che gli competono, anche contestando le successive delibere che i medesimi diritti pregiudichino.
Sono abusive le decisioni dei soci maggioritari che si palesano dettate dal solo intento di danneggiare indebitamente la minoranza, nella indifferenza dell’utilità sociale (concetto quest’ultimo spesso di difficile definizione, specie nelle società di persone, dove l’organismo societario coincide con le persone dei soci). L’abuso, costituendo violazione dell’obbligo di esercitare i diritti sociali secondo buona fede, costituisce causa di illegittimità della decisione così ottenuta.
Deve ritenersi abusiva la condotta dei soci maggioritari che abbiano illegittimamente escluso l’unico socio accomandatario e abbiano dato ingresso a diversi e nuovi soci a condizioni di favore, senza il pagamento immediato di alcunché o, addirittura, facendo entrare nella compagine un nuovo socio accomandatario quale socio d’opera senza versamenti, laddove era invece pacifico che la società generasse rilevantissimi utili e che i soci entranti avrebbero dunque ottenuto l’accesso a rilevanti benefici. Infatti, stante la illegittimità della esclusione dell’unico socio accomandatario, la ricostituzione della categoria degli accomandatari non andava fatta facendo entrare altri soci (per di più alle predette condizioni di maggior favore), ma reintegrando il socio illegittimamente escluso.
I diritti di sfruttamento economico spettano al creatore dell’opera, che può disporne già in vita, e, se questi non abbia altrimenti disposto, agli eredi. Spetta all'attore provare di essere erede, ove venga pretesa la tutela dei diritti dell'autore dell'opera.
Al fine di usufruire della tutela extra-merceologica garantita dall'art. 20, lett. c) c.p.i., le sponsorizzazioni (specie se pregresse, di durata limitata e non esclusive) così come la partecipazione a fiere non sono sufficienti a provare la natura rinomata del marchio. Quel che rileva sotto questo profilo è stabilire in quale misura il marchio possieda una capacità distintiva immediata, intensa e stabile in una grande fetta di pubblico (se del caso, attraverso lo svolgimento di apposite indagini demoscopiche).
[Nel caso di specie, il Tribunale di Venezia non ha ritenuto la sponsorizzazione del marchio della ricorrente in singole edizioni della Champions League e della Serie A e la partecipazione a singole fiere nazionali ed internazionali idonee a dimostrare la rinomanza del marchio stesso.]
In forza del principio di unitarietà dei segni distintivi, di cui all'art. 22 c.p.i., non è consentito l'uso del marchio anteriore altrui come denominazione sociale identica, in quanto tale uso è idoneo ad ingenerare il rischio di confusione in ordine alla provenienza dei prodotti.
Attesa la finalità della descrizione, volta al reperimento e alla conservazione della prova della violazione di un diritto di proprietà industriale e della entità di detta violazione in vista del futuro giudizio di merito, è proprio in relazione al diritto processuale alla prova che va valutato in via diretta il fumus boni iuris della misura cautelare, rilevando solo in via indiretta il fumus del diritto sostanziale di cui si invoca la tutela. Ai fini della descrizione, dunque, il fumus è sicuramente affievolito rispetto al fumus richiesto per la concessione delle altre misure cautelari, quali il sequestro e l’inibitoria, esaurendosi nella ragionevolezza della richiesta o nella non pretestuosità della domanda e si ritiene quindi che sia sufficiente un ragionevole sospetto della violazione di cui si voglia acquisire la prova con la descrizione.
Sotto il profilo dell’onere della prova, spetta comunque a chi agisce in giudizio, in caso di contestazione della sussistenza del diritto, fornire, seppur ai fini di una delibazione sommaria, elementi comprovanti l’esistenza della privativa, il che si traduce, rispetto alle privative non titolate, nella prova, sempre nei termini del giudizio cautelare, della esistenza delle informazioni segrete in capo al legittimo detentore e dell’esistenza dei presupposti di tutela di cui all’art. 98 c.p.i.
È soggetto ad azione revocatoria ex art. 2901 c.c. l’atto di conferimento, in società di persone, dell’intero pacchetto azionario detenuto dal debitore in una società di capitali, compiuto successivamente al sorgere del credito e idoneo a pregiudicare le ragioni del creditore, anche quando sia a titolo oneroso, ove il terzo (nella specie, la società conferitaria) fosse consapevole del pregiudizio. L’aumento di capitale a titolo gratuito intervenuto successivamente, con emissione di nuove azioni, non altera l’oggetto della revocatoria, poiché tali azioni rappresentano una ricollocazione di valori già presenti nella società conferita e restano ricomprese nel compendio oggetto dell’inefficacia.