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Legittimazione all’azione e presupposti dell’azione di responsabilità verso gli amministratori e amministrazione di fatto
La circostanza che, in base al terzo comma dell’art. 2746 c.c., a ciascun socio, indipendentemente dalla misura della propria partecipazione al...

La circostanza che, in base al terzo comma dell'art. 2746 c.c., a ciascun socio, indipendentemente dalla misura della propria partecipazione al capitale sociale e senza una previa deliberazione assembleare, sia attribuita la titolarità dell’esercizio dell’azione sociale, non significa che la società, titolare del diritto al risarcimento del danno tanto da potervi anche rinunciare, non sia legittimata all’esercizio dell’azione in questione, ma sta solo a significare che il socio di S.r.l. è legittimato all’esercizio dell’azione sociale nell’interesse della società stessa, benché, con ogni evidenza, non sia titolare del diritto al risarcimento del danno sofferto dalla società, potendo invero costui far valere iure proprio il diritto al risarcimento dei danni personalmente subiti solo nell’ipotesi di azione extracontrattuale, di cui al successivo sesto comma del citato art. 2476 c.c. Dunque il socio può agire come sostituto processuale, in nome proprio ma nell’interesse della società, la quale è - e rimane - titolare del diritto al risarcimento del danno sofferto a causa della condotta di mala gestio del proprio amministratore e, pertanto, la stessa è pienamente legittimata ad agire per il relativo risarcimento. 

Ai fini della risarcibilità del preteso danno, il soggetto agente, oltre ad allegare l’inadempimento dell’amministratore, deve anche allegare e provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale di cui si chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico: in ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente inadempiente; in difetto di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto (cfr. Cass. 5960/2005).  In altri termini, è ormai accolto pacificamente in giurisprudenza (cfr. Cass. SU 26972/2008), il principio del superamento della ricostruzione della fattispecie risarcitoria in termini di danno-evento, essendo viceversa privilegiata l’opzione ermeneutica fondata sul concetto di danno-conseguenza. 

Incombe, invece, sugli amministratori l’onere di dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti (cfr. Cass. 22911/2010). 

Amministratore di fatto è chi, pur in assenza di una qualsivoglia formale investitura da parte della società, si sia sistematicamente e non occasionalmente ingerito nella gestione sociale (cfr. Cass. 28819/2008; Cass. 6719/2008; Cass. 9795/1999) e che, in conseguenza di un siffatto esercizio sistematico e completo dell’attività gestoria, sarebbe ipotizzabile una sua responsabilità risarcitoria in via diretta ed illimitata, in concorso con gli amministratori (di diritto), per l’intera gestione sociale in ipotesi causativa di danni alla società 

La presenza di un amministratore di fatto non costituisce - in caso di inadempimento nell'attività gestoria - per l’amministratore causa di esonero da responsabilità; anzi quest’ultima verrebbe addirittura a risultare aggravata, in quanto si dimostrerebbe in concreto che l’amministratore di diritto, venendo meno ai propri doveri istituzionali, non ha impedito che altri, privi della formale investitura, si attribuissero in fatto il potere di gestione della società. Inoltre, qualora fosse accertata la responsabilità di un amministratore di fatto, è evidente che si verterebbe in tema di responsabilità solidale (art. 2055 c.c.), potendo così il preteso danneggiato agire per l’intero indifferentemente nei confronti dell’uno o dell’altro responsabile, mentre qualsiasi ipotesi di ripartizione interna fra i responsabili solidali potrebbe assumere rilievo solo in caso di rituale domanda dell’interessato, previa altrettanto rituale chiamata in causa dell’altro preteso responsabile solidale, qualora non fosse già parte del giudizio. 

In mancanza di prova del danno da ritardo, non sono dovuti gli interessi compensativi. Tradizionalmente, a proposito di detta ulteriore somma di denaro, dovuta in conseguenza del mancato godimento della somma originaria, liquidata per il danno emergente, la giurisprudenza parla appunto di interessi compensativi (cfr. Cass. 11718/2002; Cass. 2654/2005), che vengono così a rappresentare una modalità liquidatoria, in via equitativa, del danno da ritardo nei debiti di valore (Cass. 4242/2003), in mancanza di prova specifica del danno da ritardo. Se dunque è accolta questa sostanziale equipollenza in ambito di liquidazione equitativa fra lucro cessante ed interessi compensativi e se è vera la superiore premessa sul danno-conseguenza, è allora evidente che non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento di tali interessi in funzione risarcitoria, con conseguente onere allegatorio e probatorio, anche attraverso presunzioni, a carico del danneggiato per il loro riconoscimento (cfr. Cass. 12452/2003; Cass. 20591/2004; Cass. 22347/2007). Dunque il riconoscimento degli interessi compensativi è possibile solo nel caso di allegazione e prova, da parte del creditore, su di un eventuale danno da ritardo, ulteriore e maggiore rispetto a quello risarcito con la rivalutazione monetaria (cfr. Cass. 12452/2003; Cass. 2654/2005 in motivazione). In conclusione, solo qualora l’equivalente monetario attuale del danno dovesse risultare in concreto, in base alle allegazioni e prove del danneggiato, non sufficiente a tenere indenne costui da tutte le conseguenze pregiudizievoli del fatto dannoso, a causa del ritardo con il quale la somma gli è stata erogata, il giudice può liquidare tale danno anche sotto forma di interessi, a condizione che tale danno sia ritenuto esistente prima del riconoscimento di detti interessi, che -come detto- costituiscono una mera modalità di liquidazione del danno. 

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Irregolarità contabili e bilancistiche e necessità di prova del danno
In relazione all’ambito della responsabilità ex art. 2476 c.c., le mere irregolarità formali, tanto nella redazione del bilancio quanto nella...

In relazione all'ambito della responsabilità ex art. 2476 c.c., le mere irregolarità formali, tanto nella redazione del bilancio quanto nella tenuta della documentazione contabile, non sono di per sé causa di danno e conseguentemente fonte di obbligo risarcitorio a carico dell’amministratore, dovendosi sempre verificare, ai fini risarcitori, l’esistenza di concreti danni patrimoniali sofferti dalla società in conseguenza della condotta dell’organo amministrativo; è peraltro indubbio che artifici contabili possano essere segnali rivelatori di condotte censurabili e finalizzati ad occultare distrazioni o a giustificare in via meramente contabile esborsi o utilizzi di finanze societarie, effettuati al di fuori del perseguimento di interessi sociali. Pertanto, eventuali omissioni nella redazione e deposito del bilancio di esercizio, quand’anche esistenti, non costituiscono fatti di per sé dannosi: sicuramente, se esistenti, sono sintomatici di un comportamento non conforme ai doveri di diligente gestione della società, ma detto inadempimento non è automaticamente fonte di danno patrimoniale per la società stessa. Inoltre, l’inadempimento, da parte degli amministratori di società di capitali, degli obblighi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo non può essere desunto da una scelta di gestione - queste scelte infatti, in quanto conseguenti a decisioni di natura imprenditoriale e quindi ontologicamente connotate da rischio, non sono sindacabili in termini di fonte di responsabilità contrattuale - bensì dal modo in cui la stessa è stata compiuta: in altre parole in questi casi è solo l’omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche ovvero dell’assunzione delle necessarie informazioni preliminari al compimento dell’atto gestorio, normalmente richieste per una scelta del tipo di quella adottata, che può configurare violazione dell’obbligazione di fonte legale in discorso, così come è fonte di responsabilità la colpevole mancata adozione di quei provvedimenti, che per legge o per atti interni avrebbero dovuto essere prontamente assunti a tutela della società (cfr. Cass. 3409/2013; Cass. 1783/2015).

La distrazione dei beni sociali consiste in una condotta - di tipo commissivo - volta ad utilizzare beni del patrimonio sociale per finalità diverse da quelle inerenti alla realizzazione dell’oggetto sociale o comunque al fine di avvantaggiare soggetti diversi dalla società e la prova del corretto impiego delle risorse finanziarie della società grava sull’amministratore, tenuto appunto a giustificare l’uso delle stesse per finalità sociali. A tal riguardo, ove sia processualmente emersa un’uscita di cassa, è onere dell’amministratore dimostrare, sulla base di elementi oggettivi, che quella determinata somma ha avuto in concreto l’impiego formalmente risultante dalla annotazione contabile, annotazione di per sé non sufficiente a favore dell’amministratore, e che pertanto quella somma è stata impiegata per soddisfare un interesse della società. La mera annotazione contabile, infatti, non vale a giustificare o a discriminare l’operato dell’amministratore, anche in considerazione del fatto che si tratta di annotazioni che provengono dal medesimo amministratore e che le stesse possono processualmente rilevare solo qualora fossero contra se ossia contro chi ha redatto le scritture contabili.

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Legittimazione attiva all’azione di responsabilità, litisconsorzio con la società e nomina di un curatore speciale
Nella s.r.l. l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori (volta ad ottenere il risarcimento del danno patito dal patrimonio...

Nella s.r.l. l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori (volta ad ottenere il risarcimento del danno patito dal patrimonio sociale a causa dell’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo) può essere esercitata sia dalla società (titolare del diritto al risarcimento del danno) sia dal socio (ciò indipendentemente dalla consistenza della partecipazione sociale). Tuttavia, il socio – non essendo titolare del diritto al risarcimento del danno - fa valere in nome proprio il diritto spettante alla persona giuridica. Ne consegue, dunque, che la società – quale soggetto titolare del diritto in favore del quale è stata esercitata l’azione - deve necessariamente partecipare (ex art. 102 c.p.c.) sia al processo relativo all’azione sociale, sia ad eventuali procedimenti cautelari. Qualora, poi, al momento dell’esercizio dell’azione sociale, il soggetto asseritamente responsabile dei danni al patrimonio sociale sia ancora titolare dei poteri di rappresentanza sostanziale della società, si rende necessaria la nomina di un curatore speciale (ai sensi dell’art. 78, co. 2, c.p.c.), atteso l’evidente ed attuale conflitto di interessi fra rappresentante (l’amministratore che sia anche dotato del potere di rappresentanza della società) e rappresentato (la società).

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Azione individuale di responsabilità di soci di s.r.l. e necessaria sussistenza del danno diretto al patrimonio di questi ultimi
Il singolo socio può promuovere non solo l’azione volta ad ottenere il risarcimento del danno arrecato al patrimonio della società...

Il singolo socio può promuovere non solo l’azione volta ad ottenere il risarcimento del danno arrecato al patrimonio della società (agendo in vece di quest’ultima) ma anche l’azione volta ad ottenere il risarcimento del danno patito direttamente dal suo patrimonio (nelle s.r.l. ex art. 2476 sesto comma c.c., cui si applica il disposto di cui all’art. 2395 c.c., in quanto compatibile, previsto per la disciplina in tema di s.p.a.). Tale azione è volta a tutelare gli interessi individuali dei titolari di diritti non protetti dagli artt. 2393 e 2394 c.c. Infatti, il novero dei soggetti tutelati dalla disciplina sulla responsabilità degli amministratori non si esaurisce nella società e nei creditori, dal momento che l'offensività delle condotte può colpire direttamente i soci ed anche soggetti estranei alla compagine societaria: presupposto necessario per tale azione è il riscontro dell’incidenza diretta del danno - di cui all'avverbio "direttamente" ex art. 2395 c.c. - sul patrimonio del socio o del terzo medesimi.

I soci di una società di capitali non hanno titolo al risarcimento dei danni che costituiscano mero riflesso del pregiudizio arrecato da terzi alla società, in quanto siano una mera porzione di quello stesso danno subito dalla (e risarcibile in favore della) stessa, con conseguente reintegrazione indiretta a favore del socio.

L’azione promossa ai sensi dell’art. 2395 c.c., che si basi sulla contestazione all’amministratore unico di aver sostenuto spese non adeguate alla struttura sociale, costringendo quindi i soci a rinunciare al rimborso di finanziamenti erogati in favore della società al fine di coprire le perdite accumulate, fuoriesce dal perimetro della norma in oggetto: il danno subito dai soci, infatti, non può dirsi “diretto” ma risulta, al contrario, il riflesso della perdita patrimoniale subita dalla società per effetto della condotta posta in essere dall’amministratore medesimo.

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Azione individuale del socio: profili sostanziali e processuali
Nel caso di esercizio dell’azione sociale di responsabilità da parte del socio in nome proprio, ma nell’interesse della società, la...

Nel caso di esercizio dell’azione sociale di responsabilità da parte del socio in nome proprio, ma nell’interesse della società, la società è litisconsorte necessario e quindi deve essere necessariamente citata in giudizio, se del caso in nome di un curatore speciale qualora l’azione sia proposta dal socio contro l’amministratore in carica. (altro…)

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Irregolarità nella redazione del bilancio e (ir)responsabilità risarcitoria dell’amministratore
La mera irregolarità formale nella redazione del bilancio non è fonte di responsabilità risarcitoria dell’amministratore, in quanto tale condotta non...

La mera irregolarità formale nella redazione del bilancio non è fonte di responsabilità risarcitoria dell'amministratore, in quanto tale condotta non causa un danno patrimoniale alla società, avendo invero il bilancio solo la funzione di fornire, in chiave conoscitiva per i soci, i terzi ed in generale il mercato, la ‘fotografia’ del quadro patrimoniale, finanziario ed economico della società in un dato momento.

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In tema di legittimazione attiva rispetto all’azione di responsabilità, conflitto di interessi e insindacabilità delle scelte di gestione
La fattispecie di conflitto di interessi, che è causa di annullamento del contratto concluso dal rappresentante legale della società, ricorre nell’ipotesi...

La fattispecie di conflitto di interessi, che è causa di annullamento del contratto concluso dal rappresentante legale della società, ricorre nell'ipotesi in cui tale soggetto persegua interessi alieni (personali o di terzi) inconciliabili con quelli dell'ente rappresentato, in guisa che all'utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante (per sé medesimo o per il terzo), (altro…)

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Responsabilità dell’amministratore di diritto per le condotte tenute dall’amministratore di fatto
L’amministratore di diritto è responsabile dei danni che terzi, ingeritisi nella gestione della società come pretesi amministratori di fatto, senza...

L'amministratore di diritto è responsabile dei danni che terzi, ingeritisi nella gestione della società come pretesi amministratori di fatto, senza alcun controllo o ostacolo da parte dell'amministratore di diritto, abbiano causato alla società stessa. L'aver - consapevolmente e coscientemente - omesso i necessari controlli a tutela degli interessi della società, ovvero il non aver evitato il verificarsi di danni che si aveva l'obbligo, per quanto imposto dalla legge o dall'atto costitutivo, di evitare, equivale a commetterli; ciò senz'altro si verifica nel caso di omissione di interventi impeditivi nei confronti di chi si sapeva si stesse ingerendo nella gestione sociale come preteso amministratore di fatto.

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Prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità contro gli amministratori, efficacia probatoria della sentenza penale di patteggiamento ed entità del danno risarcibile
L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c.c., pur quando promossa dal...

L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c.c., pur quando promossa dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento della oggettiva percepibilità, da parte dei creditori sociali, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti della società (e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione da parte dei creditori). Sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza del dies a quo di decorrenza della prescrizione con la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della preesistenza al fallimento dello stato di incapienza patrimoniale attraverso la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza.
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Estendibilità alle s.p.a. dell’art. 2476 c.c. dettato in tema di s.r.l.
L’art. 2467 c.c. esprime un principio generale – la postergazione dei finanziamenti dei soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori...

L’art. 2467 c.c. esprime un principio generale – la postergazione dei finanziamenti dei soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori – che, seppur esplicitato solo per le s.r.l., è applicabile anche alle s.p.a.. Per fare ciò, tuttavia, non basta dimostrare che il numero dei soci della s.p.a., alla quale si vorrebbe estendere il suddetto principio, è esiguo: al contrario, occorre verificare se la s.p.a. a base ristretta “replichi” in qualche modo la conformazione tipica della s.r.l. (per esempio, prevedendo la possibilità per il socio di apprezzare compiutamente la situazione di adeguata o meno capitalizzazione della società).

 

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Accertamento della responsabilità dei sindaci in concorso con gli amministratori
Ai fini dell’accertamento della responsabilità dei sindaci, in concorso con gli amministratori nella causazione del dissesto della società, è sufficiente...

Ai fini dell’accertamento della responsabilità dei sindaci, in concorso con gli amministratori nella causazione del dissesto della società, è sufficiente l’esistenza di una macroscopica violazione della legge da parte degli amministratori che si sia protratta nel tempo, non occorrendo, al contrario, l’individuazione di specifici comportamenti dei sindaci contrari ai loro doveri. In tale prospettiva, infatti, è sufficiente che questi ultimi non abbiano rilevato la lampante violazione della legge ovvero che ad essa non abbiano mai reagito [nel caso di specie, i sindaci non avevano rilevato la macroscopica violazione delle norme tributarie da parte dell’organo di amministrazione, né il sistema fraudolento finalizzato all’evasione fiscale per realizzare il quale la stessa società era stata creata].

 

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Azione di responsabilità promossa dal socio o dal terzo direttamente danneggiato dalla condotta colposa o dolosa degli amministratori: profilo soggettivo e requisito di danno diretto.
Il dolo richiesto dall’art. 2395 c.c. consiste nella volontà di compiere l’atto illecito senza che sia ulteriormente necessario, ad integrare...

Il dolo richiesto dall'art. 2395 c.c. consiste nella volontà di compiere l'atto illecito senza che sia ulteriormente necessario, ad integrare la fattispecie di responsabilità, che il profilo soggettivo sia concretamente diretto contro un determinato soggetto. (altro…)

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